Il grande museo che fa chiudere gli altri musei

di Redazione Commenta

 

I governi non sono tutti uguali. Già perché fuori dalle nostre parti le decisioni in merito alla cultura vengono affrontate con maggior coscienza, ma spieghiamoci meglio. Prendiamo ad esempio la nascita di un nuovo polo museale dedicato all’arte contemporanea, dalle nostre parti e negli ultimi tempi questa è una pratica assai diffusa.

Costruire un nuovo museo significa innanzitutto sottrarre soldi ai contribuenti, pagare profumatamente l’archistar più in voga del momento, mettere in moto la macchina dei favori-controfavori del settore edilizio, spendere un capitale nei materiali ed accorgersi di aver sforato il bilancio indi per cui: stanziamento di altri bei verdoni ai danni del povero cittadino. Tutto si fa in nome della cultura, ma di cultura in questa macchinazioni se ne intravede giusto l’ombra. Alla fine, dopo un interminabile cantiere simile alla fabbrica di San Pietro, il museo d’arte contemporanea della tua città è pronto. Non resta che piazzarvi una direzione politicizzata formata dagli amichetti di turno (che salteranno al prossimo cambio di governo), i quali si troveranno puntualmente senza il becco di un quattrino per organizzare eventi di livello e potranno solamente pagarsi i loro profumati stipendi.

Ecco quindi che il fantastico museo diviene il classico contenitore senza contenuto, la cattedrale nel deserto che di tanto in tanto si può affittare a determinate cifre. In questi ultimi giorni abbiamo invece assistito al secco rifiuto dei membri del consiglio cittadino di Helsinki alla costruzione di un nuovo branch del Guggenheim Museum nella città finlandesi. Per avere un nuovo Guggenheim i cittadini avrebbero dovuto sborsare circa 140 milioni di euro (più o meno come un museo di nostra conoscenza) e per mandarlo avanti la soluzione sarebbe stata quella di chiudere le altre realtà museali locali. Strozzare un sistema per creare un enorme tomba dell’arte contemporanea, ad Helsinki hanno detto di no. Dalle nostre parti avremmo avallato il progetto con grandi sorrisi e strette di mano. Anzi, l’abbiamo già fatto.

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