La Berlin Biennale di quest’anno non ha lasciato il segno. Il tema, incentrato su questioni politiche, non è stato sviscerato al meglio e gli artisti si sono accostati a fatica al progetto curatoriale. Purtroppo la mania di fagocitare le opere con linee curatoriali troppo complesse imperversa in tutto il mondo e, visto che le opere sono divenute solamente degli elementi arredativi a compendio del progetto, tra non molto si assisterà a mostre di soli testi curatoriali.
Ovviamente ciò rappresenterebbe il definitivo tramonto dell’arte contemporanea, il colpo che precede il tracollo, visto che da più parti si è già da tempo ipotizzata una crisi della bellezza all’interno del mondo creativo di oggigiorno. Il curatore è divenuto una primadonna che deve per forza di cose stupire il pubblico con trovate ad effetto che di fatto non tengono in considerazione le opere e non hanno alcun rispetto per gli artisti in mostra. Vittorione Nazionale© all’alba della Biennale di Venezia 2011 aveva definito il sistema dell’arte italiano come un grande ospedale, forse aveva ragione ma lui stesso ha poi peccato di protagonismo, schiacciando definitivamente gli artisti con l’’assoluta mancanza di una linea curatoriale. Già perché non avere una linea equivale ad averne una troppo complicata, ambedue si annullano a vicenda. L’ultimo esempio della follia dilagante ci è stato offerto dalla curatrice Carolyn Christov-Bakargiev, la quale ha messo in mostra le sue straripanti grazie su un CD press distribuito durante la fiera ITB di Berlino nel marzo scorso.
Nel frangente la curatrice della prossima edizione di Documenta, aveva sciorinato ben 19 ritratti di sé stessa, relegando gli artisti partecipanti ad un angolino formato da circa 12 scatti. I ritratti di Carolyn Christov-Bakargiev rappresentano il chiaro esempio di una classe curatoriale che forse dovrebbe presentare ricette culinarie in tv piuttosto che occuparsi di cultura. Anche Documenta 13 sarà incentrata su temi non artistici, vale a dire su una critica al capitalismo vista tramite le opere di 150 artisti. Strano, criticare il capitalismo mediante l’artesistema