S’inaugura domenica 2 agosto 2009 la mostra personale di Alighiero Boetti. Organizzata dall’Ex Chiesa Anglicana di Alassio per conto dell’Assessorato alla Cultura della Città di Alassio, la mostra espone più di trenta opere, datate dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta, e il film Niente da vedere, niente da nascondere, regia di Emidio Greco, che rappresenta un catalogo visivo delle opere del primo Boetti, spiegate dalla voce stessa dell’artista.
A completare il ritratto di un artista tra i più importanti dell’arte concettuale del secondo Novecento, le fotografie ed i ritratti a lui dedicati da parte di Paolo Mussat Sartor, un testimone dell’arte italiana che a partire dagli anni Sessanta ha frequentato, fotografato ed esposto con gli artisti dell’Arte Povera. “Nella sua carriera d’artista – spiega Monica Zioni, Assessore alla Cultura e al Turismo di Alassio – Alighiero Boetti è stato invitato per ben sei volte alla Biennale di Venezia. Già questo potrebbe rendere l’idea della grandezza dell’artista torinese che nella propria carriera, vicina e lontana alle fortune dell’Arte Povera, ha esposto nelle mostre più prestigiose del proprio tempo. Alassio ha voluto dedicargli una mostra personale volta a raccontare alcuni aspetti del lavoro di un artista brillante, ammirato dai colleghi e punto di riferimento delle generazioni di artisti più giovani”.
“Boetti – spiega Nicola Davide Angerame, curatore della mostra- ha lasciato presto il solco dell’Arte Povera torinese a cui apparteneva negli ultimi anni Sessanta, scegliendo Roma come base di partenza verso l’amato Afghanistan. Una scelta dovuta all’attrazione esercitata da una cultura antica, primitiva e raffinata, capace di vedere nell’immagine, qualsiasi immagine, un prodigio. Anche Boetti aveva questa sensibilità. Allontanatosi dalla tridimensionalità dei poveristi, la sua via si raffina negli anni Settanta andando verso un concettualismo popolare la cui cifra stilistica è racchiusa nei celebri arazzini: frasi ricamate da donne afgane le cui lettere sono disposte dentro quadrati. In queste frasi, come la mostra vuole sottolineare, c’è buona parte del Boetti concettuale e popolare. Si tratta infatti di detti, più spesso di giochi di parole o accostamenti che sono cari all’artista e che raccolgono un significato quasi sapienziale. Sono parole non da leggere ma da “contemplare” per riconoscere quanto per Boetti diventa essenziale lungo tutto il corso della propria opera e di tutte la sue opere”.
Photo Copyright: Alighiero Boetti