A volte la critica si sbaglia e quando lo fa, prende delle cantonate assurde. Anzi, la frase più corretta sarebbe questa: la critica si sbaglia. Si sbaglia nel suo buonismo ma anche nel suo voler per forza stroncare opere ed artisti che in seguito riescono a sovvertire il risultato, portando a casa la vittoria finale. Ecco quindi che Vincent Van Gogh è un volgare imbrattatele, Marcel Duchamp un ridanciano buffone, Maurizio Cattelan un burlone e Damien Hirst un venditore di squali in salamoia. Alla fine dei giochi però, questi nomi sono entrati di diritto in tutti i libri di storia dell’arte. Anzi, parlando di Hirst, proprio in questi ultimi giorni il pubblico, accorso a frotte alla Tate Modern di Londra, lo ha definitivamente consacrato (se ancora ne sentivamo il bisogno) come uno degli artisti più amati del mondo. Pubblico e critica non sempre vanno d’accordo, è vero, ma a volte ci sembra che la critica si voglia rendere forzatamente impopolare. La critica non ha certo l’obbligo di essere obiettiva ma non ha nemmeno quello di essere onnisciente/onnipotente. A volte bisognerebbe imparare a “sentire” l’arte e non solo buttar giù veleno per farsi pubblicità, anche perché tutti ricordano una stroncatura ma nessuno si cura delle centinaia di lodi e questo i nostri amici critici lo sanno bene. Ovviamente i nostri artisti ed i nostri galleristi possono dormire sonni tranquilli, la moda della stroncatura dalle nostre parti non esiste. La critica negativa è roba da Jerry Saltz, Roberta Smith, Jonathan Jones e compagnia cantante. In Italia nessuno si sognerebbe mai di andar contro il proprio circoletto di amicizie.
Chi critica la critica?
di 5 Ottobre 2012Commenta