La Biennale di Venezia è ormai alle porte ed il nostro Padiglione Italia guidato da Bartolomeo Pietromarchi si prepara a scoprire le sue carte in tavola. Intanto noi pubblichiamo in più post i progetti presentati dai magnifici 7 curatori al ministro per i Beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi che ha poi scelto quello di Pietromarchi. Vediamo questi 7 progetti iniziando dal curatore selezionato:
Boetti e Ghirri: una identità fatta di assenze
Si potrebbe partire da Specchio cieco, proprio la foto che ritrae Alighiero Boetti allo specchio (qui sopra) con gli occhi chiusi, e giungere sino all’ultima opera-libro di Giulio Paolini dal titolo L’autore che credeva di esistere, passando per la rinuncia di Maurizio Cattelan a produrre opere o per la recente mostra di giovani artisti al Castello di Rivoli sulla storia non vissuta. L’artista italiano sembra affermare la sua presenza attraverso il sottrarsi, la negazione, dichiara l’inattualità dell’arte e dell’artista al cospetto del reale, il suo rifiuto di star dietro ai fatti, al vortice degli accadimenti. L’arte italiana, da sempre speculare, riflessiva, multipla, prende le distanze dalle ambizioni descrittive o dallo spirito sistematico che dominano altri contesti, per trovare un proprio spazio tra il momento di sospensione di cui parlava Luigi Ghirri a proposito delle sue fotografie caratterizzate dall’assenza, dalla «pausa», e il riflesso distorto, incerto e casuale delle superfici specchianti di Michelangelo Pistoletto, affidate allo sguardo dello spettatore, al suo riflesso, alla moltiplicazione delle identità. Una pausa di riflessione, dunque, dove questa assenza/presenza degli artisti italiani recupera centralità e attualità, e che in un momento di crisi sociale ed economica torna a proporre una indagine sull’identità dell’essere contemporaneo, sulle sue priorità e valori. Un io che si «sospende» a favore di una identità che si definisce nella moltiplicazione, nella condivisione e nella relazione, che sta in ascolto, attenta a ciò che la circonda e suggerisce un’attitudine aperta che sposta l’attenzione dall’opera in sé in quanto oggetto all’artista come intenzione, come volontà, in bilico tra fare e non fare, tra esistere e scomparire. Superate le contrapposizioni generazionali, finita la Storia come sequenza ordinata e ineluttabile, esaurita la lettura dell’arte come succedersi di movimenti, oggi è possibile recuperare altre letture, altri percorsi che corrono indistintamente tra diverse generazioni di artisti, per individuare quella consapevolezza morale e quella capacità immaginativa che caratterizzano in profondità l’identità culturale italiana, liberandosi dalle contingenze, dalle costrizioni ideologiche, dalle derive del mercato, dalle scelte di campo, dai campanilismi e dai provincialismi.
Bartolomeo Pietromarchi