La galleria Alberto Peola di Torino inaugura il 7 novembre la mostra di Botto e Bruno, con una proposta di lavori in cui sono volutamente rese evidenti le fasi del loro processo creativo.
Nelle prime sale vengono presentati due collage fotografici e tre disegni-collage che svelano il modo manuale di operare dei due artisti, e costituiscono la matrice dei lavori fotografici stampati su pvc. Un’installazione con videoproiezione completa l’ampia gamma dei diversi mezzi attraverso cui Botto e Bruno esprimono la loro visione dei luoghi periferici – territori di confine, spazi dinamici – e delle persone che li sperimentano. Tema della mostra è l’adolescenza ai margini della città. Come in tutti i lavori, il paesaggio suburbano è da loro fotografato e riconfigurato in un assemblaggio di luoghi diversi. I collage fotografici sono come puzzle che tengono insieme frammenti distinti di periferie e fanno recepire i singoli pezzi di cui sono composti. Botto e Bruno hanno poi disegnato a matita lo stesso paesaggio ricostruito, e vi hanno sovrapposto figure di personaggi tratti da frame di Elephant e Paranoid Park di Gus van Sant e di Tokyo sonata di Kiyoshi Kurosawa, film che propongono adolescenti inquieti.
Nei disegni essi indossano felpe con cappuccio ma sono visibili in volto. Al contrario, nei lavori fotografici stampati su pvc una ragazza con cappello nero nasconde il suo viso mentre ascolta la musica attraverso le cuffie e un ragazzo estrae dalla tasca un foglio di carta con la scritta Dirty (titolo di un album dei Sonic Youth). I personaggi, in primo piano ma decentrati nel paesaggio, sono collocati in una situazione intermedia tra realtà e immaginario cinematografico e musicale, in un giorno e in un posto qualsiasi ai margini della città.
Nell’installazione Botto e Bruno mettono in atto la pratica di apertura e ribaltamento degli spazi architettonici che caratterizza la loro produzione: una parete della galleria viene infatti “aperta” sull’esterno, come a darci la possibilità di vedere parti di città che stanno fuori. Nel video la presa diretta della realtà diventa preponderante. Zoom e camera fissa su una strada vuota: una bicicletta abbandonata, un sacchetto svolazza, alcuni ragazzini attraversano il campo visivo correndo in bicicletta, una ragazza li segue camminando lentamente. I versi di un testo di Cat Power, cantati dagli artisti stessi accompagnati dalla chitarra di Bartolomeo Migliore, possono arricchire di significato quel frammento di realtà quotidiana. It must be the music and the kids that keep me alive… When we were teenagers we wanted to be the sky. It’s so hard to go in the city.