Della morte del compianto Dash Snow ne abbiamo parlato ampiamente negli scorsi mesi estivi fiino a informarvi sulla sua mostra-camera ardente alla Deitch Projects di New York. Oggi però vogliamo tornar a parlare di questo giovane artista in concomitanza con l’uscita di un libro postumo comprendente una larga parte della sua celebre collezione di Polaroid. Il libro in questione si intitola semplicemente Dash Snow: Polaroids ed ad un’attenta scorsa ci ha suggerito alcune riflessioni.
E’ difficile approciarsi obiettivamente al libro, carico com’è di emozioni e ricordi di una vita troppo breve. Ma chi era veramente Dash Snow? Forse un artista outsider e fuorilegge, il Baudelaire di Downtown (come lo ha definito un critico americano) o forse un ragazzo complicato ma non talentuoso, proveniente da una famiglia ricca. Certo è che Snow è cresciuto tra opere di Rauschemberg e Twombly, sua nonna, Cristophe de Menil è una nobildonna parigina che ha ammassato una delle più grandi collezioni d’arte moderna di tutti gli Stati Uniti. Il giovane artista si è però distaccato dalla sua famiglia, conducendo una vita da vagabondo fino alla sua morte. Questi interrogativi si riflettono anche sul libro in questione ed ancora torniamo a chiederci: Cosa sono queste foto? forse sono opere d’arte che ritraggono alla maniera di Nan Goldin una vita newyorchese fatta di strada, piccoli crimini, sesso, prostituzione e droga, il tutto in una maniera immediata e netta senza troppi barocchismi.
Forse sono semplici Polaroid, come molti di voi hanno ancora in casa, scatti banali di un bambino ricco che si diverte a giocare con la sua nuova macchina fotografica. Vita o arte? Difficile a dirsi e vorremmo lasciare ad i lettori l’ultima parola. Certo è che le foto di Dash Snow rappresentano un grande documento ma la nostra è la generazione delle immagini e di documenti da lasciare alla storia ne abbiamo molti, forse anche troppi. Cruda, diretta ed infantile l’arte di Snow ha lasciato un suo segno…oppure no?