Il museo MARCA di Catanzaro apre le porte al design e all’architettura organizzando un’ampia retrospettiva dedicata ad Alessandro Mendini, architetto e designer tra i più celebri a livello internazionale. Alchimie. Dal Controdesign alle Nuove Utopie è il titolo della rassegna curata da Alberto Fiz che s’inaugura il 10 aprile con una performance musicale che ha come punto di riferimento un importante lavoro degli anni Settanta.
Sono oltre 70 le opere esposte sino al 25 luglio in un percorso che comprende dipinti, sculture, mobili, oggetti, schizzi e progetti con alcune testimonianze inedite o mai viste prima d’ora in Italia. Ne emerge un’indagine esaustiva dell’attività svolta negli ultimi quarant’anni dove, accanto alle opere più famose di Mendini, si evidenzia la componente maggiormente sperimentale e meno conosciuta del suo lavoro. Il progetto, poi, ha tra le sue peculiarità quella di sottolineare le collaborazioni tra Mendini e gli altri protagonisti del mondo dell’arte, in particolare Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Bruno Munari, Luigi Veronesi, Bob Wilson e Peter Halley.
Per questa ampia mostra, realizzata con la collaborazione e l’allestimento di Alessandro Mendini e del suo Atelier, sono state coinvolte, in qualità di prestatori, collezioni pubbliche e private italiane e straniere tra cui la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi, il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, il Museo del Design della Triennale di Milano e gli Archivi dell’Università di Parma.
E’ bene, inoltre, ricordare che Mendini ha con il MARCA un rapporto di proficua collaborazione iniziato nel 2009 con la creazione di nuovi ambienti all’interno della struttura museale come lo spazio d’ingresso, il bookshop e la sala lettura.
Divisa in quattro sezioni, la rassegna propone le tappe saliente di un’indagine iniziata nella prima metà degli anni settanta quando Mendini è stato tra gli artefici di una contestazione radicale nei confronti del funzionalismo che lo ha condotto nel 1973 a fondare Global Tools, scuola di architettura e design controcorrente avvicinabile all’esperienza dell’arte povera. E’ la fase del Controdesign che ha ampio spazio in mostra con la presentazione della Poltrona di paglia del 1975 a cui si aggiunge la performace Lassù con il falò della sedia in legno, un manifesto contro la tradizione. In mostra viene esposta anche Terra, sedia del 1972 proveniente dal Vitra Design Museum, oltre all’Armatura per violino, una vera e propria corazza per uno strumento musicale innocuo. Non manca nemmeno Scivolavo, sedia inclinata verso terra o il Monumentino da casa dove la sedia domestica diventa un trono nell’esaltazione ironica dell’oggetto banale. Rientra in questa indagine anche Abito per Arpa dove l’arpa e l’arpista sono avvolti da un unico abito a maglia tanto da creare una vera e propria living sculpture, oggetto di una performance musicale il giorno dell’inaugurazione. In seguito al Controdesign, la mostra si concentra sulla determinante fase del Re-design che nasce dalla rielaborazione semiologica di oggetti già noti di cui viene stravolto il significato e la finalità.
Nel 1979 Mendini entra nello studio Alchimia per sviluppare una delle esperienze più significative e intense della sua carriera. Di questa fase sono esposte alcune opere emblematiche come la poltrona Proust ispirata all’autore di Alla ricerca del tempo perduto dove la ridefinizione dell’elemento di arredo passa attraversa la letteratura assumendo un aspetto mentale in un ricordo che si materializza intorno all’idea della decorazione puntinista di Georges Seurat e Paul Signac.
La mostra, poi, presenta un progetto di particolare significato come il Mobile Infinito del 1981 caratterizzato da un mobile continuo nel senso che procede indefinitamente sia nella tipologia sia nel numero di autori coinvolti. A questo grande progetto formato da tavolo, comodino, credenza, letto, hanno partecipato 21 artisti in una sorta di io collettivo che si misura con la complessità. In mostra è esposto, tra l’altro, il tavolo realizzato in collaborazione con Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Bruno Munari e Luigi Veronesi.
“L’oggetto deve produrre primariamente un pensiero ancor prima di una funzione in una progressiva ipotesi utopica destinata al raggiungimento di una sintesi possibile”, afferma Mendini che nell’ultima sezione della mostra dedicata alle Nuove Utopie esprime in maniera compiuta l’idea di una trasformazione permanente delle cose allargando l’orizzonte di riferimento creativo. L’utopia è rappresentata simbolicamente da tre grandi realizzazioni in oro come Mobile per uomo: Giacca, Mobile per uomo: Scarpa, entrambi ideati nel 1996 e Vision arcaique, una grande scultura del 2002.