Proponiamo oggi la prima di una serie d’interviste dedicate alla giovane arte italiana, Globartmag scandaglierà per voi il meglio del panorama artistico nazionale per capire i meccanismi che ruotano attorno al processo creativo e le tendenze del futuro. Partiamo quindi con Zaelia Bishop, autore inoltre del template del nostro blog.
G: Il tuo lavoro è legato ad una ricerca simbolica dove ricorrono elementi botanici e figure fiabesche, il tutto sembra riferirsi ad una mitologia del tutto personale, puoi spiegarci i meccanismi mentali che si celano dietro il tuo processo creativo?
Z: Credo sia simile ad una decomposizione di immagini e di ricordi, da cui fioriscono nuovi ricordi, nuove immagini. Trasfigurati dal tempo, hanno smarrito (o sbiadito) il loro significato originale legato all’infanzia e ne hanno assunto uno nuovo, importante per la mia età adulta. Nel corso degli anni ho accumulato una gran quantità di appunti, di fogli sparsi, di disegni. Questa rappresenta una sorta di caverna o bosco selvaggio, da cui riparto ogni volta per assemblare e ricostruire simboli e percorsi di cui ho perso la memoria. E’ un piccolo pantheon, composto dai simboli e dai miracoli dalle finzioni e dalle chimere della fanciullezza.
G: Tra le tue opere vi è anche una serie di scatole lignee che sembrano riallacciarsi all’opera di Joseph Cornell ma in una veste più cupa e mistica. Ci sembra di ravvisare all’interno di tali lavori una sorta di sequenza narrativa, ti servi di particolari spunti letterari, musicali o cinematografici per narrare le tue storie?
Il lavoro di Cornell è imponente nella sua fragilità ed è un Maestro il cui cuore inestricabile non credo riuscirò a penetrare mai. E’ certo anche per questo una fortissima ispirazione. Le mie scatole non possiedono quella tragica leggerezza, hanno invece per me il valore di un Diario, in cui riverso i ricordi spezzati, i brividi d’amore, la febbre alta, il desiderio di fuga, la nausea, le fantasticherie infantili, la crudeltà dell’adolescenza. Non hanno sempre un andamento autobiografico, mi piace immaginare biografie di figure mai esistite, collocarvi al loro interno eventi fantastici, tragici oppure inutili dettagli, decorazioni al margine delle pagine. Ecco, questo è il mondo delle note a margine.
G: Sappiamo che hai esposto ultimamente con la Strichnin gallery , hai notato sostanziali differenze tra la realtà estera e quella nazionale?
Z: La Strychnin Gallery è un ottimo esempio di galleria contemporanea, lavora con artisti che vengono dai quattro angoli del pianeta, ha tre sedi, a Londra, Berlino e New York. Sono tre città-simbolo di una scena artistica libera, coraggiosa e seducente, che ho scoperto grazie all’entusiasmo di Res_Pira, un progetto di curatori indipendenti. Non mi piace l’idea di fare paragoni tra le due realtà, non mi interessa. Sono felice di poter volgere altrove lo sguardo.
G: Le avanguardie si disperdono e vengono presto annientate se non dispongono di una retroguardia pronta ad intervenire nel momento del bisogno, sei d’accordo con questa affermazione?
Z: E’ una grande affermazione, bellissima. Trasmette un’idea di comunione d’intenti. Sentirsi parte di un’avanguardia o retroguardia dona una sensazione di forza, di rivoluzione estetica, di confronto aspro e costruttivo. L’avanguardia porta con sè il seme della sconfitta, non ha interesse nell’affermazione assoluta, non è megalomane, non vuole piacere a chiunque. Mi piace credere che ci sia un’avanguardia artistica, che avanza noncurante tra chi gozzoviglia ai banchetti dei servi e dei potenti. E’ un’ immagine rassicurante.
G: Si parla di crisi del mercato dell’arte, di sopravvalutazione di certi artisti e di declino della pittura italiana, quale è la tua un’opinione riguardo a queste tematiche?
Z: Il mercato dell’arte di cui parli non ha su di me alcun fascino. Va detto che è uno scenario che possiede un certo impatto visivo, non ti fa mancare nulla: giovani artisti di cinquant’ anni, mercanti con la fissa della massoneria, curatori che sembrano, nella migliore delle ipotesi, pi-erre del Billionaire o comunque yuppies succubi dell’igienismo televisivo, critici un po’ trasgressivi e un po’ leccaculo, galleristi parvenu dediti allo strozzinaggio che ti affittano la galleria più tutto il codazzo grottesco di collezionisti con l’affanno del salotto e del soggiorno. E’ la logica “chiavi in mano”. Molto teatrale. In certi casi serve anche a rafforzare alcune teorie lombrosiane. Ma va preso come un brutto scherzo, in cui alla fine a divertirsi è un pugno di mentecatti.
Il mercato che interessa a me è un po’ più simile al lavoro reale, quello cioè lentamente costruito da persone che non finiscono sui rotocalchi perché muovono i miliardi ma perchè investono sui giovani artisti (quelli veri, perché a trent’anni già si è grandicelli) e hanno il coraggio di seguirne il percorso di crescita. E finanziano un progetto anche se i guadagni non sono hollywoodiani. Magari sbagliando, magari no. Non è difficile, basta guardare al di sopra del mercato di cui abbiamo parlato prima, che davvero non arriva molto in alto. Un mercato è – anche – composto da manager, da investitori, a volte da mecenati, è composto da consulenti, tecnici, imprenditori, creativi, ed infine dagli acquirenti. Sono categorie professionali importanti che rischiano di essere rappresentate soltanto dalle caricature di cui sopra, il cui potere aumenta in relazione all’idea molto diffusa che non ci sia alternativa. E invece, guarda un po’, c’è.
G: Ultimamente hai collaborato con Drome magazine in occasione del numero The Love Issue, presentando un lavoro inedito . E’ stato difficile per te lavorare ad una tematica prestabilita o hai accettato l’impegno come una sfida personale?
Z: Collaborare con Drome magazine è sempre una sfida. E’ un magazine con una tensione vertiginosa verso la bellezza. Mi mette addosso un’ansia pre-parto. Ma come spesso accade, sotto pressione si lavora con minor inibizione.Ho passato più di un mese a rimuginare sopra al tema dell’Amore e le opere le ho consegnate sul filo di lana. Un classico.In questo numero sono in compagnia di Alessandra Baldoni e di Mauricio Garrido, due artisti che ammiro davvero molto. Credo si componga un bel trittico di Amore senza melassa.
G: Ed ora le 3 domande finali: Burroughs o Bukowski?
Z: Burroughs! Nova Express ed Il Pasto Nudo, due letture senza ritorno.
G: Lynch o Cronenberg?
Z: Lynch e Cronenberg. E Greenaway.
G: Velvet Underground o Joy Division?
Joy Division e The Swans. Con tutto il rispetto che si deve ai Velvet Underground. Ma sono tre domande fatali!
Photo Copyright: Zaelia Bishop www.zaeliabishop.com