La Galleria Ugo Ferranti di Roma inaugura la nuova stagione espositiva il 21 settembre con la mostra di Beatrice Scaccia (1978, vive e lavora tra Roma e New York) dal titolo He, she, it: masculine, feminine and neuter gender.
Per la sua prima personale nella storica galleria romana Beatrice Scaccia sceglie di raccontare attraverso le immagini la difficoltà dei ruoli sessuali nella nostra contemporaneità. Lo fa in maniera silenziosa, ripetitiva, ironica ma allo stesso tempo critica. Il silenzio è dettato dalla leggerezza del materiale che l’artista sceglie, la carta, e dalle piccole dimensioni che predilige, 15×15 cm.
Le pareti della galleria divengono quinte teatrali per uno svolgimento quasi paratattico di una figura umana che si muove all’interno di uno spazio angusto, quello dei pochi centimetri della carta. La stessa storia, costituita da tanti movimenti bloccati nel tempo e nello spazio, viene ripetuta in tre diverse modalità: dapprima in una serie di 36 bozzetti, poi in altrettanti monotipi e, infine, – sul lato sinistro della galleria – in un insieme più ampio ed elaborato di disegni finiti a cera (ben 58 pezzi). La concatenazione narrativa trova il suo apice e la sua fine sulla parete di fondo della galleria dove tre episodi sono isolati ed ingrandititi (tre disegni cerati di 80×80 cm.) per dimostrarne la loro unicità e la loro funzione iconica.
Il racconto è sempre lo stesso ma nella ripetizione nasce l’unicità del singolo lavoro, in modo particolare nei monotipi (lo dice per definizione la tecnica stessa) e nelle cere. In quest’ultime Scaccia decide di mostrare solamente un lato, quello più morbido perché lavorato a cera d’api ma che trattiene e nasconde sul retro la sua ‘matrice’ dove risiede il disegno meticoloso della medesima figura. È proprio qui – sul verso – che l’artista lascia la traccia della sua autorialità attraverso una firma spersonalizzata perché resa attraverso un timbro.
Lo spettatore è quindi invitato a partecipare della narrazione come ad osservare nel dettaglio ogni passaggio di quest’analisi della figura, di un essere umano che è sorpreso nel proprio intimo a cercare la propria sessualità, fatta unicamente di accessori stereotipati e di un oggetto sessuale, lo strap-on; senza queste esteriorità stenta a riconoscersi e a trovare una sua identità.
Poster/Catalogo in galleria con le immagini delle opere in mostra e testo di presentazione di Manuela Pacella.