EMMEOTTO raddoppia con EMMEOTTO NEXT

di Redazione Commenta

Nella storica cornice che negli anni ’50 ha fatto da scenografia al film Vacanze Romane, giovedì 25 novembre si svolgerà una doppia inaugurazione: l’apertura del nuovo spazio espositivo EMMEOTTO NEXT, nato dalla partnership della galleria Emmeotto con Filippo Restelli, e l’opening della prima personale romana del giovane artista Nicola Vinci.

NEXT come vicino: uno spazio espositivo a pochi passi dalla “galleria madre”, che al civico 8 continuerà ad esporre e valorizzare un’arte già consolidata e inserita nel panorama artistico. NEXT come prossimo: un ambiente come osservatorio di un futuro che, più che da scoprire, è in costante formazione.

EMMEOTTO NEXT ospiterà giovani artisti emergenti con l’obiettivo di promuovere e divulgare le nuove pratiche e poetiche contemporanee.

Il primo intervento è di Nicola Vinci, giovane fotografo pugliese che allestisce i suoi set con una poeticità e una sapienza di particolari che rendono la sua pratica artistica unica nel panorama italiano contemporaneo. Per la mostra alla project della galleria Emmeotto, EMMEOTTO NEXT, Vinci espone un ciclo di lavori fotografici inedito, Transfert, in cui per la prima volta l’artista rinuncia alla presenza del soggetto.

Questa volta i soggetti sono visioni trasposte, Transfert che raccontano nell’assenza dell’individuo un ritratto dello stesso, svolto attraverso luoghi dislocati nel tempo e nello spazio, ma il cui immaginario ci rimanda per metafora al protagonista. L’artista ci mostra una visione soggettiva di personaggi storici e letterari, politici e religiosi, rappresentandoli attraverso le immagini di luoghi e oggetti che diventano così proiezione di significati e associazioni mentali.

Bartolomeo Diaz è raccontato dall’immagine di un interno scolastico, due finestre divise da un mobile con una pila di libri e un mappamondo. La cucina fatiscente dai toni rossi e un caminetto al centro è la metafora di Heinrich Himmler. Dante Alighieri è raffigurato attraverso la scala di un luogo pubblico con accanto delle brande accatastate. Una stanza profonda con piastrelle a rombi e pareti rosate parla di Antonin Artaud attraverso una finestra, un termosifone e un telefono rosso sopra di esso. Per Napoleone occorre una bicicletta da bimbo lasciata in un luogo abbandonato, per Erich Priebke il fuoco dell’obiettivo coglie una porta aperta e corrosa in un corridoio di un ex carcere. Pinochet è una latrina decadente, come il lavandino per Ponzio Pilato, svelato da toni di un verde suadente. Albino Mussolini è descritto attraverso la cella di un manicomio  dismesso, le cui pareti sono piene di foto, cartoline, immagini che richiamano il cane lupo, il lago, le divise, tutti segni di un’epoca e il retaggio di un mistero. Per Peter Pan l’ex stanza di un bambino conserva piccoli oggetti confusi da una carta da parati giocosa alla quale fa da contrappunto l’ambiente severo e spogliato dal tempo e dall’incuria della metafora di Pol Pot. Una sedia da ufficio rossa collocata con sapienza e un lavabo assalito da foglie secche racconta di Pio XII e di tutte le sue mancanze, mentre Maria Maddalena è svelata da un capitello in una luce notturna di una strada abbandonata come il fazzoletto di carta che compare con sapiente abilità scenografica sul marciapiede. Infine, una croce inchiodata ad un’altra porzione di muro lascia la sua traccia tatuata sulla parete a ricordo del “iustum facere”, ovvero la giustificazione per fede, professata da Martin Lutero.

La sua indagine è riflessiva e lirica, arricchita di particolari minuziosi seguiti da una ricerca sempre sulla soglia di suggestione e ironia. Quello di Nicola Vinci è un racconto, una narrazione tra storia e geografia, tra capacità introspettiva e trasversale sguardo psicologico.

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