Con il bipolarismo in lento disfacimento e con lo spettro delle elezioni anticipate mi viene da pensare ad altri 12 mesi di totale agonia per il mondo della cultura (e non solo). Ci vorranno nuove iniezioni di fondi e tutte le forze dello stato saranno concentrate sulla macchina elettorale. Da li in poi bisognerà cominciare a ricostruire la nostra cultura ma intanto salteranno cordate, cambieranno vertici dei musei, spariranno manifestazioni che saranno rimpiazzate da altre (di parte), gli stanziamenti per eventi e quanto altro dovranno essere ridistribuiti. Praticamente si verificherà ciò a cui stiamo assistendo da ormai diverso tempo: l’immobilità.
La nostra parabola non è discendente, essa è in perfetta stasi e non è peccato definire la situazione della cultura italiana come una grande parentesi di vita di ciò che è morto, muoventesi in se stessa. Non ci vuole un genio per comprendere che se questa strada sarà perseguita anche da un futuro governo, l’immobilismo verrà ricostituito dalla posizione stessa che pretende di combatterlo. All’interno di questo pseudouniverso della politica dove i bisogni di nuove ideologie e di nuovi comportamenti sono divenuti gli unici bisogni che esso produce, va detto che a perderci non è l’intera nazione ma solo una parte di essa, vale a dire quella parte che vorrebbe riformare la cultura ma si trova davanti ad interlocutori fittizi, panciuti burocrati che tengono salda la poltrona e nulla più. Parlando di microcosmo culturale e non di macrocosmo, nel corso della mia carriera di critico e curatore d’arte ho potuto constatare quanto segue:
in questo stato delle cose se si cerca di organizzare eventi pubblici ci si trova davanti ad un muro e si è costretti a ricorrere al privato, se si cerca di promuovere la giovane arte ci si deve scontrare con meccanismi clientelari, se si vuole creare bisogna in qualche modo distruggere. Non esistono spazi per chi cerca di emergere, non esistono forme di confronto o coalizione. Si è semplicemente costretti a seguire lo spettacolo che ci viene offerto. Ma sia ben inteso che esiste il potere di critica ed esso va al di là dello spettacolo. La critica attende e reagisce.
Micol Di Veroli
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