Si inaugura Lunedi 29 novembre 2010 ore 18 al Teatro Palladium di Roma la mostra Slaves a cura di Lori Adragna per NUfactory. Gli artisti partecipanti sono: Paolo Angelosanto, Jacopo Benassi, Arianna Carossa, Pierluigi Febbraio, Jessica Iapino, Riccardo Murelli, Matteo Sanna, Alessandro Scarabello, Fernanda Veron.
In occasione del Cinquecentesimo anniversario dall’inizio del traffico sistematico di schiavi dall’Africa all’America (a partire dal 1510) una collettiva di artisti si interroga sul tema della schiavitù oggi sia dal punto di vista sociale che psicologico. Le moderne forme di schiavismo prendono nomi diversi, ma hanno un comune denominatore: la costrizione di esseri umani diventati in qualche modo ”proprietà ” di un’altra persona o di un intero sistema.La mostra indaga il tema attraverso la pittura, l’installazione, la scultura, la video-arte e la fotografia, in una contaminazione sinergica di tecniche e stili diversi, espressione della pluralità contemporanea e al tempo stesso, della possibilità dell’arte, di farsi luogo di incontro e di convivenza delle differenze.
Paolo Angelosanto attraverso una foto proiezione smaterializza il valore iconico del Tricolore esaltandone, non senza ironia, quello di metaforico schermo d’ambivalenze. Jacopo Benassi fotografa alcune pagine del suo blog talkin/ass, come a bloccare in una doppia morte simbolica la fruizione virtuale di lampi d’esistenza. Feroce archivio del quotidiano, protocolla senza minime forzature di giudizio, immagini del consumismo e del disorientamento sociale. Arianna Carossa focalizza la sua riflessione sull’oggetto e l’estetica dell’imprevisto analizzando la spirale, figura archetipa del divenire, della perpetua ciclicità, qui indicatore borderline della ‘coazione a ripetere’.
Pierluigi Febbraio riproduce attraverso la sua opera la condizione di prigione mentale in cui l’individuo si trova costretto in perfetto equilibrio tra la possibilità di decidere se perseverare nelle proprie certezze oppure fuggirne. Jessica Iapino nel suo video costruisce un’atmosfera pregna d’inquietudine. Contrappone in inquadrature fisse la staticità dell’ambiente, un metaforico sotterraneo, al movimento compulsivo dell’ambiguo personaggio dalle connotazioni religiose, segregato in quel luogo. Riccardo Murelli mediante una scultura rileva il conflitto tra spazio interiore e spazio urbano, fra necessità e invasione. Prigioniera del suo stesso perimetro quadrangolare, la struttura introspettiva enfatizza tensioni di geometrie vissute come elementi impulsivi nel caotico ordine di vettori multidirezionali.
Matteo Sanna nella sua installazione rappresenta il triangolo familiare come prigione affettiva e microcosmo di celati abusi o violenza: due ventilatori, “scontrandosi” infliggono alla lampadina centrale, un movimento oscillatorio che la consegna ad una condizione di perenne incertezza. Alessandro Scarabello nel suo dittico dai colori acidi evoca le conseguenze dell’agire umano, la scelta che ciascun uomo ha di incidere sulla propria vita, su quella altrui, sull’ambiente e sulla società in modo da contribuire all’equilibrio del pianeta oppure di sconvolgerlo. Fernanda Veron denuncia attraverso una foto-manifesto, l’indifesa nudità e la cecità dell’uomo contemporaneo costretto dal sistema e dalle sue armi mediatiche ad un sonno profondo, in un mondo divenuto contenitore stroboscopico di illusioni mentali.