Un muro di mattoni, un ostacolo che viene abbattuto, il tanto sospirato ricongiungimento fra la cittadinanza romana e la giovane arte. In questa simbolica performance-incipit eseguita dal pubblico si cela l’importanza di un evento come Reload, inauguratosi il 10 gennaio scorso nelle Ex Officine Automobilistiche di Via Alessandro Ghisleri 44 a Roma ed organizzato da Gian Maria Tosatti . Per arrivare al punto, in una capitale dove si aprono nuove ale museali, dove i più grandi archistar creano le loro più avveniristiche architetture, dove schiere di curatori istituzionalizzati faticano a metter in piedi un programma espositivo e dove si pensa a dare il nome ad un ristorante più che a sfamare la gente con la cultura, Reload giunge come un’insperata ancora di salvezza a cannibalizzare il gap tra pubblico e offerta culturale del territorio, tra artisti emergenti e spazi espositivi.
A ribadire l’importanza della manifestazione la presenza all’opening dell’Assessore alle Politiche Culturali Umberto Croppi, dimostratosi più volte sensibile alle operazioni indipendenti. Reload, oltre ad oggettivare quella tanto sospirata e mai concretizzata project room per l’arte emergente, ha dimostrato alle istituzioni che per attirare il pubblico all’interno di eventi culturali non è necessario disporre di cifre spropositate o di nomi altisonanti ma di creatività, impegno e tanto spirito di condivisione. Uno spazio, questo è quello che si chiede alle istituzioni, una richiesta legittima vista la grave carenza di piattaforme a sostegno dell’arte emergente e vista la grande disponibilità di spazi all’interno dei poli museali capitolini e di edifici da “riadattare” presenti all’interno del comune. Un luogo fisico dove presentare progetti e far ruotare artisti e curatori, lontano dall’egemonia rappresentata dalla vetusta concezione italica del museo d’arte contemporanea dove burocrazie, gerarchie e richieste di fondi sembrano le uniche tappe fisse di un discorso unilaterale.
Purtroppo o per fortuna i tempi sono cambiati e non basta più organizzare aperitivi modaioli o mostrare l’operato di ridondanti fondazioni per stabilire una continuità tra museo e nuove generazioni artistiche. Nel resto d’Europa realtà come Reload sono all’ordine del giorno e, se ancora se ne sentiva il bisogno, questo ha evento saputo dimostrare le molteplici possibilità di un futuro alternativo. Ora che il muro è stato abbattuto, per favore non se ne costruisca un altro.