Casinò europei e americani: quali sono le differenze?

Una delle caratteristiche fondamentali, del progresso tecnologico e dell’avanzamento, nell’ambito della modernità, è sicuramente relativa alla possibilità di confrontarsi con le culture che sono molto lontane dalla nostra. Al giorno d’oggi, in qualsiasi ambito, tra cui anche quello del gioco, è possibile allargare i propri orizzonti e venire a contatto con culture che sono anche molto lontane dalla nostra ma che, allo stesso tempo, possono essere avvicinabili grazie ad un qualsiasi strumento tecnologico. Nell’ambito del gioco, ad esempio, è possibile osservare quali siano le tendenze da parte di giocatori e di piattaforme che non fanno parte soltanto del nostro paese, ma anche di mercati internazionali.

Casinò europei

L’arte, il vino e le noccioline

Attivare le coscienze, portare la realtà all’interno della pratica artistica ed abbattere le barriere delle consuetudini è stata una prerogativa di molti artisti dagli anni ’50 in poi. Dai primi vagiti della performance art con gli Happenings di Allan Kaprow, John Cage, Robert Rauschenberg e Merce Cunningham, passando per le feroci incursioni della Body Art e gli orgiastici riti di Hermann Nitsch ed i suoi colleghi dell’Azionismo Viennese, il fruitore è stato chiamato in prima persona a partecipare all’atto creativo, ricevendo in cambio violente emozioni tali da poter scuotere gli animi ed oltrepassare i tabù, il perbenismo e i dogmi religiosi oltre che l’anestetizzazione proposta dai mass media.

Quella dagli anni ’50 agli anni ‘90 è stata un’arte contemporanea caratterizzata da forti sperimentazioni, azioni estreme che hanno sovente messo a repentaglio la vita stessa di chi le aveva concepite. Ed anche nelle ardue prove esclusivamente concettuali gli artisti dell’epoca hanno comunque cercato di provocare una reazione, un interscambio di stimoli ed idee fuori dal banale.

Il federalismo dell’arte contemporanea


In Italia esistono città come Torino, Milano, Roma o Napoli che sostanzialmente costituiscono la spina dorsale del nostro scenario dell’arte contemporanea. Ovviamente, di quinquennio in quinquennio, le tendenze cambiano e capita così che in certi periodi Torino sia la migliore città del contemporaneo per poi passare il testimone a Milano e così via. Esistono però artisti e gallerie che operano in realtà poco conosciute, in paesi sperduti o in regioni poco nominate su magazines e riviste patinate.

Questo sempre più crescente manipolo di coraggiosi eroi si trova costantemente impegnato in una dura lotta per emergere. Ciò avviene anche a causa di curatori ed addetti al settori che solitamente prediligono gli artisti e gli spazi espositivi delle grandi metropoli, dimenticando le piccole realtà o le realtà considerate a torto meno prestigiose. Così facendo ci stiamo perdendo per strada la Basilicata, la Sardegna, la Puglia e molte altre regioni che tanto potrebbero dare al nostro sistema. Solitamente per emergere nel nostro lavoro si punta a nord, con la convinzione di esser più vicini all’Europa ma questo modo di agire e pensare nasconde un provincialismo da cui non riusciamo a separarci.

Le (solite) frasi dell’arte

 Il linguaggio ha i suoi meccanismi e quando si entra nello specifico è possibile scoprire un mondo di sottoinsiemi che in sostanza regolano il nostro modo di esprimerci. A volte però questi meccanismi, queste consuetudini finiscono per trasformare ogni conversazione ed ogni scritto in una serie di luoghi comuni assai buffi. Prendete ad esempio le interviste agli allenatori di calcio, anche se la loro squadra è destinata a scontrarsi con l’ultima in classifica, le loro dichiarazioni saranno sempre caratterizzate da un turbinio di frasi del tipo “Sarà una partita dura, non esistono più le squadre cuscinetto, loro cercano il riscatto e ci daranno filo da torcere”.

Ebbene signori non stupitevi più di tanto poichè questi meccanismi sono largamente utilizzati anche nel mondo dell’arte contemporanea e molto spesso giornalisti, critici e storici rimangono impigliati in frasi circostanziali che oramai hanno perso significato, che non comunicano più nulla e proprio per il loro largo uso finiscono per distrarre il lettore.  Andiamo a vedere quali sono i termini e le frasi più gettonate all’interno di testi e discorsi d’arte:

Alcune note contro la noia imperante

 In queste pagine si è più volte parlato della nuova creatività italiana e vorrei ribadire quanto l’arte giovane rappresenti la nostra unica risorsa per tentare di emergere dallo stato di torpore in cui versa la scena dell’arte contemporanea nostrana. Eppure se da un lato i nostri artisti sono stretti da una morsa istituzionale che ne appiattisce la creatività e ne limita l’azione, dall’altro anche la proposta creativa dovrebbe iniziare a mostrare i denti e non cedere il fianco a chi punta all’uniformazione.

Va da sé che le fondazioni ed i musei sono orientati verso artisti dotati di curriculum o comunque trainati da importanti cordate. Galleristi e curatori dal canto loro operano lo stesso criterio di selezione con l’eccezione che ogni tanto riescono a mettere in evidenza qualche talento verace. Il vero problema è che tutti sono orientati a seguire un modello estetico internazionale con la convinzione che questo sia una panacea in grado di far vendere o comunque donar prestigio, quando invece non ci si accorge che scimmiottando forme creative del passato o di altre nazioni si genera solamente un inutile prodotto complementare.

In Italia si può ancora sperare nell’arte? Forse si

Dopo un secolo come quello passato che ha visto nascere avanguardie e sperimentazioni artistiche di ogni sorta, ci troviamo oggi con il fiato corto, sfiancati forse dalle troppe tecnologie che concedono a tutti infinite possibilità e non pongono limiti da superare. La colpa di questa atonia generale è attribuibile anche ad un sistema dell’arte che troppo spesso mira a far emergere il curriculum dei giovani artisti piuttosto che la loro visione creativa. Del resto bloccati come siamo in polemiche inutili, balletti per le poltrone dei musei e lotte per un tozzo di pane ci ritroviamo ad assistere passivamente ad una creatività caratterizzata dall’eterno ritorno del Pop, dell’Arte Concettuale e di una certa estetica noiosa ma condivisa che predilige l’equivoco e l’androgino, proponendo l’illusione del mistero e manifestando invece il trionfo del pretesto e della banalità.

In Italia non riusciamo a renderci conto che forse abbiamo lasciato per strada spontaneità ed irruenza, aggressività e drammaticità, ironia e gusto, in sostanza abbiamo totalmente perso la bussola ed il campo base è ancora lontano. Per fare un esempio di questa confusione imperante, giusto qualche anno or sono la nazione ha celebrato in lungo ed in largo il centenario del Futurismo, sbandierandone gli intenti anche nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia. Ebbene ad esser sinceri del Futurismo non se ne è vista nemmeno l’ombra, nulla in grado di cogliere una seppur minima scintilla di tale movimento che ha positivamente infettato arti visive, letteratura e teatro, fino a gettare le basi della musica elettronica con Luigi Russolo.

L’arte contemporanea italiana è la società dello spettacolo

 In tempi non sospetti il celebre pensatore ed artista Guy Debord ci aveva messo in guardia contro il potere dello spettacolo, un rapporto sociale e culturale tra individui mediato da immagini vuote e figlie del consumismo di massa, una sorta di assoggettamento psicologico in cui ogni individuo è isolato dagli altri ed assiste passivamente ad un monologo elogiativo dello spettacolo stesso. Ovviamente per spettacolo intendiamo riassumere in questa sede il sistema dell’arte contemporanea italiano e tra i burattinai di questo enorme carrozzone, oltre le istituzioni, figurano anche i curatori d’arte, specificando che persino la scrivente potrebbe tranquillamente farne volontariamente od involontariamente parte.

Ma andiamo per gradi ed analizziamo in cosa consiste questo spettacolo. L’opera d’arte, un tempo padrona assoluta della manifestazione creativa dell’uomo è divenuta un accessorio, un semplice orpello schiavo di estetiche e stilemi propri di un minimalismo banale e di un concettuale svuotato da ogni minimo concetto. Eppure l’opera è un accessorio indispensabile, poiché senza di essa l’artista non esisterebbe ed il curatore non potrebbe organizzare il suo bell’evento. L’opera e l’artista o per meglio dire l’artista è l’opera dato che quest’ultima nella sua flebile natura, viene inevitabilmente sommersa dalla presenza ingombrante di artisti pseudo-rockstar che incessantemente appaiono sulle copertine dei magazine d’arte e puntualmente vincono i premi artistici con il loro curriculum od il loro nome.

Marcel Duchamp oggi sarebbe un pirata informatico

Una delle più salienti caratteristiche di questo vivere contemporaneo è la facilità con cui è possibile scambiarsi i più disparati media od entrare in possesso di musica, film ed altre forme d’arte. Nel passato le forme artistiche non digitali hanno creato un certo tipo di scambio economico basato sulla non riproducibilità dell’opera, cosa che si avvia verso la distruzione grazie al file sharing. Ogni giorno milioni di persone scaricano film, libri, foto e musica in maniera totalmente gratuita. La storia dell’arte contemporanea ha avuto esempi di artisti che hanno supportato il libero accesso ai media.

Molti di essi come Guy Debord, Richard Prince o Sherrie Levine si sono appropriati di materiali protetti dal copyright per creare le loro opere. E’ quindi indubbio che molti atti che vengono etichettati oggi come abuso di copyright o pirateria o quanto altro, sono stati in passato fondamentali per lo sviluppo dell’arte. I Ready Made di Marcel Duchamp ad esempio erano oggetti di uso comune che mediante la volontà dell’artista si tramutavano in opere d’arte. Oggi Duchamp avrebbe avuto certamente molti problemi riguardo la creazione delle sue opere poichè avrebbe potuto incappare in un atto di appropriazione indebita di oggetto protetto da copyright.

I giovani artisti? oggi lavorano al supermarket

Come si guadagna da vivere la maggior parte dei giovani artisti? Ovviamente se il vostro nome è Damien Hirst basta vendere un paio di squali in formaldeide ed il gioco è fatto, stipendio garantito per almeno due vite. Ma questo scenario non riflette la situazione della stragrande maggioranza dei giovani artisti italiani ed internazionali. Questi coraggiosi eroi del contemporaneo sono costretti ad alternarsi tra la loro vita creativa ed un posto tra gli scaffali del supermercato od in qualche tipografia o studio grafico.

Certo alcune nazioni supportano l’arte in vari modi, la Danimarca ad esempio mette a disposizione circa 17.000 euro di stipendio annuale per 275 artisti per tutto il resto delle loro vite. In Francia invece un artista può chiedere fino a 7.000 euro per equipaggiare il proprio studio. In Italia però non esiste nulla di tutto questo ed allora o si è ricchi di famiglia o sponsorizzati da un ricco magnate, altrimenti non è peccato ricorrere al famoso lavoretto di sostentamento.

Quale artista collezionare? Ve lo spiega Globartmag

 Per quale motivo si collezionano le opere di un determinato artista piuttosto che di un’altro? Difficile rispondere a questa domanda e molto spesso la risposta può variare in base a diversi fattori  associati al livello di attenzione che un artista riesce a creare attorno al suo lavoro. C’è da precisare che quando si parla di grande collezionismo è quasi sempre inutile parlare di fattori estetici anche se molti esperti del settore continueranno ad insistere sul valore estetico e filosofico nascosto dietro al collezionismo di una data opera d’arte.

La crisi economica e la crisi da vernissage

 Quando un collezionista è entrato casualmente nella William Havu Gallery di Denver il gallerista ed il suo assistente erano al settimo cielo. Il visitatore aveva infatti concluso l’acquisto di un grande dipinto per svariate migliaia di euro In altri tempi la vendita sarebbe rientrata nella routine del triangolo d’oro di Denver ma in un periodo di forte crisi dove ad esempio la galleria Havu ha perso il 40 per cento delle vendite, una vendita del genere è salutata con grande sollievo.

Faccia a faccia con quella che è stata più volte definite la grande recessione anche la ricca città Americana si è trovata impreparata ed ora deve contare i suoi feriti, 120 gallerie che negli ultimi anni sono ridotte all’osso. “Non voglio fare nomi ma ho sentito alcuni galleristi, gente che di solito non lascia trapelare nulla, parlare di quanto siano andati male gli affari quest’anno e penso che questo genere di cose si sentano solo quando ci si trova in tempi di estrema ristrettezza” Ha ultimamente dichiarato Ivar Zeile della Plus Gallery. 

Quando il museo si trasforma in galleria privata

 Nel 2008  tutte le opere della mostra di Richard Prince alla Serpentine Gallery di Londra provenivano dallo studio dell’artista ed erano disponibili sul mercato. Tutti i costi della mostra, ossia cataloghi, trasporti ed installazioni sono stati coperti dai dealers di Prince e cioè Larry Gagosian e Ronald Coles. Un’opera dell’artista venduta dopo la mostra ha raggiunto una cifra a sei zeri. Anche la mostra di Karen Kilimnik alla Serpentine è stata realizzata grazie agli aiuti della sua galleria la 303 Gallery di New York.

La mostra @Murakami tenutasi sempre nel 2008 al Los Angeles Museum of Contemporary Art è stata sponsorizzata dalle gallerie di Takashi Murakami e cioè Blum&Poe, Gagosian, Perrotin e supportata persino da Louis Vuitton il quale ha installato un mini shop nel museo e si è messo a vendere oggetti disegnati dall’artista per il celebre marchio. La rovinosa Mostra di Damien Hirst alla Wallace Collection di Londra è stata realizzata grazie ad un’ingente somma messa a disposizione dall’artista stesso. Hirst ha infatti contribuito con 417.000 dollari ed ha coperto tutti i costi della mostra. Intanto in Francia la mostra di Jeff Koons a Versailles agli inizi del 2009 è stata realizzata grazie a Francois Pinault che oltre ad essere collezionista di Koons è detentore della casa d’aste Christie’s, della galleria Haunch of Venison e di due musei a Venezia.

Come è difficile fare l’artista

Mettiamola così, siete degli artisti. Forse avete studiato sodo per esserlo o magari è una vocazione personale supportata da una buona dose di visionarietà creativa e dignità formale. La vostra produzione va a gonfie vele e tutti attorno a voi sono concordi nell’affermare che si, siete proprio degli artisti. Ora non resta altro da fare che trovare un modo per far conoscere la vostra arte e magari incontrare qualche buon acquirente. Riepiloghiamo, siete artisti ma non provenite da una famiglia benestante e non siete per così dire raccomandati da nessuno, la prima cosa da fare quindi è cercare una galleria d’arte per proprio conto, un luogo degno ad accogliere i vostri amati lavori.

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