Mamma posso comprarmi la mostra?

Globartmag è sempre alla ricerca di notizie con opportunità espositive dedicate ai giovani artisti alle prime esperienze, sin dai nostri primi articoli abbiamo selezionato per voi concorsi, festival e quanto altro ritenevamo più consono alle vostre esigenze ed affidabile sul piano della serietà d’intenti.

A questo punto molti lettori hanno scritto in redazione chiedendoci di stilare una lista di gallerie disposte ad esporre opere di artisti alla loro prima mostra, portando esempi di numerosi spazi espositivi nazionali ed internazionali che organizzano eventi in cambio di un contributo in denaro. In merito alla lista si potrebbe senza ombra di dubbio affermare che di gallerie disposte a promuovere arte emergente ve ne sono a centinaia. Ovviamente bisogna cercare, muoversi, presentarsi e soprattutto presentare in maniera professionale qualcosa di veramente interessante, inutile lamentarsi di ricevere troppi “le faremo sapere” o  “abbiamo la programmazione piena fino al prossimo anno” se si creano opere scolastiche, prive del benché minimo carattere estetico o sperimentale.

Lo spettacolo dell’arte e l’arte dello spettacolo

 Le poco confortanti notizie circa i reality show dell’arte contemporanea ci avevano già messo in guardia sulla preoccupante atrofia del sistema dell’arte contemporanea internazionale. Per muovere le acque ed aggiungere un poco di energia galleristi ed istituzioni stanno vagliando ogni possibile ipotesi, sconfinando paurosamente verso le brulle e sconnesse terre dello spettacolo.

D’altronde il caro vecchio Guy Debord ci aveva già messo in guardia sulla deriva della società e dell’arte verso i lidi della mercificazione. Oggi volenti o nolenti ci troviamo di fronte ad un’arte contemporanea tesa al bisogno del cambiamento e della novità che realizza in termini l’espressione pura del cambiamento impossibile, un’arte che pur non riuscendoci deve essere necessariamente d’avanguardia mentre la sua vera avanguardia è la sua scomparsa. Così in Italia si tramutano i musei in cocktail bar ed in discoteche dove le opere svolgono il loro rassicurante ruolo d’arredo a corollario di una massa di parvenu danzerecci amanti del radical chic pensiero. Ed ancora si organizzano e si chiedono vernissage collettivi in modo da fare quadrato attorno ad un evento, come se l’evento stesso sia il fulcro della creatività artistica.

Inviti cartacei addio, il futuro deve essere l’e-mail

Una volta tanto parliamo di ambiente, ovviamente la tematica è strettamente legata al mondo dell’arte. Pensate all’organizzazione di una mostra, oltre alla scelta degli artisti, alla linea curatoriale, all’allestimento e quanto altro una delle regole fondamentali per la buona riuscita di un evento è la comunicazione.

Ogni anno centinaia di migliaia di gallerie d’arte ed istituzioni museali di tutto il mondo investono nella promozione, stampando un numero impressionante di cataloghi ed inviti per i loro eventi i quali molto spesso finiscono direttamente nella pattumiera senza essere nemmeno degnati di un rapido sguardo. Questo si traduce in uno (talvolta assurdo) spreco di carta che non giova di certo all’ambiente ed alle finanze.

La crisi dei magazine d’arte contemporanea

Come procede l’editoria d’arte in Italia? Difficile a dirsi, quello che sappiamo con certezza è che le cose non procedono di certo per il meglio. Sarebbe utile riflettere sulla funzione e sulla grandezza reale del bacino di utenza di queste pubblicazioni a carattere artistico. La maggior parte delle riviste d’arte italiane, nel tentativo di piacere ad un vasto pubblico ha da sempre cercato di mitizzare gli artisti alla stregua dei divi del cinema, proponendo articoli non proprio esaltanti e recensioni decisamente spuntate. Il problema reale di questi magazines è rappresentato dalle scarse vendite, questo accade poichè sono letti da un ristretto numero di appassionati ed addetti del settore.

Il bello della crisi

Di crisi ne abbiamo parlato molto, ne hanno parlato in tanti. Giornali, webmagazines e blogs di tutto il mondo hanno lasciato scorrere fiumi di nero inchiostro sopra questo periodo di recessione dell’arte, gettando appassionati e addetti del settore nel più profondo sconforto. Eppure anche in questo tetro frammento di tempo in cui le gallerie vendono meno, le istituzioni museali tagliano il personale e Sotheby’s non riesce a pagare i suoi movimentatori, ci deve esser per forza qualche nota positiva. Noi di Globartmag abbiamo provato ad analizzare i possibili giovamenti della crisi.

Per gli artisti e le gallerie: con meno vendite facili in giro si è costretti a focalizzare la propria ricerca sulla qualità. Ciò significa che la crisi attuerà una reale selezione naturale in cui il superfluo lascerà il posto al necessario elevando in tal senso i contenuti estetici, formali e filosofici di ogni opera d’arte e di ogni evento. In seconda battuta la chiusura di locali commerciali ed il successivo calo del prezzo degli immobili rappresenterà un ottimo investimento per gli artisti che sono ancora in cerca di uno studio a buon mercato (basti pensare a Soho, New York nel 1970) .

Senza critica la situazione è critica

Benvenuti nell’universo uniformato dell’arte contemporanea, già perché da quanto si evince dalle notizie presenti sui maggiori magazines d’arte italiani, in questi ultimi anni stiamo assistendo al trionfo del bello e della creatività nazionale. Ed allora perché l’arte contemporanea del nostro paese stenta ad imporsi sulla scena internazionale? Dove mai saranno finiti gli eventi male organizzati e gli artisti della domenica?

La quasi totale mancanza di una piattaforma critica coerente è un male diffuso in Italia, un problema annoso che rischia di appiattire l’arte contemporanea su di un unico livello estetico dove tutto è considerato di buona qualità ed ogni artista compie una sua personale ricerca su qualcosa di interessante e sperimentale. Il risultato di questa inutile piaggeria e che gli artisti realmente meritevoli di attenzione così come gli eventi ben riusciti non riescono ad emergere, uniformandosi al resto e pregiudicando un futuro sviluppo sia creativo che tecnico di coloro che potrebbero rappresentare un cambiamento nel vasto mare dell’arte contemporanea nostrana.

Eddie Peake ritorna alla Lorcan O’Neill per dissacrare spazi e luoghi comuni

Provocare e sorprendere. Sono i due termini su cui ruota l’intera ricerca di Eddie Peake (Londra, 1981), giovane artista inglese che si è prepotentemente e rapidamente affermato conquistando l’attenzione del pubblico d’oltremanica. Per la seconda volta, la galleria Lorcan O’Neill presenta i suoi lavori attraverso la mostra Call 2 Arm, in cui si rileva immediatamente la sua anima eclettica. L’eterogenea produzione del londinese, infatti, spazia dall’utilizzo del neon, alla pittura, dalla fotografia, alla performance. Adottando i diversi ruoli di pittore, scultore, performer, coreografo e, perfino, curatore con il fine di offrire una riflessione sulla vita urbana moderna, ponendo particolare attenzione nei confronti dell’ambiguità e dell’identità sessuale.

Eddie Peake, classe 1981, nasce a Londra ma ha vissuto a Gerusalemme, Roma e Londra. Oggi vive e lavora a Londra, dove sta completando un Master alla Royal Academy. Si è diplomato nel 2006 alla School of Fine Art e dal 2008 al 2009 è stato residente alla British School di Roma. Nonostante la giovane età ha all’attivo una serie di performance alla Royal Academy e al Cell Projects. A fine 2011 è sbarcato oltreoceano, a Los Angeles per la precisione, dove ha inaugurato la sua personale ‘Boydem’ presso la galleria di Mihai Nicodim. Inoltre, il suo lavoro è stato esposto in numerose collettive tra cui: ‘March’ presso Sadie Coles HQ a Londra, ‘Glaze’ da Bischoff Weiss a Londra, Chez Valentin a Parigi e ‘Re-Generation’ al MACRO Testaccio di Roma, quest’ultima visitabile fino al 9 settembre. Per di più, lo scorso 26 Luglio, ha realizzato una performance alla Tate Modern per la mostra inaugurale di Oil Tanks, nuova ala espositiva del museo, e alla Chisenhale Gallery di Londra.

Mostre in giro per il mondo edizione estiva

Visto che ci troviamo in pieno periodo vacanziero, ecco la consueta lista di mostre in giro per il mondo tanto per tenervi aggiornati sull’arte contemporanea anche nei vostri periodi di relax, vai con il servizio:

Il Guggenheim museum di New York ospita la fotografa olandese Rineke Dijkstra fino al prossimo 8 ottobre, in mostra le classiche immagini minimal di giovinetti al mare che sono divenute il leitmotiv dell’artista. Sempre a New York, il Fireplace Project ospita una performance scultorea di Terene Koh, fino al prossimo 12 agosto. Spostiamoci a londra dove la Unilever Series della Tate Modern ospita nientemeno che Tino Sehgal fino al prossimo 28 ottobre.

Le mostre nel periodo della crisi, meglio o peggio?

Una volta, non troppo tempo fa, le mostre in galleria erano un vero e proprio must ed in ogni città si organizzavano un numero impressionante di eventi, alcuni di altissima qualità ed altri un poco meno ma pur sempre meritevoli di uno sguardo. Del resto il cibo cattivo provoca intossicazioni, l’arte brutta per fortuna non ha mai rovinato la vista a nessuno, almeno credo. Eravamo nel periodo d’oro dell’arte contemporanea nazionale, quello in cui tutti parlavano di creatività, dove l’arte digitale rappresentava un futuro pieno di successi, dove la nuova critica scriveva libri sagaci e puntuali che puntualmente vendevano migliaia di copie.

Forse la crisi economica era già ben salda sul nostro groppone ma questo ai galleristi importava ben poco ed allora via con la produzione delle opere, con i vernissage ricchi di cibo e beveraggi, con i cataloghi finemente decorati e con le mostre organizzate dal curatore alla moda di turno. L’ultimo ventennio è stato il nostro “boom”, l’esplosione di una passione troppo forte per durare a lungo. Poi c’è stata la crisi, ma non solo quella economica, quella di contenuti, la smania di correre appresso agli statunitensi ed ai tedeschi, la sicumera dei critici nel vaticinare questa o quella tecnica come il next big thing della creatività.

Albert Oehlen: dai dipinti Pop all’essenzialità dei ‘Drawings’

Fino al 27 luglio la Gagosian Gallery di Roma ospita la mostra ‘Drawings’ di Albert Oehlen, proseguimento dell’esposizione di dipinti dell’artista presentata a marzo presso la Gagosian Gallery New York di Madison Avenue. A due passi da Piazza di Spagna e da Via Veneto sorge l’imponente edificio ristrutturato nel 2008 per accogliere la nuova sede di una delle principali gallerie di arte contemporanee mondiali.

Le colonne in stile corinzio dell’entrata ricordano la facciata di un tempio greco, anticipando le ampie dimensioni dei suoi interni, dove i recenti disegni di grande formato (300x200cm) del tedesco sono dislocati nei tre ambienti in cui è suddiviso lo spazio. Nella sala ovale, un vasto openspace caratterizzato da un soffitto altissimo e da una serie di finestroni, che invitano l’occhio del fruitore ad osservare il palazzo adiacente, sono distribuiti su una parete bianchissima sei dei nove carboncini su carta presentati per l’occasione.

Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania – vive e lavora tra la Germania, la Svizzera e la Spagna), attualmente insegnante di pittura all’Accademia di Düsseldorf, ha studiato ad Amburgo con Sigmar Polke e ha lavorato a stretto contatto con Martin Kippenberger. Ha conseguito mostre personali presso il Stedelijk Museum di Amsterdam (1997), il Musée d’Art Moderne et Contemporain di Strasburgo (2002), il MOCA di Miami (2005), la Whitechapel Gallery di Londra (2006), il Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi (2009), il Räume für Kunst, Freiburg, Germania (2010) ed il Carré d’Art di Nîmes (2011). Nel 2004–05 il Musée Cantonal des Beaux-Arts di Losanna lo ha celebrato attraverso una retrospettiva.

Valentina Vannicola rivela i segreti di Tor Pignattara

Amore a prima vista è stato quello tra Valentina Vannicola (Tolfa, 1982) e la Wunderkammern, che ospita per la seconda volta, nella medesima stagione, i suoi lavori. Fino al 28 giugno la galleria propone la nuova serie fotografica della romana che, armata dell’inseparabile reflex, ha immortalato siti e abitanti del caotico e graffiante quartiere di Tor Pignattara dando vita a scatti surreali. La mostra s’inserisce all’interno della terza edizione del progetto ‘Living Layers’, realizzato in collaborazione con il MACRO, con lo scopo di attivare letture del contesto del Municipio Roma 6 e del suo Living Heritage attraverso il coinvolgimento di artisti provenienti da diversi ambiti di ricerca per proporre interazioni trasversali e inedite dello spazio urbano.

La nostra fotografa, regista, costumista e scenografa offre al pubblico un linguaggio riconoscibile caratterizzato da un costante studio nei confronti delle inquadrature, delle pose dei personaggi, degli oggetti inseriti e degli indumenti di scena. Affascinata dalle fiabe e dai mondi incanti, Valentina è solita scegliere un territorio specifico in cui ambientare le sue istantanee, dove la popolazione locale diventa l’indiscussa protagonista. Se nella precedente mostra Su(L)reale la Vannicola si è lasciata ispirare dal genere della favola riattualizzandola attraverso usi e costumi contemporanei, per Living LayersIII ha impressionato nella sua pellicola luoghi noti al fruitore (come l’aeroporto militare Francesco Baracca, il centro commerciale o i numerosi parchi della zona) connessi tramite un legame di tipo emotivo da cui scaturisce un viaggio mentale in chi osserva l’immagine.

Si chiude una deludente prima parte del 2012

Ancora una volta la stagione espositiva volge al termine ed ancora una volta siamo qui a contare i feriti. Già, la prima parte del 2012 non si è conclusa molto bene, anzi si potrebbe affermare senza ombra di dubbio che l’ultimo trimestre è stato quantomai disastroso. Le gallerie private hanno mantenuto il livello di guardia e, salvo sporadici casi, non hanno rischiato il lancio di nuovi nomi. Molti dealers hanno preferito rinverdire il loro back catalogue piuttosto che tentare il salto nel vuoto.

Cronica ormai la diserzione di questi ultimi dalle fiere d’arte contemporanea di spicco come Torino, Bologna, Milano e Roma. Le quattro kermesse hanno mostrato di non saper tenere il passo con i tempi e non è escluso che si ritorni ad una partita a tre. Roma non ha saputo convincere sino in fondo chi attendeva il rilancio definitivo.

L’origine: un intervento di Chiara Mu e Baldo Diodato

 

 

 

Ogniuno di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato ad immaginare come poteva essere l’inizio, il momento in cui l’indistinto prende forma e diviene sostanza, e diviene mondo. E molti di noi conservano sotto forma di traccia, di sfocata percezione “quel dolce bisogno di niente” che sembra aver caratterizzato l’esperienza del proprio concepimento. Qui le dissertazioni psicoanalitiche si sprecherebbero ma non è su questo che ci si vuole focalizzare. Lo spunto per questa riflessione nasce da un evento svoltosi lo scorso 21 giugno presso Bibliothé Contemporary art Gallery e intitolato L’origine che prevedeva un intervento congiunto di due artisti differenti per generazione e metologie operative: Chiara Mu e Baldo Diodato.

Verso la fine del mondo e molto oltre

Lungimirante, stupefacente, mastodontica scommessa quella fatta da Patricia Armocia che regala a Milano una mostra che lascia il segno e che mostra cosa significa credere davvero negli artisti e nell’arte. Perché produrre cultura si può e non è solo un discorso di investimenti, è questione di qualità delle idee e visionarietà di chi le rende possibili. The folding of a know world è innanzitutto una mostra di tre giovani artisti: Swoon, Monica Canilao e Dennis McNett, non la definirei una mostra collettiva, piuttosto un progetto comune. The folding of a know world è più simile all’esperienza di tre amici che vanno in campeggio e siccome sono artisti si divertono a costruire cose con materiali di recupero ed è tale la loro capacità di fondersi esaltando al contempo le proprie peculiarità che si crea una forza generatrice di meraviglie grazie alla loro unione.

Piegando a loro volere materiali vissuti e abbandonati nel tempo sono stati capaci di costruire in una manciata di giorni un mondo fantastico racchiuso tra le mura della galleria. La storia che raccontano non è rassicurante, ma visto il panorama che ci circonda nel mondo reale non ci resta che seguirli nel percorso. Il punto di partenza è l’oggi, momento in cui la sesta estinzione di massa è alle porte e noi esseri umani ne siamo la causa diretta. Da qui bisogna ricominciare: il mondo che conosciamo crollerà su se stesso, sarà la dea Kalì, nella quale convivono forza distruttrice e creatrice in quanto madre dell’universo, a scatenare il cambiamento.

preload imagepreload image