DA 0 A 100. LE NUOVE ETÀ DELLA VITA

ARTE E SCIENZA IN PIAZZA™ – manifestazione di diffusione della cultura scientifica organizzata dalla Fondazione Marino Golinelli in collaborazione con il Comune di Bologna – quest’anno presenta, in partnership con La Triennale di Milano, “Da 0 a 100, le nuove età della vita”, a cura di Giovanni Carrada e Cristiana Perrella. Prodotta da Fondazione Marino Golinelli in partnership con La Triennale di Milano, la mostra sarà ospitata a Bologna a Palazzo Re Enzo dal 2 al 12 febbraio e successivamente a Milano in Triennale Bovisa dal 23 febbraio al 28 marzo.

“Da 0 a 100, le nuove età della vita” è una mostra d’arte contemporanea e di scienza per capire come e perché il nostro corpo e la nostra mente sono molto diversi da quelli delle generazioni precedenti, e come svilupparne meglio le potenzialità. Nel corso dell’ultimo secolo infatti la condizione umana è cambiata come mai era avvenuto prima: la nostra costituzione genetica è rimasta la stessa, ma un ambiente trasformato dalla tecnologia ne ha fatto emergere uomini e donne diversi. Non ce ne siamo accorti perché il cambiamento è stato graduale, ma siamo diventati più alti, più, forti e persino più intelligenti. In media naturalmente. E poiché viviamo il doppio rispetto a prima, abbiamo avuto in regalo per così dire una vita in più.

Krystyna Piotrowska – Riflessi

Inaugura il 19 gennaio all‘Istituto Polacco di Roma mostra Riflessi di Krystyna Piotrowska. Durante la serata verrà presentato il libro di poesie della poetessa Zuzanna Ginczanka, nella traduzione di Alessandro Amenta. La ricerca artistica di Krystyna Piotrowska si aggira attorno al problema dell’identità. Piotrowska provoca le situazioni nelle quali la linea tra il reale e l’illusorio rimane ambigua.

La mostra romana, organizzata nell’ambito delle “Giornate della memoria”, è dedicata alle relazioni ebraico-polacche che, come mostra il video Sono partito, sono partita dalla Polonia perché… hanno vissuto un periodo particolarmente difficile nel 1968 – l’anno della campagna antisemita provocata dal regime comunista. Infatti, i leader del partito, lanciarono allora lo slogan della “lotta contro il sionismo”. L’antisemitismo è diventato una parte ufficiale del programma politico. La grande parte degli ebrei polacchi ha perso un posto di lavoro, è stata rimossa dalle cariche o espulsa dalla università solo per la loro discendenza. Contemporaneamente gli ebrei erano invitati a lasciare Polonia per sempre.

Pelle di donna, Identita’ e bellezza fra arte e scienza

Per la prima volta in Italia una mostra che unisce arte e scienza sul tema della pelle. Pelle di donna. Identità e bellezza fra arte e scienza, a cura di Pietro Bellasi e Martina Mazzotta, è esposta alla Triennale di Milano dal 24 gennaio al 19 febbraio 2012. La rassegna nasce da un progetto di Boots Laboratories, marchio-icona del benessere distribuito in Italia da P&G, con la Fondazione Antonio Mazzotta da anni protagonista di successo nel mondo dell’arte.

Attraverso una ricca selezione di opere d’arte – antica, moderna e contemporanea – documenti, oggetti antichi, il visitatore compie un percorso affascinante di esplorazione che lo conduce a un laboratorio scientifico. Ampio spazio è dato agli artisti moderni e contemporanei che utilizzano i linguaggi più diversi, dalla pittura alla scultura, dal concettuale alle nuove tecnologie, fino al cinema sperimentale, anche con interventi site specific. Tra gli artisti in mostra: Giacomo Balla, Franz von Bayros, Adriana Bisi Fabbri, Andrea Chisesi, Giuliana Cuneaz, Marcel Duchamp, Lucio Fontana, Grazia Gabbini, Robert Gligorov, Abel Herrero, , Roy Lichtenstein, Luigi Maio, Lazhar Mansouri, Piero Manzoni, Alberto Martini, Bruno Munari, Giuseppe Penone, Marinella Pirelli, Pietro Pirelli, Karl Prantl, Man Ray, Odilon Redon, Auguste Rodin, Omar Ronda, Mimmo Rotella, Maia Sambonet, Alberto Savinio, Andreas Serrano, Henri de Toulouse-Lautrec, Andy Warhol, Tom Wesselmann.

Quando il pubblico si annoia

Molti magazine d’arte contemporanea internazionali e non, hanno in queste ultime settimane lanciato un dialogo sull’allontanamento del pubblico da mostre ed affini. Questo proficuo dibattito è sorto spontaneamente in ogni parte del globo, segno evidente che la necessità di ritrovare ciò che si è perso per strada è quanto mai universale. Due grandi voci come Charles Saatchi e Jerry Saltz hanno inoltre raccolto il sentimento comune, convogliando alcune lamentele che sino ad ora erano comparse su alcune testate e rilanciate da alcuni critici.

Saatchi e Saltz si sono scagliati contro l’arte da avanspettacolo, contro la noia imperante e contro la trasformazione dei musei in anfiteatri dediti ad attività circensi per racimolare un sempre più vasto bacino di pubblico. Ed allora dove risiede il punto di equilibrio? Dove trovare la giusta via di mezzo capace di rappresentare il giusto connubio tra sperimentazione e fascino? Saltz ha inesorabilmente stroncato il “parco dei divertimenti” architettato da Carsten Höller per il New Museum e la mega retrospettiva di Maurizio Cattelan al Guggenheim (ambedue a New York) ma è inutile negare che entrambi gli eventi hanno sbancato al botteghino, consegnando alle due istituzione il record di ingressi.

Aiuto, mio figlio vuol fare l’artista

 Siete giovani e morite dalla voglia di intraprendere la carriera d’artista? Beh le soluzioni qui in Italia non sono poi tante, nello specifico o si comincia da autodidatta e si intraprende una lunga strada costellata da studi ed esperienze in proprio o si frequentano i vari licei, i vari istituti d’arte e le varie accademie sparse sul territorio che vi dovrebbero orientare al meglio nella giungla artistica.

Quest’ultima ipotesi (almeno dalle nostre parti) è in tutto e per tutto simile alla prima, ossia pur avendo intrapreso dei percorsi didattici e formativi, i poveri giovani virgulti devono per forza di cose studiare e far esperienze in proprio. Programmi vetusti e poca malleabilità nell’insegnamento delle varie materie sono infatti delle vere e proprie piaghe che devastano il povero studente.

Ed Anche Jerry Saltz accusa il mondo dell’arte

Se Charles Saatchi si è detto deluso dall’attuale mondo dell’arte, il celebre critico Jerry Saltz non può essere da meno ed ha quindi risposto idealmente al dealer con un articolo comparso sul New York Entertainment. Attaccare un sistema in cui fino ad oggi tutti hanno ben mangiato sembra esser divenuto lo sport nazionale degli Artsters di tutto il mondo. A differenza di Saatchi, Saltz se la prende con i musei, accusandoli di essersi trasformati in enormi parchi di divertimento o circhi consumistici, votati allo spettacolo ed al voyeurismo.

L’inizio della fine, secondo il grande critico, è databile attorno al 2008 con l’inaugurazione della mostra theanyspacewhatever al Guggenheim di New York, una sorta di baraccone iperconcettuale intriso di parole e luci con tanto di top stars dell’arte del calibro di Angela Bulloch, Maurizio Cattelan, Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Douglas Gordon e Carsten Höller.

L’artista deve tornare ARTISTA

 Il sistema dell’arte vuole trasformare gli artisti in un manipolo di individui ansiosi e stitici che attendono disperatamente di essere scoperti e guadagnare un qualsiasi tipo di riconoscimento. Questo ovviamente potrebbe essere il giusto scotto da pagare per raggiunger celebrità e successo economico, ma giunti a questo punto i folli meccanismi presenti all’interno della scena tricolore risultano essere talmente fuori controllo ed inconcludenti che il gioco non vale più la candela.

Ragionando a mente fredda sul pasticcio Padiglione Italia alla Biennale di Venezia è possibile riscontrare alcuni aspetti comportamentali che in un modo o nell’altro devono per forza di cose cambiare, se non vogliamo che i nostri artisti si disperdano nel nulla, come semplici pedoni da immolare su di una scacchiera mal concepita dal curatore-arraffone di turno. Farsi rastrellare in liste chilometriche pronte a cangiare da un giorno all’altro, farsi trattare come carne da macello senza il minimo ritegno, pagarsi le spese di spedizione delle opere ed in seguito allestire le stesse con le proprie mani, partecipare ad un progetto raffazzonato che svilisce la propria creatività ed in seguito subire l’iter burocratico di un allestimento da magazzino dell’Ikea durante il riordino merci.

DONNE DONNE DONNE, una mostra tutta al femminile alla Fondazione Remotti

DONNE DONNE DONNE così si intitola la mostra alla Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti a Camogli (Ge). Raccoglie alcune opere della Collezione Remotti di una trentina di artiste. Per quest’occasione la direttrice Francesca Pasini ha scelto mettere in dialogo il linguaggio dell’arte visiva con quello del teatro con la rappresentazione LE SERVE di Jean Genet, con la regia di Emanuela Rolla che è anche una delle interpreti insieme a Margherita Remotti e Gabriella Fossati.

Il 26 novembre alle ore 18,30 si apre con lo spettacolo teatrale, che debutta in questa sede, e alla fine si accendono le luci e si inaugura la mostra. In quel momento si accenderanno le lampadine brillantissime della scritta NOT FOR YOU realizzata da Monica Bonvicini nel 2006. Una scultura che è stata presentata in altre versioni in molti musei internazionali, ma ancora non vista in Italia. La scelta delle opere dalla collezione Remotti abbina il tema del corpo a interpretazioni dei luoghi che raccontano lo sguardo delle donne e la loro guadagnata presenza nella storia dell’arte contemporanea. Si percepisce un discorso forte sulla identità femminile, particolarmente attuale oggi quando il corpo viene utilizzato come status symbol del potere politico, economico, mediatico.

Parasimpatico – Postsimpatico = Pippilotti Rist all’ex cinema Manzoni

Ho letto che Pippilotti Rist vuole ritirarsi a cucinare nel Somerset, in Inghilterra, e mi sono sentita un po’ sollevata perché va detto fuori dai denti: questa volta caro Massimiliano Gioni, secondo me e per quel che vale, hai toppato alla grande. Il meccanismo adottato dalla Fondazione Trussardi ormai è noto: ogni anno viene scelto un luogo milanese chiuso al pubblico e lo si riapre installando una mostra di qualche artista di quelli che conosce pure la massaia che segue l’inserto culturale del Tg2. E fin qui tutto bene, anzi benissimo: luoghi suggestivi, riappropriamento della città, arte per tutti e gratuita, nomi prestigiosi…

Ho sempre apprezzato il lavoro svolto  e ne ho sempre scritto con entusiasmo, ma credo che ora sia arrivato il momento di essere coraggiosi e questa mostra è tutto il contrario. Nulla da dire sulla scelta del luogo, tuttalpiù vorrei sapere come mai una sala cinematografica così maestosa e affascinante sia chiusa al pubblico. Marmi, dipinti e decorazioni in ogni dove che non avrebbero bisogno di nessun evento per essere degni di nota, invece sono stati declassati a sfondo per proiezioni. Riflettendo sui motivi che possono aver portato un’artista a mutilare sia le proprie opere che un luogo del genere con un allestimento così irritante è che si aveva il timore di risultare troppo banali a proiettare video arte in un cinema.

Altro stop per Frank Gehry, il Guggenheim slitta al 2015

La faraonica impresa dell’archistar Frank Gehry e del suo avveniristico Guggenheim di Abu Dhabi, il cui costo si aggira attorno agli 800 milioni di dollari è ormai divenuta una vera e propria fatica proverbiale, un poco come la celebre fabbrica di S.Pietro. Va detto che nei passati mesi la costruzione della prestigiosa istituzione museale è stata giustamente ostacolata da un comitato formato da più di 130 artisti internazionali tra cui svettano i nomi della nostra Monica Bonvicini, di Harun Farocki, Mona Hatoum, Emily Jacir, Shirin Neshat e Tania Bruguera, tanto per citarne alcuni. La protesta riguarda le pietose condizioni di lavoro degli operai locali che attualmente si trovano impegnati nell’edificazione dell’imponente struttura.

Centre Pompidou Metz, cronaca di un successo (non) annunciato

Il Centre Pompidou è un’istituzione non nuova alle trovate di stile ed alle provocazioni. Più di 30 anni or sono, esattamente nel 1977 la venue parigina creata dall’archistar Renzo Piano aveva suscitato enorme scalpore. Le sue forme erano sicuramente azzardate, ma con il senno di poi è facile accorgersi che l’edificio è ormai divenuto parte integrante dell’identità cittadina. Qualche tempo fa vi avevamo parlato della nuova trovata del Centre, vale a dire quella di aprire un nuovo hub a Metz, nella parte orientale della Francia.

Uno strano nido di teflon e legno deve esser stato duro da digerire per la gente di Metz ma dopo le incertezze della prima ora, il Centre Pompidou Metz è riuscito a conquistare il pubblico francese e non solo, bissando il successo del suo fratello maggiore.

Pochi centri per giovani artisti? Marc-Olivier Wahler ne apre due, anzi tre

Di centri per la giovane arte non se ne trovano molti e, come già scritto in un nostro precedente articolo, di musei laboratorio dedicati al supporto ed alla promozione dei giovani talenti se ne trovano ancora meno. Marc-Olivier Wahler, attuale direttore del Palais de Tokyo che verrà sollevato dal suo incarico nel gennaio 2012, di centri per la giovane arte ha intenzione di aprirne ben due.

Il progetto prevede infatti due poli posizionati a Los Angeles e a Parigi che dovrebbero sorgere nel corso della primavera del 2012. I centri prenderanno il nome di Chalet Hollywood e Chalet Society. Lo Chalet Hollywood troverà posto nell’edificio del Los Angeles Contemporary Exhibitions (LACE) mentre il suo equivalente parigino, lo Chalet Society, verrà posizionato in boulevard Raspail. Ma c’è di più: Marc-Olivier Wahler ha intenzione di aprire un terzo Chalet a Marrakech verso la fine del 2012.

East of Eden: il potere evocativo del reale

Dal 14 settembre al 15 gennaio è possibile visitare, presso gli spazi del Ludwig Museum di Budapest, la mostra East of Eden / Photorealism: Versions of Reality a cura di Nikolett Erőss.

Il fotorealismo, fenomeno che ha preso piede per lo più negli anni sessanta, è visto qui con un’attenzione particolare a quelle che sono le dinamiche socio-politiche che hanno attraversato gli anni della guerra fredda.

Le diverse mostre che hanno più volte affrontato questo aspetto si sono focalizzate sul versante degli artisti occidentali; invece scopo di questa mostra itinerante, che ha attraversato prima Vienna poi Aquisgrana, è di mettere in luce analogie e differenze attraverso l’analisi degli artisti che hanno operato al di là della cortina di ferro, lungo la sfera d’influenza sovietica.

Christian Haake: l’illusione della memoria

Cos’è la memoria se non il nostro bisogno di restituire un sistema di valori al fluire inconsapevole del tempo. Come essa è in grado di modificare la percezione della realtà?Sono questi i temi affrontati nel lavoro di Christian Haake, per la prima volta protagonista di una personale al GAK Gesellschaft für Aktuelle Kunst a cura di Janneke de Vries.

La ricerca di Haake verte da tempo proprio sulla costruzione di memorie fittizie, edificate attraverso il filtro personale dell’esperienza dell’artista e denunciabili attraverso minimi dettagli. Quest’ultimi, rivelandone ad un’attenta analisi, la natura artificiosa, mettono in risalto un processo di mistificazione che nella quotidianità assume una connotazione ambigua e difficilmente riconoscibile.

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