La pittura è morta, meglio il disegno

L’abbiamo detto più volte nel corso della nostra avventura digitale: la pittura italiana secondo molti detrattori sembra essere in un periodo di nera crisi. Molte testate giornalistiche dedicate all’arte sono concordi nell’affermare che la pittura contemporanea sia ormai appannaggio del Regno Unito, della Germania e degli Stati Uniti.

Anche la critica italiana, per sua natura autolesionista e bacchettona, condanna i suoi nuovi pittori come vetusti, fuori luogo e manieristi. Insomma  non è certo un buon momento per inventarsi pittori, ora che persino coloro che da sempre hanno utilizzato questa tecnica stanno migrando verso i lidi più modaioli dell’installazione e via dicendo.

La Crisi e le bufale dell’arte made in Cina

 

La crisi economica è una questione talmente popolare che ormai ha quasi sostituito le disquisizioni meteorologiche.  Ogni testata d’arte o blog che si rispetti possiede un approfondimento sulle relazioni tra crisi economica e mercato dell’arte e ovviamente c’è chi dice che quest’ultimo stia tenendo alla grande e c’è chi dice che si stanno registrando notevoli flessioni nelle aste, nelle fiere e persino nelle vendite delle gallerie. Certo è che il mercato dell’arte è un sistema sostenuto da persone più che benestanti e può essere quindi toccato in maniera del tutto relativa dalla crisi.  Tra le ultime notizie c’è comunque l’importante ridimensionamento del mercato dell’arte cinese, come si evince dalle statistiche di Artprice, un sito che si occupa di raccogliere tutti i risultati delle aste internazionali.

L’arte del ripetersi

Da tempo Globartmag riflette su ciò che avviene all’interno della scena del contemporaneo del Belpaese. Al di là di inutili polemiche ciò che salta miseramente all’occhio è che l’arte italiana non ha più la forza e la voglia di rischiare, di forzare le barricate tentando una disperata ma in certi casi salvifica corsa fuori dalla trincea .

Da tempo immemore oramai le nuove generazioni di artisti prediligono il concetto di riconoscibilità estetica dell’opera in funzione di un sistema dell’arte nostrano che diviene così pericolosamente simile a qualsiasi altra manifestazione commerciale industriale.  Il prodotto artistico deve essere rigorosamente associato al nome dell’artista e questi deve per forza di cose apparire in prima persona su riviste di settore e quanto altro rivendicando la paternità della propria opera. In virtù di ciò l’appassionato, il collezionista ed il curatore saranno ben consci sul chi ha fatto cosa e sapranno ben riconoscere l’arte di un determinato artista anche al primo fuggevole sguardo.

In sostanza l’artista soccorre il fruitore d’arte contemporanea tranquillizzandolo con opere racchiuse in un unico e grande brand alla stregua di qualsiasi altro prodotto impilato sugli scaffali del supermercato. Il vero problema è che tutto questo ripetersi di soggetti e di concetti in salse e colori diversi all’insegna dello slogan “squadra che vince non si cambia” qiu tradotto in “opera che vende non si cambia” rischia di creare un controsenso ideologico e temporale in cui il lavoro di un determinato artista perde totalmente il proprio significato iniziale, se ne aveva uno.

Il bello della crisi

Di crisi ne abbiamo parlato molto, ne hanno parlato in tanti. Giornali, webmagazines e blogs di tutto il mondo hanno lasciato scorrere fiumi di nero inchiostro sopra questo periodo di recessione dell’arte, gettando appassionati e addetti del settore nel più profondo sconforto. Eppure anche in questo tetro frammento di tempo in cui le gallerie vendono meno, le istituzioni museali tagliano il personale e Sotheby’s non riesce a pagare i suoi movimentatori, ci deve esser per forza qualche nota positiva. Noi di Globartmag abbiamo provato ad analizzare i possibili giovamenti della crisi.

Per gli artisti e le gallerie: con meno vendite facili in giro si è costretti a focalizzare la propria ricerca sulla qualità. Ciò significa che la crisi attuerà una reale selezione naturale in cui il superfluo lascerà il posto al necessario elevando in tal senso i contenuti estetici, formali e filosofici di ogni opera d’arte e di ogni evento. In seconda battuta la chiusura di locali commerciali ed il successivo calo del prezzo degli immobili rappresenterà un ottimo investimento per gli artisti che sono ancora in cerca di uno studio a buon mercato (basti pensare a Soho, New York nel 1970) .

Senza critica la situazione è critica

Benvenuti nell’universo uniformato dell’arte contemporanea, già perché da quanto si evince dalle notizie presenti sui maggiori magazines d’arte italiani, in questi ultimi anni stiamo assistendo al trionfo del bello e della creatività nazionale. Ed allora perché l’arte contemporanea del nostro paese stenta ad imporsi sulla scena internazionale? Dove mai saranno finiti gli eventi male organizzati e gli artisti della domenica?

La quasi totale mancanza di una piattaforma critica coerente è un male diffuso in Italia, un problema annoso che rischia di appiattire l’arte contemporanea su di un unico livello estetico dove tutto è considerato di buona qualità ed ogni artista compie una sua personale ricerca su qualcosa di interessante e sperimentale. Il risultato di questa inutile piaggeria e che gli artisti realmente meritevoli di attenzione così come gli eventi ben riusciti non riescono ad emergere, uniformandosi al resto e pregiudicando un futuro sviluppo sia creativo che tecnico di coloro che potrebbero rappresentare un cambiamento nel vasto mare dell’arte contemporanea nostrana.

Collezionisti under 50

Ecco a voi la prima parte della lista di collezionisti Under 50 lanciata da Modern Painters . Andiamo a vedere chi sono i più giovani collezionisti della scena internazionale:

Mohammed Afkhami
Dubai/New York
Managing partner di MA Partners dmcc, colleziona in prevalenza arte contemporanea del Medio Oriente.

Laura and John Arnold
Houston
John Arnold, il re del gas naturale e sua moglie Laura, vivono in una casa cubista e collezionano prevalentemente arte contemporanea.

Haro Cumbusyan and Bilge Ogut-Cumbusyan
London/Istanbul
I coniugi collezionano prevalentemente video e new media. Si sentono a loro agio con le “nuove tecnologie e tutto quello a cui bisogna attaccare dei cavi” a loro detta.

La top 200 dei collezionisti di ARTnews

 

Eccoci Finalmente giunti alla fatidica top 200 dei collezionisti più famosi del mondo stilata ogni anno dal prestigioso magazine ARTnews.  Se siete artisti ed avete voglia di farvi comprare qualche opera non esistate a contattare questi veri e propri tycoon dell’arte. Noi possiamo solo aggiungere che i collezionisti italiani sono come al solito grandi assenti all’interno di questa lista. Gli unici a comparire sono Miuccia Prada e Patrizio Bertelli. Ma quelli, si sa, sono una conferma.

Shelley Fox Aarons and Philip E. Aarons
New York
Real estate
Contemporary art

Roman Abramovich and Dasha Zhukova
Moscow
Steel, mining, investments, and professional soccer
(Chelsea Football Club)
Modern and
contemporary art

Paul Allen
Seattle
Computer software and sports franchises
Impressionism; Old Masters; modern and contemporary art

María Asunción Aramburuzabala
Mexico City
Beverages and investments
Modern and contemporary art

50 nomi da collezionare…tra 10 anni

Adrian Ghenie

Selezionare una lista di artisti più collezionati del momento non è certamente cosa facile, visto che i risultati delle aste cambiano di giorno in giorno. Se poi l’obiettivo è quello di fornire una lista di nomi su cui vale la pena scommettere in futuro, allora la missione diventa quasi impossibile. Ovviamente un magazine superspecialistico come Art+Auction non si fa certo spaventare dalle missioni impossibili.

Ecco quindi che nel nuovo numero la celebre rivista ha deciso di sciorinare i nomi di ben 50 artisti che nel prossimo futuro saranno molto gettonati nelle aste internazionali. Ovviamente i risultati di questa lista si potranno vedere in un periodo abbastanza lungo. Si stima infatti che per poter raggiungere delle quotazioni da capogiro bisognerà attendere dai 10 ai 30 anni. Ovviamente la cosa potrà dar sorridere il pubblico ma il vero collezionista deve saper come “far invecchiare il vino buono”.  Un dato assai positivo di questa lista è la massiccia presenza di opere pittoriche. Anche se la pittura è data per spacciata da più parti, le aste ed il collezionismo in genere la ritiene molto più allettante di tante altre manifestazioni creative. Il dato negativo è invece l’ormai cronica assenza di artisti italiani all’interno di queste “liste”. Anche se le hit list non ci sono mai piaciute va detto che i nostri artisti, al di fuori dei confini nazionali, sono sempre più ignorati. Comunque sia, ecco la lista:

A che ora è la fine della fiera?

Cronaca di una morte annunciata o periodo di stanca che prima o poi passerà? Difficile a dirsi, ma questo periodo che tutti chiamano “crisi economica” è decisamente molto più complesso di ogni altro periodo di depressione. L’economia c’azzecca fino ad un certo punto, visto che i paurosi scivoloni delle fiere d’arte contemporanea made in Italy non riguardano solo le vendite ma soprattutto le presenze dei collezionisti e del pubblico in generale,in netto ribasso,  un calo d’attenzione diffuso da cui bisogna per forza di cose uscire se si vuole sopravvivere.

Roma contemporary è l’ultimo episodio in ordine di tempo di una situazione di stanca generale del mercato, segno evidente che se Roma, Torino, Bologna e Milano vogliono continuare ad esistere si dovrà rivedere l’intera formula fieristica. Così come siamo combinati, la fine è già scritta in questa equazione: meno allure = meno collezionisti / meno collezionisti = meno gallerie/ meno gallerie = meno prestigio/ meno prestigio = meno collezionisti ed il cerchio si chiude.  

Collezionare in Svizzera senza pagare le tasse

Le tasse sono un argomento scomodo per chiunque, figuriamoci quando si parla di arte contemporanea. Ovviamente, come ogni tipo di compravendita, anche le vendite di opere d’arte devono sottostare alle ferree leggi del sistema fiscale. Ad aggirare l’ostacolo ci si prova in tutti i modi, i dealer vendono sottobanco e gli artisti vendono a studio, lontano dagli occhi indiscreti. Noi siamo certi che gli evasori rappresentino  una piccola parte del nostro sistema ma un articolo recentemente pubblicato da CNBC potrebbe gettare alcune ombre sul versante arte e fisco, lasciando presagire che le pecore nere siano molte ma molte di più.

Il problema è stato sollevato da Pierre Valentin, avvocato specializzato nel mercato dell’arte che ha dichiarato quanto segue: “Molte assicurazioni si sono rifiutate di assicurare opere custodite in Svizzera perché in tale nazione sono conservate troppe opere in poco spazio. Vi sono capannoni stracolmi d’arte.

C’è la crisi ma non per le aste di arte contemporanea

Il destino dell’Unione Europea è nelle mani di Atene e le mani di Atene sono mani di burro. Giusto oggi, la prima pagina de la Repubblica è occupata dalla profonda crisi ellenica e pare che la popolazione sia ormai nel più completo sconforto. Non a caso sono in molti ad aver già ritirato i propri contanti dalle banche. Insomma la crisi è una brutta bestia ed è chiaro che non la Grecia non è la sola nazione ad avere l’acqua alla gola. Eppure non possiamo non notare un fatto assai curioso vale a dire la totale disomogeneità tra il sistema economico mondiale ed il mercato dell’arte.

Già perché se il mondo non riesce più a scendere a patti con l’ormai imperante crollo dei mercati finanziari, le compravendite di beni di extra lusso come le opere d’arte, dopo aver subito un leggero contraccolpo dovuto alla bolla speculativa innescata da Hirst, sono risalite alla grande totalizzando una lunga serie di record. Ad inizio mese un’asta di arte contemporanea che ha avuto luogo da Christie’s New York ha totalizzato la bellezza di 388 milioni di dollari di bottino mentre Sotheby’s ha chiuso con tutti i lotti venduto per un totale di 266 milioni di dollari.

Ritrovata un’opera eseguita da Andy Warhol a…11 anni

Cosa ne pensate di Andy Warhol? Beh, che vi piaccia o no, il mitico re della pop art americana è certamente uno dei protagonisti più noti dell’arte contemporanea. Le sue opere, prese in prestito dalla cultura di massa sono in seguito divenute vere e proprie icone di quest’ultima e molte di esse. Un processo dirompente che non sembra arrestare il suo inesorabile tragitto verso l’olimpo.

Me se Warhol è uno degli artisti più amati dagli amanti dell’arte di tutto il mondo, va detto che anche i collezionisti vanno letteralmente pazzi per il suo parruccone patinato. Quando si parla di mercato dell’arte e di aste internazionali non esistono Minimalismo o  Nuova Scuola di Lipsia che tengano, il mitico Andy Warhol è sempre il padrone incontrastato. A riprova del fatto, la scorsa settimana alla vendita londinese di Sotheby’s, l’opera Double Elvis, quella con Elvis Presley ritratto con il vestito da cowboy indosso, è riuscita a totalizzare la bellezza di 37 milioni di dollari.

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