Alessio Pistilli a Rebacco Wine Art+Showroom

Il 23 febbraio 2013 inaugura, presso gli spazi di Rebacco Wine Art+Showroom, la mostra personale di Alessio Pistilli intitolata En To Pan e curata da Maila Buglioni.

In mostra una serie di dipinti dove atmosfere desolate in stile dechirichiano fanno eco ad un mondo in cui il denaro si offre come unico Dio.

It’s a strange (art)World

 L’artista inglese James Reynolds ha ricreato una serie di bizzare installazioni ricavate dai pasti scelti dai prigionieri del braccio della morte come ultimo desiderio culinario prima dell’esecuzione. Il giovane artista di 23 anni ha riempito i vassoi originali delle case circondariali con tutti i i cibi scelti dai morituri, la lista è decisamente stravagante e comprende una singola oliva nera o una cipolla e due bottiglie di Coca cola.

Arrivano gli artisti nord-coreani ma le loro opere sono statali

 Situata in un tranquillo angolo del modaiolo art district 798 di Pechino, una galleria d’arte presenta da diverso tempo una proposta artistica del tutto inusitata. La collezione di dipinti ad olio e di statue messe in mostra dallo spazio espositivo potrebbe essere comparata a quella di qualsiasi altra galleria d’avanguardia del celebre distretto artistico ma le opere in questione hanno una particolarità, sono state create da artisti che poco sanno della scena contemporanea internazionale poiché provengono dalla Corea del Nord.

La Jinghesheng Investment Company ha infatti iniziato una collaborazione con la Repubblica Democratica Popolare di Corea ( questo il nome ufficiale dello stato della Corea del Nord) intesa a esibire e vendere 60 dipinti ad olio ed altre 30 opere made in Corea. “Le opere sono state accuratamente selezionate dal ministero della cultura coreano” Ha dichiarato il direttore della galleria Li Xuemei “Anche se le opere d’arte provenienti dalla Corea del Nord sono disponibili in alcune gallerie della Cina la loro provenienza potrebbe non essere certa. La nostra proposta artistica ha una provenienza assolutamente certificata”.

Il MoMa rifiutò un’opera regalata da Andy Warhol

La notizia è a dir poco incredibile ed è un vero e proprio schiaffo alla tanto decantata lungimiranza delle grandi istituzioni museali internazionali.  Aggiungiamo che solitamente i musei non hanno molto sense of humor ma questo particolare non sembra interessare al MoMa, Museum Of Modern Art di New York che di ironia sembra averne parecchia, persino l’autocritica sembra sia una dote del celebre museo. In un recente post sull’account ufficiale del MoMa su Twitter si apprende infatti l’esistenza di una lettera di rifiuto che il museo avrebbe mandato nientemeno che ad Andy Warhol nel 1956.

Per essere bella l’arte non deve avere un messaggio

 Voi da che parte state, siete amanti del figurativo o del concettuale? siete convinti che l’opera d’arte deve sempre nascondere un significato o per voi l’arte deve essere libera da ogni senso logico e filosofico? Insomma esistono diversi modi di avvicinarsi all’arte contemporanea ed interpretarla. Secondo il grande video artista americano Stan Brakhage un’opera d’arte deve essere creata secondo una personale mitopoiesi, ancorarsi cioè ad una forma di mitologia e filosia estetica e formale tratta dal proprio immaginario e non da  testi, films, musica e spunti creativi di sorta partoriti dalla mente di qualcun’altro.

Leggendo il blog del critico inglese Jonathan Jones possiamo invece apprendere alcune divertenti ed intelligenti disquisizioni sull’esegesi e sulla genesi di un’opera d’arte. Secondo Jones l’arte per essere interessante non deve parlare di nulla. In effetti il critico asserisce che più si spiega di cosa parla un’opera e più la si rende meno interessante. C’è da dire che girando abitualmente per mostre e fiere è possibile assistere alla spiegazione di una data opera da parte del gallerista o del suo creatore e tale pratica si trasforma solitamente in un’improbabile arrampicata sugli specchi infarcita di collegamenti a questa o quella ricerca stilistica ed estetica del tutto raffazzonati alla meno peggio.

Molly Crabapple, regina della Burlesque Art

 come forse molti di voi avranno notato negli ultimi anni la società si è lasciata catturare dai languidi richiami del Burlesque. In sostanza il Burlesque è una tipologia di spettacolo parodistico nato in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento e successivamente migrato con successo negli Stati Uniti. Lo spettacolo consiste in danze perlopiù a sfondo satirico e furbescamente sexy eseguite da ballerine corredate da corsetti,guepierre, giarrettiere, boa ed altri tipi di lingerie in un turbinio di colori vistosi ed acconciature sapientemente ricercate.

Dagli anni novanta ad oggi il burlesque è stato protagonista di un prepotente ritorno, è nato quindi il new burlesque che ha proiettato nello star system nomi come Dita Von Teese,Miss Dirty Martini, Julie Atlas Muz, le Pontani Sisters e Cecilia Bravo. Anche numerose star dello spettacolo come Madonna, Christina Aguilera, Gwen Stefani e Marilyn Manson si sono lasciate affascinare dal ritorno di questo movimento.

La pittura ha ancora un senso

Le possibilità espressive e creative delle arti visive hanno subito una rapida espansione durante il corso del ventesimo secolo, Marcel Duchamp ha inventato il ready made e successivamente nel corso degli anni sessanta e settanta il proliferare di nuove tecniche come l’installazione, la performance, la land art, la body art, la video arte e la fotografia (non ultima quella digitale) sembravano aver dichiarato a morte la pittura.

Eppure negli scorsi anni la pittura ha incominciato un lento ma inesorabile cammino di ritorno riguadagnando prestigio tra collezionisti ed istituzioni e riconfermandosi regina di aste e compravendite di mercato. Ne aveva avuto il sentore il Centre Pompidou di Parigi nel 2002, presentando la mostra Cher Peintre, Lieber Maler, Dear Painter e profetizzando il ritorno ad una certa forma di pittura figurativa. Successivamente tra il 2004 ed il 2005 Charles Saatchi presentò a Londra una serie di tre mostre intitolate The Triumph of Painting.

Moba, il museo dell’arte brutta

La lista delle istituzioni museali internazionali dedicate all’arte contemporanea è decisamente lunga, si potrebbe dire infinita. Anche in Italia i musei d’arte contemporanea spuntano come funghi e non vi è dubbio che il successo delle grandi manifestazioni internazionali altro non fanno che incoronare le arti visive della nostra epoca come le più seguite di sempre.

A questo successo di critica e botteghino molte volte fa da contrappunto la disarmante bruttezza sia in termini formali che filosofici di alcune opere che devono per forza trovare un salvifico palliativo nelle parole di curatori e critici i quali servono ad indorare la pillola al pubblico pagante, glorificando il lavoro dell’artista di turno. Insomma non si tratta di un fenomeno tutto italiano, dell’arte brutta n’è pieno il mondo. Musei e gallerie propongono a volte progetti talmente flebili e volgari che la loro insulsa pretestuosità sembra essere l’unico guizzo di sperimentalismo e la sola pregevolezza estetica.  Di questo devono esserne assolutamente certi alcuni signori di Boston che hanno deciso di fondare nell’autunno del 1993 il Moba, Museum of Bad art, l’unica istituzione museale privata al mondo ad esporre arte decisamente e volutamente brutta.

La pittura è morta, meglio il disegno

L’abbiamo detto più volte nel corso della nostra avventura digitale: la pittura italiana secondo molti detrattori sembra essere in un periodo di nera crisi. Molte testate giornalistiche dedicate all’arte sono concordi nell’affermare che la pittura contemporanea sia ormai appannaggio del Regno Unito, della Germania e degli Stati Uniti.

Anche la critica italiana, per sua natura autolesionista e bacchettona, condanna i suoi nuovi pittori come vetusti, fuori luogo e manieristi. Insomma  non è certo un buon momento per inventarsi pittori, ora che persino coloro che da sempre hanno utilizzato questa tecnica stanno migrando verso i lidi più modaioli dell’installazione e via dicendo.

Henry Darger l’eterno outsider

copyright Henry Darger

Henry  Darger (1892-1973), è oggi considerato un grande esponente della corrente artistica Outsider art, termine coniato nel 1972 dal critico d’arte inglese Roger Cardinal per raggruppare artisti autodidatti o i creatori di arte naïve che non si sono mai istituzionalizzati.

Darger visse per tutta la sua vita nel totale anonimato, tanto che di lui si conservano solo tre ritratti fotografici. Si presume sia nato nel 1892 e passò l’intera infanzia in un manicomio, solo alla morte del padre nel 1908 si trasferì a Chicago dove trovò un modesto impiego per i successivi cinquanta anni della sua vita.

Tsibi Geva all’Horcynus Festival

Inaugurazione della mostra di Tsibi Geva, 30 luglio ore 19,30, Capo Peloro, Torre degli inglesi, sale del Cinquecento. Anteprima europea.  Tsibi Geva è uno degli artisti più noti del panorama israeliano e internazionale. Figlio di uno dei maggiori esponenti del Bauhaus d’Israele, Tsibi Geva nasce in un kibbutz e lavora e vive a Tel Aviv. Pittore di forte tratto espressionista, da sempre pone al centro del suo lavoro, che esplora la propria identità e quella del suo paese, gli elementi della terra: le piante, i fiori, il cielo.

Per la decima edizione dell’Horcynus Festival, e pensando a uno speciale allestimento all’interno delle splendide sale del Cinquecento della Torre degli inglesi ¬- che sorveglia Capo Peloro, la Cariddi del mito – ha ideato una mostra di circa quaranta dipinti che ha come tema dominante gli uccelli. Da qui il titolo: The bird inside stands outside. Una parte significativa di queste opere verrà donata all’archivio della Fondazione Horcynus Orca.

Chuck Close ed il filtro photoshop gratuito

Cosa succede se uno degli artisti più ricchi del mondo ti ordina di non creare più le tue opere d’arte? Gli dai retta o continui per la tua strada, infischiandotene? Questa bizzarra vicenda si è sviluppata non molto tempo fa ed ha come protagonisti principali il celebre artista Chuck Close e Scott Blake, giovane ed intraprendente digital artist. Nel 2001, Blake iniziò a lavorare al suo Chuck Close Filter, un’idea nata dopo aver partecipato e vinto gli Adobe Design Achievement Awards per il Barcode Jesus, un filtro per il famoso programma di fotoritocco Photoshop.

Dopo aver studiato attentamente ogni singola tessera che va a formare i celebri ritratti di Close, Blake riuscì a mettere a punto un filtro fenomenale, capace di riprodurre all’istante i dipinti del grande artista, partendo da una semplice foto. Sette anni dopo, nel 2008, grazie alla connessione a banda larga, l’artista riuscì a mettere online il filtro. A quel punto però, Chuck Close si accorse del fattaccio e spedì una mail a Blake.

I parenti dei maestri

Dick Hals

Vivere all’ombra di un maestro non è una situazione semplice da digerire. Pensate ad esempio a tutti quei figli d’arte, quei nipoti o altri parenti che hanno tentato la strada dei loro più illustri congiunti senza però riuscire a cavare un ragno dal buco. Anche se dotati di una discreta tecnica, i parenti dei “famosi” non sono mai riusciti a guadagnare un seppur minimo briciolo di fama ed i loro nomi sono stati cancellati dai libri di storia dell’arte. Con questo articolo vorremmo ridare un poco di lustro a questi nomi ormai dimenticati:

Dick Hals, fratello più piccolo di Frans. I volti dei protagonisti dei suoi dipinti non hanno di certo la stessa cesellatura del suoi più illustre fratello ma non per questo da buttar via completamente.  José Ruiz Blasco è l’autore di questi galli improponibili. Eppure non trattalo male, è il padre di Pablo Picasso.  Francisco Pacheco del Río , all’età di 36 anni contrasse matrimonio ed ebbe una figlia Juana, nata nel 1602 che sposerà il suo allievo più famoso Diego Velázquez.Ovviamente la pittura di Pacheco è di stile squisitamente manierista.

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