Giovedì difesa: Buttafuori

Buttafuori è una sit-com italiana. La trovate su flop tv in brevi spezzoni di pochi minuti. In verità è stata anche trasmessa in prima visione TV nell’estate del 2006 su Rai 3 in otto puntate di trenta minuti ciascuna, passando quasi inosservata.

La serie è prodotta dalla Wilder per il Nucleo produttivo satira di Raitre. Ne è stata realizzata una sola stagione. Leggo che la messa in onda di cui non mi sono mai accorto era in prima tv per 8 venerdì dalle ore 20.30 alle ore 21.00, fascia oraria che in quel periodo, dal lunedì al giovedì, era occupata dalla prima stagione di Un posto al sole d’estate. Quindi frequentata da tutt’altro fruitore, per dirla breve fascia oraria, comunicazione e programmazione di un prodotto rivolto a me che mi hanno “mancato” completamente come target. Infatti non mi è arrivata.

L’ultima “Devozione” di Gian Maria Tosatti

Si chiude con un Testamento il ciclo di installazioni ambientali intitolato Devozioni e sviluppato da Gian Maria Tosatti dal 2005 ad oggi. Questa decima tappa, curata da Alessandro Facente e prodotta dalla Fondazione VOLUME!, rappresenta l’apice di una sofferta meditazione sul tempo e sulla memoria dove la totalità dell’esperienza umana appare come un grande silenzio fra due pensieri, un silenzio riempito dal lontano e disturbato suono di un messaggio radiofonico.

La solitaria missione esplorativa del fruitore all’interno della Torretta dell’ospedale San Camillo di Roma diviene un tentativo estremo di afferrare la realtà attraverso ciò che di essa rimane, in un’ascesa fisica proporzionale ad una discesa della coscienza all’interno del ricordo.

The Road to Contemporary Art riaccende Roma

Oltre le critiche negative e le polemiche di turno, l’edizione di Roma the Road to Contemporary Art, manifestazione fieristica che per il secondo anno si è tenuta nei prestigiosi spazi del Macro Future, ha centrato nuovamente il bersaglio, confermandosi come kermesse di tutto rispetto e capace di attirare un folto pubblico di collezionisti e semplici appassionati.

Sarà per la bellezza della location o per lo spirito raccolto e frizzante, sta di fatto che questa fiera romana a noi piace e non nascondiamo le nostre preferenze. Certo si potrebbero fare molte illazioni e speculazioni come la mancanza di side events di un certo spessore o come le ridotte dimensioni dell’offerta espositiva ma il tiro al bersaglio non è sempre salutare. The Road to Contemporary Art arriva nel bel mezzo di una vera e propria tempesta all’interno del settore culturale di questo martoriato stivale, tempesta che si è abbattuta con maggiore violenza sul territorio capitolino.

Giovedì Difesa: Non bussare alla mia porta

Facendo un passo indietro da giovedì scorso c’è invece un Wenders che non esibisce e che, dicendo di meno e nascondendo qualcosa, forse esprime un pò di più. Evidentemente sostanziale il contributo alla sceneggiatura di Sam Shepard, già ammirato nell’ottimo Paris, Texas. Il tutto tratto da un buon soggetto di Gus Van Sant.

Stavolta il film le promesse le mantiene, anche se rimanevo comunque infastidito da qualcosaLa fotografia ispirata ai dipinti di Hopper è strepitosa, poi il conflitto, il vuoto interno dei protagonisti, una ricerca incomprensibile della libertà ma anche della verità nascosta dietro alle proprie stesse tracce, tutto mi era affine. Eppure un punto era presente dal quale non mi riuscivo a staccare, qualcosa che mi innervosiva, qualcosa di sbagliato.

Giovedì Difesa: Palermo shooting

A me Wenders piace spesso, e il primo Wenders oltre modo. Anche alcune cose recenti erano ancora state pienamente di mio gusto. Così decido, da buon siciliano, di vedermi questo Palermo shooting, del 2008.

Gli ingredienti che fanno al caso di Wenders ci sono tutti: la fotografia in primis. È infatti la storia di un fotografo di successo in crisi esistenziale… poi c’è il viaggio, la sicilia, il Trionfo della Morte, il dipinto palermitano che da il senso onirico e sotteso a tutto. I titoli di coda, infine sono aperti da una dedica a due registi morti lo stesso giorno, durante la lavorazione del film, l’amico Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman, venuti a mancare entrambi il 30 luglio 2007. Perfino questo ha a che vedere col film e con la poetica. Peraltro Dennis Hopper nel film, nel ruolo, appunto, della Morte, è davvero affascinante.

Letture di Difesa: Oltre ogni limite

“Leggo per legittima difesa.” (Woody Allen)

Così decido di iniziare una rubrica sulla lettura. Lo farò con scadenza mensile, con preferenza l’ultima settimana di ogni mese. Giusto una piccola recensione di un libro appena letto. Ho la fortuna di poter iniziare da un’amica e ottimo critico d’arte. Oltre ogni limite è il primo libro di Micol Di Veroli, edito quest’anno per la DEd’A Edizioni, che verrà presentato oggi alle 18:30 presso la Sala Forum di Palazzo delle Esposizioni (via Milano 15/17 – Roma)

Il libro ha una in se una dimensione didattica. È esplicitamente volto a far avvicinare con una lettura abbastanza facilitata un pubblico eterogeneo alle stranezze e bizzarrìe, talvolta apparentemente incomprensibili, dell’arte dell’ultimo periodo. Si spazia da Beuys e De Dominicis, passando per Cattelan, Hirst, Gilbert e George e altri, fino ad alcuni artisti under 40. Decido tuttavia che l’elemento su cui voglio soffermarmi non è la scorrevolezza. Ci sono effettivamente spunti narrativi e descrittivi molto piacevoli ma c’è anche dell’altro. Ovvero una teoria.

Giovedì Difesa: Boris

 Boris è una serie televisiva italiana prodotta dal 2007 e giunta alla sua terza edizione. Narra le vicende dei dietro le quinte dell’immaginaria fiction italiana: Gli occhi del cuore.

Il regista Renè Ferretti mentre gira la fiction, tiene sempre vicino a se un pesce rosso chiamato Boris, in onore a Boris Becker. I suoi pesci rossi hanno infatti tutti nomi di tennisti. In un certo senso si potrebbe pensare che è Boris che gira gli occhi del cuore. Renè infatti sente molto stretto il lavoro e cerca come può, nell’arco delle tre serie, di mostrare la sua vera bravura di regista.

La Costa d’Avorio e l’attualità di “Nadro”

Un cuscino di silenzio avvolge la Costa d’Avorio. Sembra inglobata in un’altra dimensione dove le notizie corrono solo su binari di pochi e il grande pubblico ignaro è all’oscuro di quello che sta accadendo in questi mesi e ancor di più in questi ultimi giorni. Forse gli avvenimenti poi non sono così casuali e capita alcune volte di percepire la trama del destino  e soprattutto di esserne parte anche nella piccolezza della tua quotidianità sei chiamato a soffermati e porre un accento su delle situazioni che seppur lontane dovrebbero toccarci e renderci portavoce per chi soffre ed è impossibilitato a difendersi. Un faro dovrebbe illuminare tutti i paesi straziati dalle guerre e forse la notte ci potremmo accorgere di quanti focolai siamo circondati.

Questo rappresenta l’incontro, organizzato dalla Dottoressa Maria Giovanna Tumino, svoltosi lunedì 18 aprile nell’Aula Magna dell’Università di Conservazione dei Beni Culturali a Viterbo. Nell’ambito delle lezioni di Storia dell’Arte dei Paesi Europei II della professoressa Patrizia Mania è stato proiettato il film “Nadro, colui che non dimentica” (1998) sulla vita di Frédéric Bruly Bouabre, regia di Ivana Massetti. Quanto mai attuale e sincero. Uno spaccato di quello che non sappiamo perché non lo possiamo vedere con i nostri occhi è stato filmato con sapiente umanità e con assoluto rispetto. La vita di questo grande artista e la sua Costa d’Avorio così difficile e dilaniata.

What is a human being? – VIR Open Studio @ ViaFarini In Residence

Dovete sapere che in via Farini, a Milano, c’è proprio tutto: c’è il Brico, c’è il negozio Tutto a un euro e più, ci sono almeno una trentina di kebabbari e poi ci sono gli appartamenti dove l’associazione ViaFarini ospita le residenze d’artista. Un paio di settimane fa mi son fatta coraggio e sono andata a vedere cosa ha creato la congiuntura di questi luoghi: VIR Open open per Memories and encouters, il ciclo espositivo iniziato nel 2009 dell’operato degli artisti in residenza.

Per tre mesi Giorgio Guidi, Jaša e Matthew Stone hanno vissuto in appartamenti adiacenti e condiviso lo studio al piano terra della palazzina al numero 35 di via Farini. Il risultato? Un’esposizione fuori dagli schemi, irriverente e coinvolgente. Tre artisti che conducono ricerche estetiche diametralmente opposte, ma accomunati  dall’interesse per il rapporto che si crea tra opera e spettatore. E qui ci sarebbe da soffermarsi, perché, se tre ragazzi nati tra il ’78 e l’82, e non credo siano casi isolati, pur percorrendo strade diverse puntano allo stesso bersaglio, forse qualcosa vuol dire.

Un lungo sospiro di sollievo – Fleeting Beauty da Nicoletta Rusconi

Respira a lungo, senti: il profumo è cambiato, aria di primavera. Così entrando nella galleria di Nicoletta Rusconi di Milano sembra che una brezza lieve accarezzi la faccia: colori tenui, fiori, ricami, una potente dose di femminilità. Eppure si sa che le donne nascondono sempre una faccia e il trabocchetto è dietro l’angolo. Il pretesto per unire l’operato di queste due “giovani” artiste è una riflessione necessaria sul concetto di bellezza, un tempo fondamento della ricerca artistica, oggi soppiantato da altre necessità come il disgusto o lo scandalo(ma davvero abbiamo queste necessità?).

Eppure di bellezza ne avremmo bisogno e ancor di più di riflessione su, perché, per assurdo, nella società dell’immagine si è perso il contatto con la sublimazione della bellezza nelle forme di espressione artistica.Questa certo è una necessità per me, che credo poco nel botulino e molto invece nella complessità dietro ad una parola così abusata come bellezza: oggi tutto è bello o brutto, ma non si spiega mai il perché.

Giovedì Difesa: Rubber

Sapete perchè nel film di Spielberg ET l’alieno è marrone? nessuna ragione (…) in tutti i grandi film c’è un elemento senza nessuna ragione, perchè la vita stessa è senza ragione… questo film è un omaggio alla più grande forza ed elemento di stile esistente: l’irragionevole.”

Più o meno, la mia traduzione non è perfetta, il film inizia così… nominando i molti elementi irragionevoli presenti in molti film di successo. Usa sempre ossessivamente “no reason”, mentre io sono costretto a usare nessuna ragione, senza ragione, irragionevole.

Dovrei smettere di andar per fiere – MiArt 2011

Potevo non andarci? Non avevo mica voglia, ma poi tutti mi avrebbero chiesto ci sei stata e ad ammettere la propria pigrizia (mica intellettuale né) non ci si fa bella figura. E poi diciamolo c’erano solo 31° gradi fuori un po’ di luce di neon fa bene alla pelle. Il problema è che il rischio che la fiera uccida l’arte è alto e ti ritrovi a pensare forse mi sto disinnamorando. Non è bello.

Vorrei quindi concentrarmi sugli aspetti positivi di questo MiArt che si è presentato come innovativo, ma l’effetto della comunicazione era un po’ che il mio catetere è nuovo di zecca, mica il resto… Dicevamo, le cose positive: positivo il numero di cento gallerie, abbastanza ma non troppe. Certo la gestione degli spazi era un po’ a sfavore delle “nuove” in quel corridoietto risicato all’ingresso, ma son dettagli. Buoni i servizi, scusare se è poco ma c’erano sushi da un lato e angolo americano dall’altro, con bagel e leccornie, poi se uno preferisce comunque un rustichello affari suoi. Positivo il tentativo di fare rete, coinvolgendo diverse realtà nell’organizzazione degli eventi collaterali.

Giovedì Difesa: La villa di lato

La villa di lato è una mini serie, o meglio una serie di cortometraggi, in 11 puntate edite nel 2009 per la regia di Marcello Macchia, che in questo caso si firma Ennnio Annio. Come attore della serie si firma invece Maccio Capatonda, nome col quale è famoso agli amanti del genere. Marcello Macchia è inoltre il fondatore a Milano della Shortcut production assieme ad Enrico Venti.

Si tratta di una parodia del genere horror. Diversamente dai trailer fake, molto noti e trasmessi interamente dalla Giallappa’ s nei vari Mai dire lunedì e Mai dire martedì, qui Maccio cambia comicità e si adatta ad un nuovo stile di parodia.

Janice Kerbel: Kill the Workers!

La grammatica è teologia! È nella grammatica che tutto avviene, nelle sue strutture, nulla di nascosto, tutto davanti ai nostri occhi. Alla luce di questo, partendo dai suoi elementi fondativi, tutto può essere ripensato, ridefinito, visto con occhi nuovi; ed è proprio questo il perno della ricerca dell’artista canadese Janice Kerbel.

Il suo ultimo lavoro Kill the workers!, ideato per la Chisenhale Gallery di Londra, consiste proprio in una messa in scena teatrale data dal solo utilizzo del materiale luministico. ‘A play for stage lights’, come la definisce l’artista stessa. In questa rappresentazione, che ha tutte le caratteristiche di una piece teatrale, non vengono presi in considerazione alcuni elementi fondamentali quali ad esempio la presenza degli attori o, ancora più fondamentale, il ruolo e la posizione del pubblico. L’opera dunque è concepita come una struttura a sé stante attraverso cui generare nuove forme esperenziali. In questo caso si sottolinea, in particolare, il valore espressivo dell’elemento luministico e la sua capacità autoreferenziale, un valore manifesto che, se facciamo fatica a riconoscere in un’immagine fotografica, appare qui invece evidente.