Le destabilizzanti creazioni di Mark Jenkins

All’angolo di una strada secondaria, a Tor Pignattara, un cassonetto è stato guarnito con un’enorme meringa con ciliegina annessa. Un bizzarro accostamento, tipico del passaggio di un noto urban artist che recentemente ha invaso Roma. Infatti, nell’adiacente via Gabrio Serbelloni centinaia di persone sono in fila davanti alla Wunderkammern dove, il 17 marzo, si è inaugurata la prima personale capitolina di Mark Jenkins (1970 – vive e lavora a Washington DC) con Living Layers, un progetto pluriennale in collaborazione con il MACRO ideato per produrre scambio reciproco tra il patrimonio territoriale e quello culturale.

Artista americano di fama internazionale, Mark Jenkins è conosciuto per le sue strabilianti e geniali installazioni pensate per essere collocate all’interno del tessuto urbano. L’interazione tra le sue sculture, l’ambiente cittadino ed i passanti è fondamentale per la riuscita dei suoi interventi, concepiti con l’intento di suscitare sconcerto e confusione negli inconsapevoli osservatori, diventando essi stessi parte integrante della sua opera poiché un’apposita videocamera cattura le loro reazioni dando vita a impensabili performances.

ALICE IN WONDERLAND al Mart di Rovereto

“Il Bruco e Alice si guardarono a vicenda per qualche tempo in silenzio; finalmente il Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce languida e sonnacchiosa: ‘Chi sei TU?’ – disse il Bruco. Non era un bel principio di conversazione. Alice rispose con qualche timidezza: ‘Davvero non te lo saprei dire ora. So dirti chi fossi, quando mi son levata questa mattina, ma d’allora credo di essere stata cambiata parecchie volte.”

Alice ha 150 anni, come l’Italia, ma non ha nulla della vecchia signora, anzi, il classico di Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson, 1832-1898) si riconferma ancora oggi un patrimonio comune che unisce magicamente l’età adulta all’infanzia. Per questo la mostra organizzata dalla Tate di Liverpool, in collaborazione con il Mart e la Kunsthalle Hamburg, non è solo per bambini, e così come il libro permette diversi livelli di interpretazione e apprezzamento. Nell’Inghilterra vittoriana Lewis Carroll era un insegnante di matematica con la passione della fotografia e inserito nel mondo artistico dell’epoca. Accomunato ai preraffaelliti dall’idea di purezza incarnata dai bambini, spesso li ritraeva come fossero attori all’interno di una scenografia rimandando a vicende storiche o leggende, per farli stare fermi nei lunghi tempi di posa era solito raccontare storie fantastiche. Tra questi c’erano anche le tre sorelle Liddell, figlie del decano, alla minore, Alice Pleasance, regalò e dedicò il libro delle sue avventure nel 1864, l’anno prima che venisse pubblicato ufficialmente.

Postmodernismo – Stile e sovversione 1970-1990 al Mart di Rovereto

Pare sia già tempo di trovare una nuova etichetta per definire i nostri tempi, il Postmodernismo finiva quando io andavo per i sei anni, non me ne accorsi, ero troppo giovane per capirci qualcosa. “Postmodernismo. Stile e sovversione 1970 – 1990” così viene sottotitolata la mostra approdata al Mart di Rovereto dopo la sua nascita al Victoria and Albert Museum di Londra. Un’altra collaborazione importate portata a segno dall’ormai lontana Gabriella Belli, in favore di Cristiana Collu, e ci ricorda che fare squadra a livello internazionale si può, anzi si deve.

«Per lo storico Charles Jenks il modernismo finì alle 15.32 del 15 marzo 1972 quando il complesso residenziale di Pruitt-Igoe di St. Louis, Missouri, venne fatto saltare in aria con la dinamite.» Così inizia la mostra: con la fine dell’idealismo modernista, in questo caso incarnato da un insieme di enormi casermoni, di quelli che ancora oggi infestano le periferia di qualsiasi città nostrana, simbolo di rigore e ingegneria-sociale, buttati giù come birilli per lasciar spazio al nuovo, sfavillante post-modernismo. In altre parole la distruzione di qualsiasi idea di purezza, pulizia, forma e funzione in favore della libertà di mescolare tutto assieme per il gusto di farlo. Sia ben chiaro il ribaltamento di poteri fu determinato da un fallimento di un’idea come quella modernista.

Tieni Marina, ecco due ore del mio tempo – The Abramovic method parte seconda

Per lei, Marina, tutto iniziò chiacchierando con un pastore sardo il quale, ogni volta che prendeva parola, chiudeva gli occhi, perchè a suo dire mentre parlava non aveva bisogno di guardare. Per me invece è iniziato tutto con un messaggio su WhatsUpp: “La mia amica non viene, vieni tu?”. Così mi sono ritrovata al Pac, di nuovo, ma questa volta per regalare due ore del mio tempo alla nonna della performance art Marina Abramovic. Forse dopo il mio ultimo articolo qualcuno lassù ha pensato che bisognava darmi una seconda chance.

E così ho firmato il contratto, la liberatoria per le riprese, ho promesso di non avere attacchi di panico e sfilato di fronte al pubblico fino ad arrivare nell’ultima sala, lì dove il metodo ha inizio. Dove Marina ti chiede di indossare il camice bianco, accomodarti sulla sdraio bianca e chiudere gli occhi come faceva il pastore sardo. È facile darle fiducia, perchè ha il tono di chi sa quello che fa e te lo racconta come una nonna spiegherebbe la torta di mele alla nipote, nulla di più semplice. Ora io vorrei con le parole farvi incarnare in me stessa, così da provare a capire le stesse cose che mi sono passate nelle mente per quelle due ore di pausa dalla realtà, ma non è possibile. E poi, molto probabilmente, vi interesserebbero poco perché è davvero un’esperienza personale: io, spettatore, mi incarno nel corpo dell’artista, entro nella sua arte e la rendo possibile.

Letture di Difesa: Warhol e Romiti. Un confronto assurdo

“Leggo per legittima difesa.” (Woody Allen)

 Confesso di aver fatto la mia tesi di laurea su Romiti. E di non averci trovato nulla di “warholiano”, per così dire.

La pittura di Sergio Romiti, per me, è stata quasi come se Morandi avesse incontrato Montale e con lui si fosse accorto del vuoto dietro le cose, con un terrore da ubriaco avesse accettato di indagare in pittura l’inganno consueto.

Giovedì difesa: Rango

Il film animato di Gore Verbinski vede Johnny Depp a dare la voce al protagonista, ma per noi è uguale. Tanto per farla breve: non hanno nemmeno scelto l’abituale doppiatore di Johnny Depp che pare abbia una voce troppo da adulto per un cartone.

Dunque ci perdiamo anche il fatto che i gesti di Rango siano disegnati ricalcando davvero quelli dell’attore. Distratti dalla voce infantile più adatta ai nostri schermi tutto questo va via.

In qualche modo il film credo sia un’inno al contempo alla vita e alla morte del cinema di genere western.

Letture di Difesa: Dialogo nel vuoto: Beckett e Giacometti

“Leggo per legittima difesa.” (Woody Allen)

 Contrariamente al nocciolo più profondo del surrealismo, da cui pure Giacometti trae linfa e spunti, nelle sculture dello svizzero il nodo più importante non è la “sovra-realtà”, la surrealtà che trascende e cerca nuovi legami, nuove aperture, nuovi mondi.

Qualcosa qui vuole rimanere ancorato al mondo com’è, vuole che si combaci la rapprentazione alla vita o che la si testimoni. Il contatto con la realtà non è cercato nella perfetta somiglianza ma nel barlume dello sguardo, nella condizione, nello stile: qualcosa che si avvicina più alla scultura egiziana o alla pittura medievale bizantina che non al realismo o al rinascimento.

Giovedì difesa: Black mirror

Devo ammetterlo. Inizio a pensare che Charlie Brooker, classe 1971, sia veramente un autore di alto livello.

Avevo già tessuto le lodi di Dead set proprio in questa rubrica. Una serie horror che mescolava il Grande Fratello con George Romero raggiungendo livelli di tensione, di parodia, di sarcasmo assolutamente interessanti.

Black mirror fa di più. Ci porta in un futuro “specchio nero” di noi.

Sought City – geografie immaginarie di Yifat Bezalel

Sempre più spesso si parla di cattiva gestione del contemporaneo, di gallerie il cui unico scopo si dimostra essere finalizzato al commercio e sempre meno alla ricerca; mi sembra anche doveroso sottolineare che ci sono gallerie e istituzioni che invece continuano a muoversi privilegiando un ambito scientifico di notevole interesse. Questo è il caso, a mio parere, di Marie-Laure Fleisch, di cui seguo da tempo le mosse artistiche e che mi sembra dimostrarsi ogni volta all’altezza delle aspettative.

Particolarmente interessante in questo senso è il ciclo espositivo  About paper. Israeli Contemporary Art a cura di Giorgia Calò che, attraverso il lavoro di sette artiste che utilizzano la carta come mezzo espressivo dalla natura multiforme, mette in scena la problematicità dell’appartenenza al contesto Israeliano.

Il taciturno annullamento dei ‘No Name’

Rievocazione di crudeli memorie, non lontane nel tempo, difficili da perdonare. Numerose vittime sacrificate per il volere di un singolo egoista. Roma, 1943: l’occupazione nazista, i bombardamenti, le persecuzioni ed il rifugio della popolazione locale presso cunicoli e sotterranei divenuti sinonimi di morte.

Per non dimenticare il clima terroristico diffuso nella capitale durante la Resistenza il vincente binomio Navarro-Arévalo, proposto alla 53° Biennale di Venezia, torna in Italia con il progetto “Nacht und Nebel” ovvero “Nella nebbia e nella notte” esposto nel flessibile spazio della Fondazione Volume!, in collaborazione con l’Ambasciata del Cile.

Iván Navarro (Santiago del Cile, 1972 – vive e lavora a New York) è un artista di fama internazionale, conosciuto per le sue sculture di luce prese in prestito dal Minimalismo per attuare una denuncia socio-politica. In esse indaga il rapporto simbolico tra l’energia elettrica, usata per attivare tali apparecchi, e le ‘correnti’ di una paura occulta innescata da dittature o democrazie di stampo autoritario. Un’innata sensibilità, sorta grazie alla dittatura di Pinochet, con cui ha convissuto fin dall’infanzia, divenendo in seguito elemento influente e caratterizzante nella sua formazione e produzione artistica.

Giovedì difesa: Kill list

Kill list è uno di quei film che ti inganna.

Il film di Ben Wheatley del 2011 inizia si sviluppa e si conclude come fossero almeno tre film diversi.

Non sai e forse non saprai mai di cosa sta parlando e gli irresoluti sono più dei soluti.

Ma alla fine ti ha tenuto in tensione e sulle spine per tutto il tempo, parlandoti di che cos’è il mistero, cosa la violenza, cosa il senso del complotto.

Giovedì difesa: Apollo 18

Il film di Gonzalo López-Gallego tenta la carta del possibile. Il falso documentario horror scatena una serie di reazioni e di prese di distanza da parte della NASA e questo significa che, almeno in parte, centra il colpo. Si pone nel genere mockumentary e cerca una strada mimetica più forte degli altri, come forse solo Blair Witch Project aveva osato.

In questo caso però non è la strada del nastro davvero trovato, era infatti impossibile dire che i nastri erano ufficali, bensì del mockumentary girato appositamente ma basandosi su nastri e testimonianze reali. Dunque tutto sarebbe stato rigirato alla maniera dei documentari solo per “dare” maggiore verità, mostrandosi proprio come i “veri” referenti: i veri nastri e le vere interviste.

La storia è altamente improbabile ma apparentemente possibile. Ovvero è indimostrabile sia che sia reale sia l’opposto.

Sfrutta le teorie del complotto riguardanti l’uomo sulla luna, ma le lavora al contrario. All’opposto di Capricorn one il punto non è che non siamo mai andati sulla luna, bensì il punto è: ci siamo andati e abbiamo trovato un mostro invincibile. Sassi lunari che si animano.

Short stories 13 – Earth laughs in flowers

CHI: David LaChapelle nasce nel 1963 a Fairfield in Connecticut, fotografo di fama mondiale e regista, negli anni ’80 viene introdotto da Andy Warhol al mondo dell’editoria di moda scattando fotografie per il suo Inteview magazine. E tra riviste patinate, hollywood, attori e starlet David non se la passa male fino al 2006, quando decide di smettere con gli editoriali, il motivo -dice lui- è che la sua creatività richiedeva spazio mentre le redazioni di moda frenavano il suo estro per paura di incomprensioni col pubblico. Tra gli anni ’80 e il 2000 ha ritratto con il suo stile barocco, eccentrico e irriverente i maggiori divi del cinema e della musica, incarnando in qualche modo quell’epoca di eccessi e decadenza assieme.

DOVE: Robilant+Voena – Milano, Londra, Saint Moritz

QUANDO: 16 febbraio – 24 marzo 2012

COSA: Ritiratosi a Maui, Hawaii, per dedicarsi all’arte presenta dieci grosse stampe fotografiche realizzati tra il 2008 e il 2011, spacciandole per nature morte. In realtà sotto quei grossi mazzi di fiori c’è un mondo intero illuminato da un chiaroscuro fiammingo. Giocattoli, caramelle, cellulari, riviste, statuette, palloncini, elementi iper-moderni incastonati in questi fermi immagine talmente studiati da sembrare dipinti. È il suo sguardo disincantato sul mondo moderno consumista e tetro, ma tentatore.

Al Quadraro l’arte si mostra in luoghi impensabili

Spazi dismessi a causa della crisi mondiale? C’è chi ha ben pensato di utilizzarli in modo inconsueto. Succede al Quadraro, quartiere popolare che ha sempre accolto nuove comunità e tradizioni. La storica borgata è stata scelta come sede di ‘Nuova Gestione’, un progetto culturale nato per riflettere sull’odierna fase di stallo, ma, soprattutto, per fruire l’arte contemporanea in siti inusuali fornendo un’alternativa alle gallerie e alle strutture istituzionali.

Ideatore del programma è il collettivo Sguardo Contemporaneo che ha, inoltre, curato gli interventi site-specific di sei artisti italiani, in cinque locali sfitti, accomunati da tali caratteristiche: sperimentazione, utilizzo di mass media e di idiomi innovativi, capacità di creare lavori che prevedono la partecipazione ed interazione col fruitore. Per la realizzazione delle opere, gli artefici, sono stati aiutati sia dai proprietari, nonché testimoni delle memorie delle strutture messe a disposizione, sia dagli abitanti che hanno esposto le problematiche legate a tale contesto. Ne deriva un tour dall’iter facoltativo che si snoda dalla principale Via dei Quintili, terminando a Via degli Arvali.

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