Fauxreel, ovvero quando la Street Art si vende al sistema

Da tempo la street art è entrata nei luoghi canonici dell’arte, gallerie e musei (persino in Italia) ospitano sempre più eventi dedicate a questa splendida disciplina artistica di cui molte volte abbiamo parlato fra le nostre pagine, imparando ad ammirare le incursioni di protagonisti internazionali come Banksy, Os Gemeos,Cartrain, Mat Benote e dei talenti nostrani come Sten, Lex, Lucamaleonte, Blu e Tv Boy.

Per questi e tanti altri grandi nomi della street art il passo dalla strada alla galleria d’arte è stato relativamente breve un poco come lo è stato per Keith Haring e Jean-Michel Basquiat. Documentare i progressi della street art organizzando mostre in luoghi istituzionali e quanto altro è un passo dovuto per la storia dell’arte ma è altrettanto importante che i protagonisti di questa disciplina non si vendano completamente al sistema dell’arte snaturando così la freschezza di una creatività nata nelle strade.

Sten & Lex in mostra alla galleria Co2 di Roma

La galleria romana Co2 inaugura il 12 marzo la mostra dei due street artists romani Sten&Lex. Il titolo della mostra che ripropone gli acronimi dei loro tag, è già parte della rivoluzione che li vedrà impegnati in un lavoro, non più individuale, ma fianco a fianco, che mostrerà al pubblico svelando non solo una produzione a quattro mani, ma un romantico rapporto di coppia.

Il lavoro di Sten&Lex parte dallo studio del soggetto recuperato dagli archivi fotografici storici dell’Italia degli anni ’60 e ‘70, per sfociare in un linguaggio odierno e contemporaneo, pur se realizzato mediante procedimenti antichi.
La tecnica del poster è il lite motive che li ha uniti e che ne ha fatto un fenomeno di richiamo internazionale.  I lavori inediti esposti in questa mostra, sono realizzati con un’abilità ancora più elaborata, tale da divenire il segno distintivo delle future comparse pubbliche: stencil di carta su pannello.

Roma insorge contro i writers, intanto c’è chi spende 30.000 sterline per un falso Banksy

Abbiamo già affrontato in più riprese il caso graffiti writing, particolare forma di street art che da sempre è oggetto di molte polemiche. Sono in tanti infatti a giudicare quest’espressione artistica come un semplice scarabocchio dimenticando che grandi nomi come Keith Haring e Jean-Michel Basquiat hanno cominciato proprio “scarabocchiando” per le strade cittadine. Ovviamente non tutto può essere considerato arte ed è naturale che molti graffiti tali non sono ma semplici svolazzi che imbrattano edifici, monumenti ed altre realtà architettoniche di interesse storico.

Per arginare il problema e scindere l’arte dal deturpamento del bene pubblico, molte città del mondo hanno studiato numerosi provvedimenti, dalla ferrea repressione ai moderati deterrenti. Il Regno Unito ha invece interpellato i cittadini istituendo un sondaggio sulle opere urbane da cancellare e quelle da tenere. Il comune di Roma ha ultimamente deciso di adottare le maniere forti contro gli attacchi urbani dei writers ed ha così intenzione di creare una banca dati su internet contenente tutti i nomi degli street artist capitolini.

Mr.Brainwash ovvero il figlio illeggittimo della Pop Art

 Ultimamente lo street artist e regista francese Thierry Guetta alias Mr. Brainwash sta dividendo la critica con le sue creazioni smaccatamente pop e banali, in molti si sono posti la domanda: “Ma Mr.Brainwash fa sul serio?“. Per tutta risposta l’artista ha zittito tutti dichiarando: “Sono come una macchina, creo, creo e creo“, frase pronunciata all’opening di una sua nuova mostra personale.

Guetta sembra una copia magra di John Belushi, si è guadagnato fama internazionale disegnando la cover dell’album Celebration di Madonna lo scorso anno è c’è da dire che nella sua opera la grande cantante sembra la Marilyn Monroe di Andy Warhol. Ma tra rivisitazioni di barattoli di minestra Campbell e personaggi famosi sbattuti in primissimo piano, l’artista sembra scimmiottare Warhol senza coglierne lo spirito nemmeno da lontano. Mr. Brainwash ha passato lo scorso anno a piazzare stencil per tutta Los Angeles ed ha girato insieme a Banksy il documentario sulla street art Exit Trough The Gift Shop (vedi nostro articolo), molti pensano che Guetta/Braniswash e Bansky siano la stessa persona visto che anche le origini dell’artista francese sono del tutto sconosciute.

A Londra l’arte viaggia in metropolitana

 La metropolitana è sempre stata un crocevia di razze, culture e popoli oltre che un luogo fondamentale per lo sviluppo di alcune culture artistiche prima fra tutte la graffiti art o la street art in genere. Non c’è da stupirsi quindi che il Regno Unito abbia compreso e quindi deciso di incentivare l’importanza dell’arte all’interno delle stazioni della metropolitana. Da questa profonda comprensione è nato il progetto Art on the Underground, con l’intento di esporre il meglio dell’arte contemporanea all’interno di alcune stazioni della metropolitana di Londra.

In questi giorni il compito di portare l’arte nel metrò è toccato all’artista Dryden Goodwin che ha creato 60 disegni, qualcuno direbbe molto convenzionali, raffiguranti alcuni impiegati dello staff del London Trasport. Eppure nella loro schiettezza le opere di Goodwin nascondono una potenza dai toni quieti, l’artista riproduce volti di una Londra vecchio stile, più vicina alle città rappresentate da Frank Auerbach negli anni ’60 che alle metropoli contemporanee. Le facce di Goodwin, nella loro semplicità ed immediatezza, catturano un aspetto misterioso e melanconico della vita nella capitale.

Graffiti New York, un nuovo libro sulla storia dei writers della grande mela

 Anche se i moderni graffiti sono nati a Philadelphia verso la fine degli anni 60, quando gente come Conrbread e Cool Earl cominciarono a bombardare le metropolitane e le mura cittadine con i loro nomi, New York City sarà sempre universalmente riconosciuta come la patria della graffiti-art. Pionieri come Taki 183 hanno prodotto i loro primi tags proprio sui vagoni della metropolitana della grande mela nei primi anni ’70. In seguito, verso la metà degli anni ’70, una nuova ondata di writers ha iniziato a coprire interi treni metropolitani con opere contraddistinte da un intricato lettering.

Gli anni ’80 poi hanno visto le gallerie d’arte aprire le loro porte a gente come Fab 5 freddy e tanti, tantissimi altri, inutile citare la parabola ascendente di artisti come Keith Haring e Jean Michel Basquiat, fino a giungere all’odierno Banksy. Questa storica scalata, dall’universo underground all’istituzionale mondo dei musei, è ampiamente documentata in un nuovo libro di Eric Felisbret che si intitola semplicemente Graffiti New York.

Mike Giant, il maestro della Tattoo art a Milano

Il 25 febbraio 2010 la Galleria Antonio Colombo inaugura Welcome to Frisco, la prima mostra personale dell’artista americano Mike Giant a Milano. Maestro del tratto in bianco e nero, nonché rappresentante di punta del movimento underground a San Francisco a metà degli anni Novanta, Giant è noto a livello internazionale per i suoi graffiti, skateboard, tatuaggi e per l’estrema precisione delle sue grafiche.

Nato in Upstate New York, Giant si trasferisce da bambino ad Albuquerque, New Mexico, dove più tardi studia architettura. Nel 1993 gli viene offerto un posto come disegnatore di grafiche presso la Think Skateboards a San Francisco. Lì trascorre i dieci anni successivi, sviluppando il proprio stile artistico e diventando figura di vertice nell’ambito della street art. Dapprima noto principalmente per i suoi graffiti, riconoscibili dall’uso di lettere massicce, nel corso dell’ultimo decennio si è fatto conoscere a livello internazionale anche per il suo lavoro di tatuatore. Dal 1998 Giant lavora presso importanti negozi di tatuaggi a San Jose, San Francisco e New York, vicino a Paco Excel, Mike Davis e Patrick Conlon. Il suo lavoro più recente si trova nel numero del 2004 della rivista Juxtapoz.

L’ultima mostra della Deitch Project? Lo street artist Shepard Farey

La galleria di New York Deitch Projects continua a navigare nel vasto mare dell’incertezza da quando il suo noto proprietario, Mr. Jeffrey Deitch è stato investito della carica di direttore del Moca, Museum of Contemporary art di Los Angeles. Per ora il futuro della galleria è ancora nebuloso ma l’unica cosa certa è che l’ultimo artista (almeno per questa stagione espositva) ad esporre in galleria sarà Shepard Fairey. Il celebre street artist, autore dell’ancor più celebre poster Obama Hope ha infatti scritto sul suo sito web personale che la sua prossima serie di nuove opere sarà esposta dal 1 maggio 2010 alla Deitch Projects, un mese prima della fatidica chiamata alle armi di Mr. Deitch.

Contattato nel suo studio di Los Angeles, mentre è indaffarato nella preparazione delle sue nuove oepre, Fairey ha dichiarato che la sua mostra sarà piena di ritratti di persone appartenenti a diverse aree della cultura, personaggi in qualche modo importanti che rappresentano gli ideali maestri dell’artista. La scelta di Fairey è ricaduta su nomi quali Woodie Guthrie, Debbie Harry, il Dalai Lama ed il leader dell’opposizione burmese Aung San Suu Kyi, questi ultimi due personaggi sono stati già precedentemente ritratti dall’artista.

Exit Through The Gift Shop, il nuovo film dello street artist Banksy

L’incredibile ascesa dell’eroe della street art Banksy sembra non arrestarsi mai. Dopo aver trionfato con la sua mostra al Bristol Museum, Banksy torna nuovamente a far parlare di se. Sembra infatti che l’artista abbia girato il suo primo film dal titolo Exit Through The Gift Shop e sia in procinto di presentarlo al prossimo Sundance Film Festival, un importante festival cinematografico dedicato al cinema indipendente che si svolge nel mese di gennaio a Park City, sobborgo di Salt Lake City, e a Ogden nello stato dell’Utah.

Il film è stato acclamato come il primo disaster movie sulla street art ed in un primo momento era stato lasciato fuori dal programma ufficiale. La storia della presenza di Banksy all’interno del prestigioso festival sembrava quindi frutto dell’ennesima bufala. Inaspettatamente però alcuni tags e murales prodotti dal nostro beniamino sono cominciati a spuntare sui muri di Park City e tutti hanno capito che l’artista era li a presentare la sua pellicola.

Arte e Propaganda, la Svizzera contro i minareti

Anche se siete tutti dei baldi giovinotti sicuramente vi sarà capitato di vedere alcune immagini di repertorio che risalgono ai tempi della seconda guerra mondiale. Ebbene a quei tempi era cosa assai comune quella di girar per strada ed imbattersi in colorati (ed alquanto creativi) manifesti pubblicitari che ritraevano perlopiù valorosi soldati in uniforme assieme gente comune con slogan annesso.

Tali manifesti facevano parte della propaganda di regime ed ogni stato coinvolto nel conflitto aveva il suo bel da fare a stampare e diffondere scene che mettevano in guardia la popolazione contro il nemico o suggerivano quale condotta adottare durante un probabile attacco. Questa forma comunicativa, antesignana della poster art, ha prodotto vere e proprie manifestazioni creative che sono entrate nel nostro immaginario collettivo, basti pensare al famoso manifesto Tacete il nemico vi ascolta ed all’anglosassone Loose Lips might sink Ships ovvero “le chiacchiere inutili possono affondare le navi”.

Capezzoli malandrini e Las Vegas censura la street art

 Niente capezzoli, problema sparito. Così hanno pensato tutti gli abitanti di Clark County, una contea del Nevada che contiene la cittadina di Las Vegas, ora che i capezzoli sul murale creato all’esterno dell’Erotic Heritage Museum sono stati coperti con dei piccoli stickers. Il murale in questione riproduce alcune donne nude ed i capezzoli esposti violano un codice della contea che vieta di mostrare su segnali ed insegne l’areola del seno.

Il curatore del museo di Las Vegas, Laura Henkel, ha quindi coperto i seni femminili ma ha precisato che l’opera in questione non è certo un’insegna od un segnale ma una creazione artistica. Questo è il terzo murale ad offendere una comunità che punta sull’industria del sesso come unico mezzo di sostentamento (ironia della sorte). Non è un segreto il fatto che l’area di Las Vegas attrae migliaia di turisti proprio grazie al sesso, agli alcolici ed ai giochi d’azzardo. Senza tutto ciò Las Vegas non esisterebbe ma stranamente quando un artista gioca con queste tematiche qualcuno si offende prontamente.

Banksy chiama, King Robbo risponde: la sfida della street art

 Banksy, il più famoso street artist del Regno Unito è ormai abituato a musei, gallerie ed altri templi dell’arte contemporanea ma una delle sue ultime opere ha sicuramente riacceso il suo spirito street, dando alla sua carriera un’inaspettata sterzata all’indietro nel tempo, quando (come tutti gli street artists) si battagliava con altri artisti locali a colpi di spray nelle più agguerrite Street Fight. Il nostro eroe di Bristol è stato infatti accusato di aver mancato di rispetto a King Robbo, leggenda della street art londinese.

Banksy avrebbe infatti modificato un graffiti che Robbo aveva eseguito ben 24 anni fa nel quartiere di Camden, correva l’anno 1985. Ovviamente il buon vecchio Robbo ha raccolto subito la sfida e non contento dell’opera di Banksy ha cancellato l’opera di quest’ultimo, sostituendola con un enorme composizione costituita naturalmente dalla scritta Robbo, L’artista ha portato a termine la sua vendetta proprio nel giorno di natale.

Banksy e il suo atto di denuncia al riscaldamento globale

Banksy è decisamente l’eroe della street art, il misterioso artista londinese è reduce dalla mostra al museo di Bristol che ha attratto la bellezza di 300.000 visitatori per un totale di 45.000 sterline di incasso e circa 10 milioni di sterline di introiti in più per l’economia locale.

Ovviamente un super eroe come Banksy non ha certo bisogno di riposarsi ed il nostro beniamino è tornato nuovamente ad invadere le strade metropolitane con le sue affascinanti creazioni. Una nuova opera di Banksy è infatti apparsa vicino il Ponte Oval nel quartiere di Camden a Londra. Certo il graffito in questione non mancherà di indispettire gli ambientalisti poichè il fallimento del vertice sul riscaldamento globale di Copenhagen ha apparentemente donato ispirazione allo street artist che ha voluto dare la sua opinione riguardo il summit mediante uno delle sue opere rudimentali mai eseguite prima d’ora. Banksy ha infatti vergato con dello spray rosso le parole “I Don’t Believe in Global Warming” che in italiano suonano come “Io non credo al riscaldamento globale”.

Sickboy, il nuovo talento della street art inglese

 Il Blitz artistico sembra essere diventato un vero e proprio must nella scena contemporanea ed in giro per il mondo sorgono eventi lampo che si concludono il giorno stesso del vernissage. Forse è il segno di questi frenetici tempi o forse è la volontà di lasciare un segno sfuggente ma incisivo. Sta di fatto che lo scorso 16 dicembre si è svolta a Londra l’evento blitz Logopop, mostra di nuove opere limited edition e site specific dell’astro nascente della street art britannica Sickboy.

Dopo il successo della sua personale dal titolo Stay Free tenutasi lo scorso anno, dove l’artista ha trasformato un edificio in stile Vittoriano in un parco giochi a tema, Sickboy è tornato con il suo stile stravagante, invitando gli appassionati d’arte a tuffarsi nelle straordinarie profondità della sua immaginazione. Con Logopop, Sickboy ha ricreato il simbolismo lisergico che caratterizza ogni sua opera, cambiando ogni volta le carte in maniera del tutto inaspettata. Tra installazioni, tags, graffiti e tecnologia digitale l’artista ha decisamente stupito il pubblico presente, che già lo acclama come il nuovo Banksy.  La nuova collezione di opere presentate a Logopop è stata sviluppata nel 2009 con l’obiettivo di affinare le relazioni tra complessi e dettagliati lavori e semplici interventi urbani.

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