Donald Rodney, quando l’arte è una malattia

Donald Rodney (1961-1998) è stato uno dei più acclamati e seminali artisti britannici degli anni ‘ 80. La sua figura versatile ed innovativa si è formata all’interno del BLK Art Group ed in seguito si è guadagnata un proprio posto all’interno della scena dell’arte contemporanea internazionale. Completati gli studi artistici Rodney decise di incentrare le sue opere verso tematiche politiche, orientando l’attenzione sui mass media, sull’arte in relazione alla cultura popolare e sul razzismo e l’identità razziale.

In tenera età Rodney si ammalò di una rara forma di anemia degenerativa, meglio nota come anemia drepanocitica e sapeva che non sarebbe arrivato a toccare i cinquanta anni d’età. L’infermità non ridusse però il suo potenziale creativo ed anzi l’artista iniziò a utilizzare proprio gli strumenti medici dismessi dagli ospedali inglesi, implementandoli all’interno delle sue opere.

Tracey Emin, Yayoi Kusama, Damien Hirst e l’arte degli scacchi

ProjectB di Milano porta per la prima volta in Italia, in occasione della 49ma edizione de I Saloni, il Salone Internazionale del Mobile 2010, The Art of Chess, in collaborazione con RS&A che ha commissionato le scacchiere ad alcuni degli artisti più amati e discussi del panorama contemporaneo internazionale, già esposte nel 2009 al museo di arte contemporanea di Reykjavik. L’interesse delle avanguardie verso gli scacchi fu di centrale importanza per lo sviluppo delle scacchiere d’artista nella prima metà del XX secolo. Da Marcel Duchamp a Man Ray, Max Ernst, Alexander Calder, André Breton e Isamu Noguchi sono stati tutti appassionati giocatori.

La prima volta che una collezione di artisti di questo calibro si sono trovati a celebrare il gioco degli scacchi è stato a New York nel 1944 per la mostra L’immagine degli scacchi presso la Julien Levy Gallery. In mostra a Milano sette scacchiere – a dimensioni reali – dove base, pedine re e regine sono state reinventate da sette artisti: Tracey Emin, Tom Friedman, Damien Hirst, Barbara Kruger, Yayoi Kusama, Alastair Mackie, Rachel Whiteread.

Cadavre Exquis

Cadavre Exquis è una tecnica in base alla quale si assemblano collettivamente un insieme di parole o immagini; il risultato è conosciuto proprio come cadavre exquis (cadavere eccellente). Si tratta di una tecnica usata dai surrealisti nel 1925, basata su un vecchio gioco da tavola chiamato “conseguenze” in cui i giocatori scrivono a turno in un pezzo di carta, lo piegano per coprire parte della scrittura e poi lo passano al giocatore successivo per un ulteriore contributo.

Il cadavre exquis, dunque, si gioca in un gruppo di persone che scrivono o disegnano una composizione in sequenza. Ogni partecipante può vedere solo la parte finale di quello che ha scritto il giocatore precedente. Il nome deriva da una frase che emerse quando fu giocato per la prima volta in francese: « Le cadavre – exquis – boira – le vin – nouveau » (Il cadavere eccellente berrà il vino nuovo). Nelle note così composte si combinano suggestioni che partono da un’idea comune aggregando elementi che possono o meno essere relativi alla realtà. I teorici e assidui giocatori (all’inizio Robert Desnos, Paul Éluard, André Bretón e Tristan Tzara) sostenevano che la creazione, particolarmente quella poetica, deve essere anonima e collettiva, intuitiva, spontanea, ludica e per quanto possibile automatica.

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