Andy Warhol e le frasi celebri del Pop

Su Andy Warhol sono stati scritti fiumi di parole: libri, testi e conferenze hanno tentato di scandagliare sino in fondo l’incredibile ascesa del genio del pop. Warhol ha decisamente cambiato il modo di produrre, fruire e possedere arte ma la sua figura carismatica, irriverente e trasognata per molti è ancora un mistero. Noi vorremmo regalarvi una selezione di frasi celebri del mitico Drella (apparse su magazine ed interviste) che in un certo qual modo aiutano a definire meglio la sua complessa personalità e persino la sua creatività:

Un artista è colui che produce cose che le persone non hanno bisogno di possedere.

Non prestare attenzione a quello che scrivono su di te, misuralo in centimetri.

La morte e la cosa più imbarazzante che possa capitarti perchè qualcun’altro deve occuparsi di tutti i dettagli.

Un giorno chiunque sarà famoso per 15 minuti.

Sono una persona profondamente superficiale.

Mi piacciono le cose noiose.

Per Vuk Vidor la storia dell’arte contemporanea è una semplice lista

 L’artista franco-serbo Vuk Vidor è senza dubbio una delle figure più eccentriche e fantasiose del panorama dell’arte internazionale. Solitamente Vidor utilizza spesso un linguaggio pop colorato dove ogni dettaglio è parte di un racconto. Seppur caratterizzate da una certa dose di ironia dadaista le sue opere sono serie e profonde. Ultimamente però la nostra fantasia è stata colpita da un’opera di Vidor del 2004 che da poco è stata ristampata in edizione poster e limitata a 200 copie. Si tratta di Art History ed è buffo notare come l’artista riassuma, tramite una semplice lista, le figure chiave dell’arte internazionale.

Quando le opere vengono danneggiate dal museo

Da un recente sondaggio condotto dall’istituto di statistica britannico è emerso un dato allarmante. centinaia di dipinti, sculture ed altre opere sono vittime di danneggiamenti proprio quando dovrebbero essere nelle fidate mani dei più celebri e rinomati musei del Regno Unito. Alcune opere di Andy Warhol e Tracey Emin fanno parte della lista nera a cui si aggiungono anche diverse sculture barocche, dipinti antichi e altri reperti come le ossa di un dinosauro.

I Velvet Underground sono più famosi di Andy Warhol

 Noi tutti eravamo sicuri del fatto che Andy Warhol fosse l’unica icona capace di ispirare le nuove generazioni artistiche della sottocultura di New York. Pensavamo che la rivoluzione pop del buon vecchio Drella (come erano soliti chiamarlo gli amici unendo Dracula con Cinderella) fosse il motore centrale di ogni manifestazione creativa giovanile. Ed invece ci sbagliavamo perché stando a quanto dichiarato da Bloomberg la band dei Velvet Underground, che fu creata a tavolino proprio da Andy Warhol, ha scavalcato il maestro guadagnandosi una fama ed un’ammirazione ancor più grande dei tempi in cui Lou Reed, Nico e soci imperversavano sui palchi della grande mela con il loro sound grezzo ma innovativo.

In questi giorni Lou Reed assieme alla batterista Maureen ‘Moe’ Tucker ed al bassista Doug Yule saranno protagonisti di una piccola reunion alla New York Public Library esattamente a quarant’anni di distanza dall’uscita del loro Lp di debutto, quello con la banana creata da Andy Warhol in copertina, per intenderci. La stretta connessione tra New York ed i Velvet Underground sarà la tematica principale di questa riunione moderata dal giornalista del Rolling Stone, David Fricke.

Il MoMa rifiutò un’opera regalata da Andy Warhol

La notizia è a dir poco incredibile ed è un vero e proprio schiaffo alla tanto decantata lungimiranza delle grandi istituzioni museali internazionali.  Aggiungiamo che solitamente i musei non hanno molto sense of humor ma questo particolare non sembra interessare al MoMa, Museum Of Modern Art di New York che di ironia sembra averne parecchia, persino l’autocritica sembra sia una dote del celebre museo. In un recente post sull’account ufficiale del MoMa su Twitter si apprende infatti l’esistenza di una lettera di rifiuto che il museo avrebbe mandato nientemeno che ad Andy Warhol nel 1956.

Impossible Project, ben tornata Polaroid

Alzi la mano chi di voi non ha mai agitato una Polaroid in attesa di veder comparire l’immagine scattata solamente un attimo prima. Le pellicole istantanee Polaroid hanno per anni dato la possibilità a milioni di persone di sviluppare in pochi secondi le loro fotografie rappresentando una valida risposta al moderno digitale e fornendo un valido supporto in svariati ambiti professionali.

Inoltre grazie alla sua versatilità ed ai suoi caratteristici colori la pellicola Polaroid divenne nel corso degli anni un vero e proprio media artistico, basti pensare alle scomposizioni di David Hockney ed ai nudi di Nobuyoshi Araki. Anche Andy Warhol non riusciva a separarsi dalla sua macchina fotografica Polaroid Sx-70 con cui fotografava in modo maniacale qualsiasi cosa. La lista di artisti contemporanei che hanno utilizzato la pellicola brevettata dalla famosa industria inglese è lunghissima, si va da Helmut Newton a Mary Ellen Mark passando da Lucas Samaras, Duane Michals e tanti altri.

Andy Warhol e la digital art

Screenshot dell’opera di Andy Warhol

Ai nostri giorni è possibile manipolare foto e creare opere d’arte o computergrafica comodamente da casa con l’ausilio di un comune personal computer, ma una ventina di anni fa le cose non erano certamente così facili. Certamente c’erano già stati numerosi pionieri della digital art e molti artisti usavano apparati elettronici, oscilloscopi e quanto altro per creare un nuovo tipo di immagine, basti pensare che La computer art nasce già nel 1950 grazie alla sperimentazione di Ben Laposky (USA) e Manfred Frank (Germania) due matematici e programmatori.

Arte e grane legali

Oggi parliamo di arte contemporanea e noie legali, visto che spesso e volentieri le opere d’arte finiscono per incendiare gli animi e riempire le aule di tribunale. Una strana vicenda accaduta lo scorso 22 maggio ha tirato in ballo un’opera di Sol LeWitt. Come molti di voi ben sapranno, l’artista in questione è celebre per i suoi Wall Drawing, perlopiù eseguiti a distanza da assistenti ed altri incaricati tramite delle istruizioni cartacee ben precise. Le istruzioni divengono quindi una sorta di certificato di autenticità dell’opera e si potrebbe affermare che, data la non –portabilità della maggior parte delle opere di Sol LeWitt, una volta perse le istruzioni anche l’opera non è più autentica.

Tempo fa il collezionista Roderic Steinkemp aveva prestato un Wall Drawing di LeWitt alla galleria Rhona Hoffman di Chicago assieme alle istruzioni per eseguirlo. Il pezzo in questione era stato staccato dal muro di una casa di Cambridge, dove era stato posizionato nel 1985. A questo punto la Rhona Hoffman Gallery ha inavvertitamente perso le istruzioni del murale, scatenando le ire di Steinkamp. Il collezionista ha quindi deciso di citare in giudizio la galleria, chiedendo un risarcimento di 1.4 milioni di dollari perché la perdita delle istruzioni rende l’opera praticamente un falso.

Ritrovata un’opera eseguita da Andy Warhol a…11 anni

Cosa ne pensate di Andy Warhol? Beh, che vi piaccia o no, il mitico re della pop art americana è certamente uno dei protagonisti più noti dell’arte contemporanea. Le sue opere, prese in prestito dalla cultura di massa sono in seguito divenute vere e proprie icone di quest’ultima e molte di esse. Un processo dirompente che non sembra arrestare il suo inesorabile tragitto verso l’olimpo.

Me se Warhol è uno degli artisti più amati dagli amanti dell’arte di tutto il mondo, va detto che anche i collezionisti vanno letteralmente pazzi per il suo parruccone patinato. Quando si parla di mercato dell’arte e di aste internazionali non esistono Minimalismo o  Nuova Scuola di Lipsia che tengano, il mitico Andy Warhol è sempre il padrone incontrastato. A riprova del fatto, la scorsa settimana alla vendita londinese di Sotheby’s, l’opera Double Elvis, quella con Elvis Presley ritratto con il vestito da cowboy indosso, è riuscita a totalizzare la bellezza di 37 milioni di dollari.

Andy Warhol al Casello Aragonese di Otranto

Il Castello Aragonese di Otranto, dopo aver accolto all’interno delle sue possenti mura oltre 150mila visitatori con le mostre di Joan Mirò, Pablo Picasso e Salvador Dalì, dal 27 maggio al 30 settembre 2012 ospita le opere di Andy Warhol, il principe della pop art americana.  “Andy Warhol. I want to be a machine”, a cura di Gianni Mercurio, apre la quarta stagione artistica del Castello di Otranto, contenitore culturale gestito dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie e dalla Società Cooperativa Sistema Museo di Perugia, con la direzione dell’architetto Raffaela Zizzari.

La mostra, attraverso circa cinquanta opere provenienti da collezioni private italiane e prodotte da Andy Warhol con la tecnica meccanica della serigrafia, presenta i temi fondanti dell’estetica dell’artista statunitense scomparso nel 1987: mito bellezza-successo (Marilyn), consumismo (Campbell’s Soup), simboli tragici (Electric Chair). Inoltre, saranno esposte opere significative come la serie dei Flowers, il Vesuvio (realizzato in occasione del suo soggiorno napoletano grazie al gallerista Lucio Amelio), i simboli del potere (Falce e Martello, Dollar Sign) e altre ancora.

Il Warhol che non ti aspetti

A volte è possibile scoprire dei lati oscuri all’interno della produzione artistica di maestri dell’arte ampiamente storicizzati e quindi universalmente noti. Aspetti curiosi mai notati prima, caratteristiche bizzarre che mai avremmo lontanamente sospettato. L’ultimo artista in ordine di tempo a mostrare il suo volto nascosto è Andy Warhol, già proprio lui, l’intramontabile maestro della Pop Art, il re-inventore di icone che ha trasformato ironia e tinte sfavillanti in un vero e proprio stile di vita.

Ebbene anche il frizzante Andy nascondeva nel suo intimo un’anima da vero fotografo fine art, una veste ben diversa da quella di fotografo-compulsivo con la mania della Polaroid. Proprio in questi giorni l’Affirmation Arts di New York ospita la mostra Warhol: Confections & Confessions (in visione fino al prossimo 5 maggio 2012), all’evento è possibile ammirare 53 stampe fotografiche in gelatina d’argento mai esposte al pubblico.

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