Troppe spiegazioni rendono noiosa l’arte

Una nuova scoperta nel campo della psicologia potrebbe sicuramente attirare l’attenzione di critici e curatori d’arte contemporanea generando anche molte polemiche. Secondo una ricerca apparsa sulla pubblicazione dal titolo Empirical Studies of the Arts spiegare un’opera mediante un testo critico o comunque illustrare dettagliatamente i segreti nascosti all’interno della stessa potrebbe produrre nel pubblico un calo di apprezzamento dell’opera.

Insomma con l’intento di svelare i misteri dell’arte si potrebbe finire per annoiare chi ci ascolta. La ricerca è stata condotta da Kenneth Bordens docente all’Indiana University di Fort Wayne. Bordens ha condotto uno studio su 172 studenti con poca o nulla conoscenza dell’arte.

Ma quanto guadagnano le stars dell’arte contemporanea?

La vita d’artista non è certo facile. Anche se negli ultimi 50 anni il mercato dell’arte è decisamente cresciuto solamente pochi artisti hanno veramente guadagnato cifre stratosferiche alla Zio Paperone. Ovviamente quelli che ce l’hanno fatta se la passano abbastanza bene ma andiamo a vedere chi sono e quanto guadagnano.

Damien Hirst, 44 anni, uno degli artisti più ricchi del mondo tanto da trasformare qualsiasi cosa tocchi in oro. La lista degli uomoni più ricchi del mondo del 2009 del Sunday Times sembra stimare la fortuna di Hirst attorno ai 388 milioni di dollari. Ovviamente il patrimonio dell’artista britannico, pioniere dei Young British Artits, potrebbe essere ancor più vasto calcolando che la sua celebre vendita all’asta da Sotheby’s dal titolo Beautiful Inside My Head Forever si concluse con 223 opere vendute per un totale di 198 milioni di dollari.

Anche Jeff Koons non piange viste le sue monumentali produzioni come Puppy ed il suo enorme studio di Chelsea che vanta ben 120 collaboratori. Ultimamente Larry Gagosian ha comprato una sua opera dal titolo Hanging Heart ad un’asta da Sotheby’s, il prezzo finale era di 23.6 milioni di dollari, mica male per una singola opera.

Per Vuk Vidor la storia dell’arte contemporanea è una semplice lista

 L’artista franco-serbo Vuk Vidor è senza dubbio una delle figure più eccentriche e fantasiose del panorama dell’arte internazionale. Solitamente Vidor utilizza spesso un linguaggio pop colorato dove ogni dettaglio è parte di un racconto. Seppur caratterizzate da una certa dose di ironia dadaista le sue opere sono serie e profonde. Ultimamente però la nostra fantasia è stata colpita da un’opera di Vidor del 2004 che da poco è stata ristampata in edizione poster e limitata a 200 copie. Si tratta di Art History ed è buffo notare come l’artista riassuma, tramite una semplice lista, le figure chiave dell’arte internazionale.

L’arte contemporanea italiana è la società dello spettacolo

 In tempi non sospetti il celebre pensatore ed artista Guy Debord ci aveva messo in guardia contro il potere dello spettacolo, un rapporto sociale e culturale tra individui mediato da immagini vuote e figlie del consumismo di massa, una sorta di assoggettamento psicologico in cui ogni individuo è isolato dagli altri ed assiste passivamente ad un monologo elogiativo dello spettacolo stesso. Ovviamente per spettacolo intendiamo riassumere in questa sede il sistema dell’arte contemporanea italiano e tra i burattinai di questo enorme carrozzone, oltre le istituzioni, figurano anche i curatori d’arte, specificando che persino la scrivente potrebbe tranquillamente farne volontariamente od involontariamente parte.

Ma andiamo per gradi ed analizziamo in cosa consiste questo spettacolo. L’opera d’arte, un tempo padrona assoluta della manifestazione creativa dell’uomo è divenuta un accessorio, un semplice orpello schiavo di estetiche e stilemi propri di un minimalismo banale e di un concettuale svuotato da ogni minimo concetto. Eppure l’opera è un accessorio indispensabile, poiché senza di essa l’artista non esisterebbe ed il curatore non potrebbe organizzare il suo bell’evento. L’opera e l’artista o per meglio dire l’artista è l’opera dato che quest’ultima nella sua flebile natura, viene inevitabilmente sommersa dalla presenza ingombrante di artisti pseudo-rockstar che incessantemente appaiono sulle copertine dei magazine d’arte e puntualmente vincono i premi artistici con il loro curriculum od il loro nome.

Marcel Duchamp oggi sarebbe un pirata informatico

Una delle più salienti caratteristiche di questo vivere contemporaneo è la facilità con cui è possibile scambiarsi i più disparati media od entrare in possesso di musica, film ed altre forme d’arte. Nel passato le forme artistiche non digitali hanno creato un certo tipo di scambio economico basato sulla non riproducibilità dell’opera, cosa che si avvia verso la distruzione grazie al file sharing. Ogni giorno milioni di persone scaricano film, libri, foto e musica in maniera totalmente gratuita. La storia dell’arte contemporanea ha avuto esempi di artisti che hanno supportato il libero accesso ai media.

Molti di essi come Guy Debord, Richard Prince o Sherrie Levine si sono appropriati di materiali protetti dal copyright per creare le loro opere. E’ quindi indubbio che molti atti che vengono etichettati oggi come abuso di copyright o pirateria o quanto altro, sono stati in passato fondamentali per lo sviluppo dell’arte. I Ready Made di Marcel Duchamp ad esempio erano oggetti di uso comune che mediante la volontà dell’artista si tramutavano in opere d’arte. Oggi Duchamp avrebbe avuto certamente molti problemi riguardo la creazione delle sue opere poichè avrebbe potuto incappare in un atto di appropriazione indebita di oggetto protetto da copyright.

Ron Mueck l’artista più vero del vero

 Ci sono artisti che preferiscono filtrare la realtà attraverso le lenti dell’inconscio, generando forme astratte od espressioniste. Altri invece raffigurano la realtà come dato oggettivo. Tra queste due categorie si bilancia Ron Mueck, artista celebre e stravagante che raffigura la realtà ed in specifico la condizione umana per il suo lato surreale e debordante ma pur sempre veritiero.

“Fin dal suo ingresso nella scena dell’arte internazionale, Mueck  ha continuato a stupire ed affascinare il pubblico con le sue realistiche, sculture figurative. Adesso l’artista occupa un posto unico ed importante nel campo dell’arte contemporanea di tutto il mondo” Ha dichiarato Frances Lindsay direttore della National Gallery. Secondo il noto curatore australiano David Hurlston, Ron Mueck riesce ad illustrane l’uomo dalla nascita fino alla sua morte, creando sculture senza tempo che rappresentano ritratti psicologici di intenistà emotiva e di isolamento.

B.N.E. un nuovo volto (nascosto) della street art

L’uomo in tuta e cappuccio non è stato riconosciuto ma le lettere che formavano un enorme murale di quattro metri e mezzo sul muro di un palazzo di New York erano sicuramente B.N.E. Il fantomatico monogramma eseguito con spray, marker, roller ed in particolar modo stickers, è divenuto in questi ultimi tempi parte del paesaggio della grande mela e di altre città del mondo a tal punto da creare un fitto mistero sul suo autore.

Due notizie per collezionisti: Comprare per condividere e la lista dei dealers internazionali

Il collezionismo d’arte è in procinto di subire numerose trasformazioni che seguono un poco l’andamento di una società in continuo movimento.  Globartmag è riuscito ad accaparrarsi due saporite novità che faranno sicuramente gola ai collezionisti di tutto il mondo: La prima importante novità proveniente dagli Stati Uniti è stata resa possibile grazie all’ausilio delle nuove tecnologie e visto che i computers hanno radicalmente cambiato il nostro modo di vivere ora si apprestano a cambiare anche un mondo antico come quello del collezionismo.

I Velvet Underground sono più famosi di Andy Warhol

 Noi tutti eravamo sicuri del fatto che Andy Warhol fosse l’unica icona capace di ispirare le nuove generazioni artistiche della sottocultura di New York. Pensavamo che la rivoluzione pop del buon vecchio Drella (come erano soliti chiamarlo gli amici unendo Dracula con Cinderella) fosse il motore centrale di ogni manifestazione creativa giovanile. Ed invece ci sbagliavamo perché stando a quanto dichiarato da Bloomberg la band dei Velvet Underground, che fu creata a tavolino proprio da Andy Warhol, ha scavalcato il maestro guadagnandosi una fama ed un’ammirazione ancor più grande dei tempi in cui Lou Reed, Nico e soci imperversavano sui palchi della grande mela con il loro sound grezzo ma innovativo.

In questi giorni Lou Reed assieme alla batterista Maureen ‘Moe’ Tucker ed al bassista Doug Yule saranno protagonisti di una piccola reunion alla New York Public Library esattamente a quarant’anni di distanza dall’uscita del loro Lp di debutto, quello con la banana creata da Andy Warhol in copertina, per intenderci. La stretta connessione tra New York ed i Velvet Underground sarà la tematica principale di questa riunione moderata dal giornalista del Rolling Stone, David Fricke.

Siamo solo noi i responsabili…

Ci siamo messi in un bel guaio ma non possiamo darne la colpa a nessuno, siamo noi responsabili di ciò che abbiamo generato negli ultimi tempi all’interno della nostra scena artistica. Problema: il nostro sistema dell’arte ha fagocitato se stesso cannibalizzando centinaia di giovani promesse, mandandole allo sbaraglio come carne da macello e perdendo attendibilità nei confronti dei collezionisti e del pubblico.

La figura dell’artista in Italia è persa in una densa nebbia in cui non si riesce nemmeno ad intuire i contorni ed il senso delle cose, si intravedono sempre più nuovi talenti (dal discutibile valore) sbandierati come maestri indiscussi che scompaiono senza lasciar traccia del loro passaggio. Il fatto ancor più stravagante è che alcuni fra i più promettenti di loro riescono a partecipare a prestigiose manifestazioni nazionali, vincendo ambiti premi per l’arte contemporanea per poi ripiombare in un’oscura girandola di concorsetti provinciali e mostre in gallerie aperte da poco che si lasciano affascinare dal prestigio dei bei tempi che furono. Ed allora viene da chiedersi chi mai comprerebbe le opere di una cometa destinata a bruciare?

Lo spettacolo dell’arte e l’arte dello spettacolo

 Le poco confortanti notizie circa i reality show dell’arte contemporanea ci avevano già messo in guardia sulla preoccupante atrofia del sistema dell’arte contemporanea internazionale. Per muovere le acque ed aggiungere un poco di energia galleristi ed istituzioni stanno vagliando ogni possibile ipotesi, sconfinando paurosamente verso le brulle e sconnesse terre dello spettacolo.

D’altronde il caro vecchio Guy Debord ci aveva già messo in guardia sulla deriva della società e dell’arte verso i lidi della mercificazione. Oggi volenti o nolenti ci troviamo di fronte ad un’arte contemporanea tesa al bisogno del cambiamento e della novità che realizza in termini l’espressione pura del cambiamento impossibile, un’arte che pur non riuscendoci deve essere necessariamente d’avanguardia mentre la sua vera avanguardia è la sua scomparsa. Così in Italia si tramutano i musei in cocktail bar ed in discoteche dove le opere svolgono il loro rassicurante ruolo d’arredo a corollario di una massa di parvenu danzerecci amanti del radical chic pensiero. Ed ancora si organizzano e si chiedono vernissage collettivi in modo da fare quadrato attorno ad un evento, come se l’evento stesso sia il fulcro della creatività artistica.

Jonathan Jones e l’importanza della critica

Girovagando per la rete abbiamo trovato un’altra piccola perla del nostro critico preferito, Jonathan Jones che come abbiamo più volte detto cura un interessante blog sul The Guardian. Parlando del sistema dell’arte odierno, Jones si interroga sul contributo della critica come sviluppo della cultura stessa. Le sue parole si riallacciano alla nostra già nota crociata contro “il tutto è bello tutto ci piace” della non critica contemporanea che sta letteralmente creando un livellamento culturale ed estetico che rischia di minare l’essenza dello sviluppo artistico. Citiamo letteralmente le parole di Jonathan Jones:

“Penso che questo sia il momento giusto per tornare a parlare di critica, perché se ne sente il bisogno effettivo. Lo sfrenato volume di arte in una cultura ossessionata dalle gallerie è un mare talmente vasto e confuso che solamente una giusta critica può fare la differenza. Non possiamo continuare ad affermare che tutto ha lo stesso valore, è il momento di rialzarsi e scindere ciò che è buono da ciò che non lo è.

Il tracollo dell’arte contemporanea e della cultura moderna

Qualcuno lo ha apostrofato come il sistema destinato a cadere: il capitalismo o il capitalismo post-moderno ed i suoi mercati secondari hanno creato una contro realtà ingrassata dalla produzione. L’economia moderna è come un parco giochi ed è evidente come l’arte degli ultimi venti anni abbia attinto a questo sogno ad occhi aperti rifiutando ogni forma di vera creatività.

L’arte è divenuta lo specchio della frode e non è tutto dovuto al teschio tempestato di diamanti di Damien Hirst, si tratta di un processo che ha avuto origine con la società del consumismo.

Le polemiche dell’arte del 2012 – Parte I

Non si può di certo accusare il mondo dell’arte di apatia, vista la lunga sequela di episodi bizzarri che puntualmente accadono. Andiamo quindi a vedere quelli che nel corso di questo 2012 hanno sollevato numerose polemiche:

8 Il rogo del CAM – Il piccolo museo di Caloria è riuscito a far breccia in tutte le prime pagine dei magazine d’arte di tutto il mondo. Il direttore del museo ha deciso di bruciare le opere in collezione per protestare contro il taglio dei fondi alla cultura del governo italiano. Gli artisti erano ovviamente d’accordo ma tutti hanno guardato con orrore all’estremo gesto di protesta.

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