L’arte contemporanea italiana è la società dello spettacolo

 In tempi non sospetti il celebre pensatore ed artista Guy Debord ci aveva messo in guardia contro il potere dello spettacolo, un rapporto sociale e culturale tra individui mediato da immagini vuote e figlie del consumismo di massa, una sorta di assoggettamento psicologico in cui ogni individuo è isolato dagli altri ed assiste passivamente ad un monologo elogiativo dello spettacolo stesso. Ovviamente per spettacolo intendiamo riassumere in questa sede il sistema dell’arte contemporanea italiano e tra i burattinai di questo enorme carrozzone, oltre le istituzioni, figurano anche i curatori d’arte, specificando che persino la scrivente potrebbe tranquillamente farne volontariamente od involontariamente parte.

Ma andiamo per gradi ed analizziamo in cosa consiste questo spettacolo. L’opera d’arte, un tempo padrona assoluta della manifestazione creativa dell’uomo è divenuta un accessorio, un semplice orpello schiavo di estetiche e stilemi propri di un minimalismo banale e di un concettuale svuotato da ogni minimo concetto. Eppure l’opera è un accessorio indispensabile, poiché senza di essa l’artista non esisterebbe ed il curatore non potrebbe organizzare il suo bell’evento. L’opera e l’artista o per meglio dire l’artista è l’opera dato che quest’ultima nella sua flebile natura, viene inevitabilmente sommersa dalla presenza ingombrante di artisti pseudo-rockstar che incessantemente appaiono sulle copertine dei magazine d’arte e puntualmente vincono i premi artistici con il loro curriculum od il loro nome.

I giovani artisti? oggi lavorano al supermarket

Come si guadagna da vivere la maggior parte dei giovani artisti? Ovviamente se il vostro nome è Damien Hirst basta vendere un paio di squali in formaldeide ed il gioco è fatto, stipendio garantito per almeno due vite. Ma questo scenario non riflette la situazione della stragrande maggioranza dei giovani artisti italiani ed internazionali. Questi coraggiosi eroi del contemporaneo sono costretti ad alternarsi tra la loro vita creativa ed un posto tra gli scaffali del supermercato od in qualche tipografia o studio grafico.

Certo alcune nazioni supportano l’arte in vari modi, la Danimarca ad esempio mette a disposizione circa 17.000 euro di stipendio annuale per 275 artisti per tutto il resto delle loro vite. In Francia invece un artista può chiedere fino a 7.000 euro per equipaggiare il proprio studio. In Italia però non esiste nulla di tutto questo ed allora o si è ricchi di famiglia o sponsorizzati da un ricco magnate, altrimenti non è peccato ricorrere al famoso lavoretto di sostentamento.

Arrivano gli artisti nord-coreani ma le loro opere sono statali

 Situata in un tranquillo angolo del modaiolo art district 798 di Pechino, una galleria d’arte presenta da diverso tempo una proposta artistica del tutto inusitata. La collezione di dipinti ad olio e di statue messe in mostra dallo spazio espositivo potrebbe essere comparata a quella di qualsiasi altra galleria d’avanguardia del celebre distretto artistico ma le opere in questione hanno una particolarità, sono state create da artisti che poco sanno della scena contemporanea internazionale poiché provengono dalla Corea del Nord.

La Jinghesheng Investment Company ha infatti iniziato una collaborazione con la Repubblica Democratica Popolare di Corea ( questo il nome ufficiale dello stato della Corea del Nord) intesa a esibire e vendere 60 dipinti ad olio ed altre 30 opere made in Corea. “Le opere sono state accuratamente selezionate dal ministero della cultura coreano” Ha dichiarato il direttore della galleria Li Xuemei “Anche se le opere d’arte provenienti dalla Corea del Nord sono disponibili in alcune gallerie della Cina la loro provenienza potrebbe non essere certa. La nostra proposta artistica ha una provenienza assolutamente certificata”.

Noi siamo i “federali” dell’arte

Il mondo dell’arte contemporanea del nostro belpaese vorrebbe cambiare, il guaio è che ancora non ha capito come fare. Le fiere cambiano nome, si trasformano, tentano una formula e dopo un fallimento ne tentano un’altra. I galleristi abbandonati dal sistema cercano nuove forme di comunicazione. Anche i curatori tentano di riprogrammarsi. Già, parliamo degli addetti del settore, questo oggetto ben identificato che ronza attorno all’artesistema.

Largo ai gggiovani, anzi no!

Strano Paese, l’Italia. Siamo sempre pronti a criticare ogni tipo di lobby, di massoneria, di nepotismo e di favoritismo, ma saremmo anche  i primi a voler partecipare a questo imbandito desco, qualora ne avessimo il privilegio. La cosa che più odiamo è il vecchio, il passato che continua imperterrito ad impedire al nuovo di avanzare. Eccoli li, i tromboni ancora saldamente al comando sulle loro poltrone, eccoli i baroni delle università e delle farmacie.

La lista aggiornata dei Padiglioni nazionali alla Biennale 2013

Come tutti ben sapranno il Padiglione Italia è stato assegnato al direttore del MACRO, Bartolomeo Pietromarchi, in attesa della sua selezione andiamo a ripassare i vari padiglioni ed i loro occupanti. L’articolo sarà aggiornato periodicamente man mano che le varie nazioni faranno le loro relative selezioni

Australia – Simryn Gill

Austria – Mathias Polena

Quando il gallerista truffa l’artista

 

Finalmente le istituzione giuridiche statunitensi hanno creato un grande precedente reagendo all’assurdo malcostume di vendere le opere, omettendo la percentuale per l’artista. Tutto è cominciato lo scorso marzo quando un’opera dell’artista iraniano Nicky Nodjoumi (un trittico ad esser precisi) è stata venduta dalla galleria newyorchese Priska C. Juschka Fine Art alla Art Dubai Fair per circa 36.000 dollari.

Fumo di Londra 2 – Artisti Italiani a Frieze? ma dove?

 

Ma voi a Londra avete incontrato qualche artista italiano? Perdonateci la domanda a bruciapelo, ovviamente la capitale del Regno Unito è zeppa di artisti nostrani, emigrati in cerca di miglior fortuna e soprattutto di un minimo di considerazione. La questione che volevamo porvi riguarda Frieze, la fiera d’arte che ha tenuto banco la scorsa settimana in quel di  Regent’s Park.

Go Brooklyn ha scelto ma le opere sono tremendamente brutte

 

Jonathan Blum

 

Abbiamo già dedicato molti articoli al progetto Go Brooklyn ed i nostri lettori lo ricorderanno di sicuro. Per quanti non lo sapessero, Go Brooklyn è stato varato dal Brooklyn Muesum e consiste nel far visitare alla cittadinanza gli studi d’artista per poi selezionare gli artisti migliori, i quali a loro volta esporranno nel prestigioso museo.

preload imagepreload image