La Shanghai Biennale non è mai stata una libera vetrina dell’arte cinese

In questi giorni lo Shanghai Art Museum ospita l’ottava edizione della Shanghai Biennale (fino al 23 gennaio 2011), manifestazione che da tempo si è posta l’obiettivo di mostrare al mondo la potenza creativa cinese. Dobbiamo dire che per la Biennale il governo nazionale ha operato una grande campagna di promozione, sin dalle sue prime edizioni.

Va da sé che la prestigiosa manifestazione compare sulle prime pagine di ogni magazine d’arte ed ogni quotidiano internazionale, lodata da più parti come suprema vetrina dell’arte cinese. Tutto questo potrebbe essere vero ma non dobbiamo dimenticare ciò che fece nel 2000 l’artista  Ai Weiwei in occasione della terza edizione della Biennale. Weiwei conosceva bene le limitazioni imposte dal governo alla giovane arte nazionale, sapeva quali erano in realtà le mire dell’ambiente politico: diffondere un’arte uniformata, politically correct e di regime, evitando di mostrare al mondo il talento spregiudicato di tantissimi altri giovani artisti.

La “Biennale diffusa” di Vittorio Sgarbi e la risposta di Gino De Dominicis

Massimo Cacciari, Alberto Arbasino, Tahar Ben Jelloun, Bernard-Henri Levy, Umberto Eco, Furio Colombo, Guido Ceronetti, Aldo Busi, Roberto Capucci, Emanuele Severino, Roberto Calasso, Roberto Saviano, Giorgio Pressburger, Giorgio Reale, Raffaele La Capria, Paolo Mieli. Questi sono gli intellettuali scelti da Vittorio Sgarbi, le figure “dall’intelligenza manifesta” che sotto la sua supervisione saranno chiamate a selezionare i 150 artisti provenienti da tutte le regioni d’Italia i quali a loro volta occuperanno lo spazio dell’Arsenale alla Biennale di Venezia 2011.

Ma nella Biennale Diffusa di Sgarbi ci sarà anche Oliviero Toscani in una sezione speciale a Forte Marghera più tante altre sorprese in tutta Venezia. Insomma chissà cosa ci aspetterà alla prossima edizione della celebre kermesse. Intanto scatta subito la polemica con un Vittorione Nazionale che dalle pagine del Corriere del Veneto apostrofa Francesco Bonami e Achille Bonito Oliva come fautori dell'”arte curatoriale che sa di ospedale”, oltraggiando due figure che hanno praticamente e fattivamente scritto la storia della curatela e della critica contemporanea nazionale (e non).

Tutte le anticipazioni di Art Basel Miami 2010

Da Miami Beach iniziano ad arrivare le prime notizie per la prossima edizione di Art Basel Miami che si terrà dal 2 dicembre al 5 dicembre 2010 (con una vip preview che si terrà il 1 dicembre). Alla prestigiosa fiera parteciperanno 250 importanti gallerie d’arte contemporanea provenienti dal Nord America, dall’Europa, dall’America Latina, dall’Asia e dall’Africa, le quali metteranno in mostra le opere di più di 2000 artisti internazionali.

Ovviamente Art Basel Miami è una delle piattaforme più importanti del mondo e parteciparvi significa essere nell’olimpo dell’arte contemporanea, ragion per cui un nutrito gruppo di gallerie nostrane ha deciso di non mancare a questo importante appuntamento. Le gallerie italiane che quest’anno parteciperanno alla fiera sono: Galleria Alfonso Artiaco di Napoli, Galleria Continua di San Gimignano, Galleria Raffaella Cortese di Milano, francesca kaufmann di Milano, Magazzino di Roma, Galleria Lia Rumma di Milano, Galleria Franco Soffiantino di Torino, Galleria Christian Stein di Milano, T293 Gallery di Napoli e Zero… di Milano.

Giovani artisti, volete farvi notare? c’è il Self Publishing

Abbiamo più volte parlato della situazione odierna dei giovani fotografi ed in particolare dei fotogiornalisti, registrando la loro sempre più grave situazione artistica e professionale, danneggiata dall’arrembante realtà dei fotografi amatoriali muniti di fotocamera digitale. Ora però vorremmo parlarvi di una soluzione per affrontare il difficile mondo della fotografia e sarebbe a dire il self publishing, l’auto produzione di veri e propri libri fotografici o monografie che molti artisti hanno cominciato a sfruttare per mantenersi o per farsi notare.

Ma il self publishing non è solamente una soluzione sfruttata dai giovani artisti, basti pensare ad illustri precedenti come Ed Ruscha o ad Alec Soth che ne ha recentemente prodotto uno, senza contare Stephen Gill che ne ha prodotti ben dodici e tutti con lo stesso, straordinario successo. Ruscha, in particolare ha pubblicato a proprie spese ben 16 libri d’artista tra il 1963 ed il 1978.

Nuova veste e nuove opportunità per il Premio Celeste 2010

Sono aperte le iscrizioni per l’edizione 2010 del Premio Celeste, concorso dedicato all’arte contemporanea che ogni anno prevede l’organizzazione di una mostra di 60 opere finaliste; l’organizzazione di altre mostre in Italia ed all’estero; la creazione di un catalogo con 250 opere illustrate a colori che ogni anno fa il punto della situazione della pittura, fotografia, video, scultura, installazione e lavori multi-mediali in Italia. La qualità, la ricerca, l’innovazione e la contemporaneità sono i criteri fondamentali della selezione delle opere. La selezione delle 40 opere finaliste avviene attraverso un processo totalmente trasparente. Ciascuno dei 22 critici incaricati delle selezioni renderà pubbliche le sue scelte sul sito.

Cosa distingue il Premio Celeste da altri premi arte? A differenza di qualsiasi altro concorso artistico non è prevista la presenza di una giuria che aggiudica i premi. Un comitato composto da più di 20 critici d’arte italiani seleziona le opere finalisti e le opere selezionate per il catalogo. Gli artisti autori delle opere finaliste hanno, secondo il bando del premio, il diritto di aggiudicare i premi tramite un voto che esprimono durante la mostra finale.

Gli artisti italiani potranno candidarsi anche al Celeste Prize, premio internazionale con le medesime carateristiche del Premio Celeste italiano.

Scandalo negli U.S.A. collezionismo a numero chiuso per speculare sulle opere

Il New York Times ha pubblicato lo scorso 16 aprile un dossier a dir poco allarmante sul mercato dell’arte americano, svelando alcuni retroscena a dir poco sconcertanti che pensavamo potessero esistere solamente all’interno di alcune pellicole cinematografiche hollywoodiane. Provate a pensare ad un mercato dell’arte contemporanea dove gli artisti ed i galleristi si impegnano affinché le opere messe in vendita siano comprate solamente da una ristretta cerchia di collezionisti, anche se altri compratori sarebbero disposti ad offrire una cifra più alta per aggiudicarsi tale opera, difficile da credere certo, ma non finisce qui.

I collezionisti facenti parte di questa sorta di club del contemporaneo sono in seguito tenuti a non rivendere le opere in questione  per alcuni anni, anche se il valore delle opere nel frattempo ha raggiunto quotazioni piuttosto alte, chi non rispetta le regole è fuori dal club e non può più comprare opere di determinati artisti rappresentati da determinate gallerie. L’obbiettivo è quello di far raggiungere a tali opere un valore vertiginoso e c’è un semplice modo per farlo.

Street art e politica in Sud America

Caracas, Venezuela, Sud America, subcontinente dove la street art è sempre esistita, sia come espressione della creatività popolare che strumento politico. La metropolis venezuelana in questi ultimi tempi sta assistendo ad una rinascita di murales e graffiti ma dietro questa nuova ondata creativa si nasconde lo zampino della politica. Alcuni artisti come Carlos Zerpa, infatti sono stati incoraggiati e finanziati dal governo a creare numerosi murales sulle mura cittadine, tali rappresentazioni artistiche decisamente kitsch ritraggono perlopiù il presidente Hugo Chavez e la sua rivoluzione contro gli Stati Uniti.

Insomma nel giro di poco tempo la città è stata letteralmente tappezzata di queste immagini propagandistiche, con tanto di slogans e colori vivacissimi.  Le creazioni sono perlopiù piazzate vicino a cartelloni pubblicitari di note aziende americane come la Pepsi o la Heinz (famosa azienda produttrice di ketchup ed altre salse) in modo da irridere il consumismo a stelle e strisce. In un celebre stencil che è possibile ammirare in Plaza Bolivar è possibile scorgere il presidente americano Obama travestito da babbo natale che distribuisce missili recanti etichette con su scritto le parole Afghanistan ed Iraq.

La scena dell’arte analizzata da Jennifer Dalton e William Powhida

Fino al 20 marzo prossimo la Edward Winkleman Gallery di New York ospiterà un’interessante serie di incontri intitolati #class, eventi mirati al dialogo a 360 gradi a cui possono partecipare artisti, critici, dealers, collezionisti e chiunque abbia voglia di partecipare ed esaminare il modo in cui l’arte contemporanea viene create e viene fruita. Il dialogo in galleria sarà anche mirato ad identificare e proporre alternative capaci di riformare il presente sistema dell’arte ed il mercato in genere.

Per sistema dell’arte si intende sia una precisa rete di dealers, gallerie e musei che agisce ed espone artisti caratterizzati da una precisa estetica uniformata, oltre che una vera e propria architettura economica intangibile e non quantificabile ove regnano favori reciproci e meccanismi sepolti. L’idea di questa nuova e rivoluzionaria serie di brainstormings collettivi è stata partorita da Jennifer Dalton e William Powhida, due artisti che hanno contribuito a mettere in luce alcune logiche non troppo chiare nascoste dietro la gestione del New Museum di New York. 

Haiti: il terremoto distrugge anche l’arte

A poco più di due settimane dal terribile terremoto che il 12 gennaio ha raso al suolo Haiti stroncando la vita di almeno 150.000 persone,(Alcuni esperti stimano che le morti saliranno a più di 200.000 persone, più del 2 percento della popolazione) le autorità cittadine sono alle prese anche con gli ingenti danni al patrimonio culturale nazionale. Stando a quanto riportato sul New York Times molti degli edifici storici della città sono stati irreparabilmente distrutti, incluso il palazzo della Corte Suprema, la cattedrale di Notre Dame, la cattedrale della Santa Trinità ed il Palazzo Nazionale, casa in stile rinascimentale francese del presidente haitiano.

In merito a questo gravissimo disastro Axelle Liautaud, un celebre art dealer del luogo ha dichiarato: “Ovviamente dobbiamo occuparci prima delle persone ma se siamo ancora una nazione, anche dopo tutta questa disperazione, è anche grazie alle nostre forti radici culturali”.

La Pittura è morta? diecimila dollari a chi riesce a provarlo

 Gli anni passano e noi siamo sempre qui a parlare delle stesse cose, ovviamente il problema non riguarda solamente il nostro piccolo Stivale ma si estende ben oltre i confini nazionali, valicando catene montuose e superando gli oceani. Insomma in ogni parte del globo ci si pone sempre la solita domanda: La pittura è veramente morta? noi di Globartmag abbiamo più volte affrontato questo argomento ed abbiamo vagliato numerose ipotesi. Questa volta però la cocente ed oramai noiosa domanda potrebbe farvi guadagnare qualche soldino. Già perche il celebre critico americano Jerry Saltz ha riaperto il vaso di pandora ed ha girato la questione a tutto il popolo di Facebook.

Il critico ha invitato il pubblico ad aggiungerlo tra gli amici all’interno del celebre social network. Successivamente chiunque potrà dare una risposta alla domanda “La pittura è morta?se qualcuno riuscirà ad argomentare e portare prove concrete della morte della pittura Jerry Saltz lo ricompenserà con 10.000 dollari sonanti e sembra che il celebre critico sia seriamente intenzionato a portare a termine la scommessa. Se nessuno riuscirà a portare prove oggettive della morte della pittura allora secondo Saltz:”La frase la pittura è morta non dovrà essere scritta per almeno due anni e chiunque tra critici e curatori abbia intenzione di discutere su di un quadro dovrà approfondire al meglio i suoi scritti” questo è quanto si legge dalla pagina di Facebook di Jerry Saltz.

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