Firma anche tu per il rilascio di Ai Weiwei

La risposta della Cina alle tante voci di protesta contro la surreale vicenda Ai Weiwei è arrivata proprio in queste ultime ore e stiamo parlando di dichiarazioni scioccanti. “Gli Stati Uniti devono smetterla di interferire con quello che succede nelle altre nazioni” queste le parole del ministro degli esteri Hong Lei apparse in un comunicato diramato lo scorso sabato.

Le dichiarazioni del ministro giungono dopo un vero e proprio polverone sollevato da numerose associazioni governative a difesa dei diritti umani e dal popolo della rete. La Cina sbatte quindi la porta in faccia al mondo intero, un mondo fatto non solo di artisti e creativi ma di persone che da sempre lottano per la difesa dei diritti umani. Weiwei è stato arrestato lo scorso 3 aprile per “reati economici” non ben specificati, la notizia è giunta dopo oltre 4 giorni di sospetto silenzio delle istituzioni cinesi.

Ai Weiwei arrestato a Pechino!

Le controversie di Ai Weiwei con il governo cinese non sembrano essere ancora terminate, anzi sembra proprio che le istituzioni abbiano l’intenzione di attuare una vera e propria strategia del terrore nei confronti del coraggioso artista.

La notizia arriva fresca fresca da Twitter, circa 24 ore fa, proprio prima di intraprendere un volo verso Hong Kong, Ai Weiwei è stato arrestato e tenuto sotto stretta sorveglianza all’aeroporto di Pechino. Nel mentre la pocinese ha effettuato un vero e proprio blitz nello studio dell’artista, situato nei dintorni della grande metropoli. Attualmente non si hanno notizie dell’artista ed il telefono del suo studio (come la corrente elettrica) è stato isolato. Un giornalista del prestigioso quotidiano inglese The Guardian si era recato allo studio di Weiwei per scattare alcune foto con il suo cellulare ma la polizia ha confiscato il telefonino cancellando tutti i file prodotti dall’uomo: “Lei non è autorizzato a sostare su questa strada, deve andarsene” avrebbe urlato un ufficiale al reporter, secondo quanto appare sul Guardian.

Cina regina del mercato dell’arte e della repressione

I numeri parlano chiaro, la Cina, dopo la veloce conquista del mercato industriale e l’avvento dei nuovi ricchi in patria è stata incoronata regina del mercato dell’arte contemporanea. La prestigiosa piattaforma Artprice ha infatti redatto un’analisi di mercato che vede la Cina al primo posto della classifica 2010 con il 33% delle vendite globali d’arte. Dietro la Cina ci sono gli USA con il 30% ed il Regno Unito con il 19%.

Questo entusiasmante primato viaggia però di pari passo con quello della repressione al libero pensiero. Rappresaglie contro artisti (primo fra tutti Ai Weiwei) e demolizione di studi sono all’ordine del giorno. Che dire poi della decisione presa dalla dirigenza della ultima Beijing 798 Biennale che ha deciso di vietare tutte le opere aventi per soggetto principale il terremoto di Sichuan.

Ancora censura, ancora Ai Weiwei


Sembra incredibile a dirsi ma dopo la cancellazione della sua grande retrospettiva che doveva tenersi in Cina, Ai Weiwei è nuovamente vittima di un ennesimo atto di censura. Il popolare website cinese Sina aveva infatti indetto un sondaggio aperto al pubblico per stabilire il più grande artista nazionale del 2010.

In poco tempo l’artista ha ricevuto talmente tanti voti da mettersi saldamente in testa alla classifica. Ma ecco il colpo di scena, come d’incanto il nome di Ai Weiwei è stato incredibilmente rimosso dalla competizione.

La Cina cancella la grande retrospettiva dedicata ad Ai Weiwei

Censure, censure ed ancora censure. Il mondo dell’arte contemporanea internazionale non sembra voler concedere ai suoi più grandi protagonisti quella libertà creativa necessaria per per dar sfogo a tutto il loro potenziale espressivo. Anche questa volta ad esser chiamato in causa è il nostro eroe senza macchia e senza paura Ai Weiwei che dopo percosse, minacce e vessazioni ha ricevuto l’ennesimo colpo basso da parte dei dittatori dell’arte. Cosa ancor più sbalorditiva è che le censure provengono da una nazione che dovrebbe portarlo in gloria in tutto il mondo, vale a dire la madre patria Cina.

Il nostro eroe aveva già preparato una grande retrospettiva all’UCCA di Pechino, che secondo i piani prestabiliti doveva svolgersi il prossimo marzo 2011. Qualcosa però è andato storto e come volevasi dimostrare le autorità cinesi hanno esercitato numerose pressioni sull’artista, convincendolo a desistere dalla nobile impresa. Il direttore della UCCA, Vivienne Li, raggiunta dalla AFP avrebbe parlato di un periodo politicamente complicato ed una situazione quindi non adatta al regolare svolgimento della manifestazioni.

Nuovi padiglioni permanenti per la Biennale di Venezia 2011

Ulteriori novità sul fronte Biennale di Venezia 2011. Quest’anno i vertici della prestigiosa manifestazione hanno intenzione di allargare la già vasta offerta di arte contemporanea inserendo all’interno della piattaforma anche altre realtà internazionali. Noi vi avevamo già dato notizia della presenza dell’India ma sembra che questa non sia l’unica new entry di quest’anno. In questi giorni infatti nuovi padiglioni permanenti potrebbero essere offerti ad Argentina, Messico, Cile, Emirati Arabi e Bahrain, così ha dichiarato il presidente Paolo Baratta ai microfoni di The Art Newspaper. Anche la Cina potrebbe presto usufruire di un suo padiglione permanente.

I nuovi spazi nazionali potrebbero sorgere in quel dell’Arsenale. Quest’anno inoltre la Biennale ospiterà alcune debuttanti quali Arabia Saudita, Bangladesh, Malaysia e Rwanda. Insomma finalmente avremo modo di ammirare il fermento di altre realtà dell’arte internazionale e non solo quello proveniente dagli stati più blasonati.

Abu Dhabi art fair a gonfie vele – Ai Weiwei agli arresti domiciliari

Quando si parla di Medio Oriente si pensa subito al petrolio ma c’è da dire che in molti stati del golfo si sta registrando in questi ultimi tempi un sempre più crescente interesse per l’arte contemporanea. Ciò e ampiamente testimoniato dal boom di presenze registrate nel corso di Abu Dhabi Art Fair, la fiera d’arte contemporanea che si è tenuta dal 4 al 7 novembre all’interno dell’Emirates Palace di Abu Dhabi. Ovviamente da quelle parti non c’è una tradizione pregressa per quanto riguarda l’arte contemporanea ed allora bisogna costruirsela in tutta fretta, senza badare a spese.

La seconda edizione della fiera è andata alla grande con vendite vertiginose, come i 5 milioni  di dollari spesi per un dipinto di Frank Stella. Molte gallerie internazionali come la Galerie Thaddaeus Ropac hanno partecipato all’evento, segno evidente che il mercato del Medio Oriente è ambito anche dai delers più prestigiosi. Insomma tutto ciò potrebbe tramutarsi in una vantaggiosa opportunità sia per le nostre gallerie che per i nostri artisti.

Ai Weiwei, contro il governo a colpi di granchio


Avrete sicuramente letto il nostro articolo sulla Shanghai Biennale e sulle gesta eroiche di Ai Weiwei. Ormai il poliedrico artista è divenuto una sorta di eroe per tutti gli artisti cinesi che lottano per la libertà di espressione, contro i serrati vincoli di un governo che vuole a tutti costi imporre una arte contemporanea uniformata. Oggi il nostro paladino è alle prese con una nuova sfida, che lo vede nuovamente impegnato in una battaglia contro i vertici di Shanghai.

Circa due anni fa le istituzioni avevano invitato Weiwei a costruire uno studio in città, come previsto dal progetto di edificazione di un nuovo distretto artistico. Ebbene pochi giorni fa l’artista, tramite Twitter (piattaforma che usa abitualmente per rendere note le sue azioni) ha annunciato che il governo ha deciso di far abbattere lo studio, il quale sarebbe costato più di un milione di dollari. Per tutta risposta Weiwei ha deciso di innescare una rivolta, ma non si tratta di una manifestazione o quanto altro ma di un vero e proprio party.

La Cina caccia i suoi artisti

 Mentre gli artisti occidentali vivono protetti da un’aura di relativa calma che molto spesso si macchia a causa di anonimato e povertà, gli artisti in Cina si trovano ogni giorno faccia a faccia con seri pericoli legati ad un governo autoritario che lascia fiorire solo l’arte che incontra i propri gusti politici. Quindi non è un mistero che le recenti proteste contro la sistematica distruzione degli studi d’artista da parte del governo siano state praticamente insabbiate al punto che nessuno sembra averle notate. Fortunatamente un blogger australiano è riuscito a restituire una testimonianza su questa terribile ingiustizia.

Già dall’inizio di gennaio il governo cinese ha iniziato a distruggere sistematicamente gli studi degli artisti con soli tre giorni di preavviso e dopo aver interrotto i servizi di corrente elettrica e acqua potabile. Questo perchè lo stato ha intenzione di vendere alcuni appezzamenti di terra a grandi investitori e se la terra non è libera nessuno è pronto a sborsare soldi. Pechino è stata una delle città duramente colpite da questo estremo atto di violenza, il profondo rumore dei bulldozer ha scosso l’intera comunità artistica.

preload imagepreload image