Il peggior artista di sempre

Dan Colen

Chi è il peggior artista di sempre? Beh, solitamente noi siamo sempre impegnati ad offrirvi il meglio dell’arte contemporanea ma come si sa le cose peggiori sono sempre le più divertenti e quindi non possiamo esimerci dal farci due sane risate. L’idea di stilare questa singolare lista di rinnegati è venuta in mente a Charlie Finch, critico, curatore e giornalista stanutense di fama internazionale, noto per la sua verve smaccatamente irriverente. Secondo Finch la responsabilità parte tutta dal caro e vecchio Damien Hirst, colpevole di aver stravolto il motto “lo spettatore completa l’opera” creato dal grande genio Marcel Duchamp.

Ebbene, i peggiori artisti di sempre, sempre a sentir Finch, sarebbero tre: Joe Bradley, Dan Colen e Rob Pruitt. Il critico accuserebbe i tre di creare arte solo per i soldi ma oltre a questo, nelle menti dei tre grandi protagonisti ci sarebbe ben poco altro.  Dan Colen avrebbe raggiunto il peggio del peggio con le sue motociclette impilate (Cracks in The Clouds del 2010) presentate alla Gagosian Gallery.

La new generation è U.S.A. e getta

1979, 1979, 1981. Sono gli anni di nascita dei tre giovani artisti più chiacchierati delle ultime ore, dichiarati enfants prodige della nostra Era, ormai sempre più dominata dall’appeal che gli artisti hanno nel loro paese d’origine, in questo caso gli Stati Uniti, un continente dove la storia inizia solo nel 1776. Stiamo parlando di Nate Lowman, Dan Colen e Dash Snow. Quest’ultimo scomparso nel 2009 alla splendida età di 27 anni per una dose eccessiva di droga. Una di quelle patetiche figure che andavano di moda ai tempi di Rimbaud e Verlaine. Quella tipologia di artista maledetto che negli anni ’80 rivide la luce grazie alla Factory di Warhol che ebbe la forza e la scelleratezza di creare personaggi entusiasmanti come Basquiat e Haring. Persone che nel tempo si sono conquistate la fama e il titolo di “artista”. Oggi questo insieme di lettere è sulla bocca di tutti, ma veramente pochi ne conoscono il vero significato.
In ogni caso possiamo tranquillizzarci tutti, non ci troviamo di fronte ai nuovi genii delle arti visive in grado di girare le poche carte coperte del noiosissimo tavolo dell’arte contemporanea, e questo per un solo motivo: la differenza con gli artisti veri si vede a occhio nudo. Si nota nella qualità del lavoro, nella proposta, nella ricerca infantile, datata e figlia di una generazione di graffitari post-punk che non vale più la pena neanche di testare. Di fronte alle opere di Dan Colen si può addirittura rabbrividire pensando a quello che fecero Rauschenberg e Arman negli spendidi anni ’70. E pensare che Rauschenberg è scomparso solo un anno prima di Snow a ben ottantatre anni, insomma una dignitosa carriera da artista, lunga una vita, a differenza di una vita abbandonata sul marmo di una suite d’hotel, in cambio di una dose in più.

Massimo De Carlo a Roma con Dan Colen, Nate Lowman e Dash Snow

Il 20 settembre 2011 Massimo De Carlo, con il coordinamento di Ludovico Pratesi, porta a Roma Three Amigos, un progetto inedito, unico nel suo genere, che vede esporre in tre mostre personali distinte tre giovani artisti americani di fama internazionale, Dan Colen, Nate Lowman e Dash Snow, rispettivamente a Palazzo Rospigliosi, all’American Academy in Rome e al MACRO. Tre luoghi significativi, simbolo dell’anima storica, formativa e contemporanea di Roma, diventano sedi privilegiate in cui gli artisti sviluppano tre distinti progetti pensati e realizzati in relazione alla natura specifica dei luoghi.

Sulla copertina del numero di gennaio del 2007 il New York Magazine pubblicò l’immagine di tre ragazzi mentre dormivano, uno accanto all’altro. L’articolo li definiva “figli di Warhol”, e parlava di un gruppo di giovani artisti newyorkesi, fra cui Dash Snow, Dan Colen e Nate Lowman, che stava scuotendo la città e il mondo intero dell’arte contemporanea. Con i loro lavori provocatori, scandalosi e politicamente scorretti questi ragazzi raccontavano se stessi, la loro vita, la loro città, in uno stile completamente nuovo che all’epoca fece molto scalpore, ricco di citazioni e riferimenti a vicende personali. La cosiddetta Bowery School era considerata un’unica, grande famiglia.

Rashid Johnson – 25 days after October / Yotta Paintings

Il 25 novembre la Galleria Massimo De Carlo di Milano inaugura 25 days after October la mostra personale di Rashid Johnson. Uno degli artisti americani più interessanti dell’ultima generazione realizzerà una nuova serie di sculture e lavori su specchio ispirati agli scrittori e intellettuali William Faulkner, Bertrand Russell e William Edward Burghardt Du Bois.

Attraverso i suoi lavori, che spaziano dalla fotografia, alla scultura e al video, Rashid Johnson si interroga sulla propria identità, culturale e razziale. Ispirato dalla cultura afroamericana, dalla letteratura, dalla storia dell’arte, dal misticismo come dalla cosmologia, l’artista utilizza differenti materiali, come cera, legno, specchi e ceramica, e oggetti di tutti i giorni, come libri, cd, videocassette e piante in maniera puramente utilitaristica: li svuota del loro significato primordiale per dare origine ad un nuovo linguaggio, di cui l’artista è l’unico autore.

All’asta di beneficenza per Haiti spunta Patti Smith

Poche sere fa più di 600 membri della comunità artistica di New York si sono riuniti nella sede di Sotheby’s per un’asta di beneficenza a supporto della campagna Tools For Thought, fondazione creata nel gennaio 2010 da Diana Campbell e Julie Ragolia con lo scopo di raccogliere fondi per la ricostruzione di Haiti dopo il tremendo terremoto.  Alcuni celebri personaggi della scena dell’arte internazionale sono stati invitati a donare un oggetto per la grande asta.

Tra le opere proposte vi erano anche pezzi di rilievo come uno skateboard donato dall’artista Marilyn Minter. Altri grandi nomi della scena come Dan Colen, Roxy Paine e Aurel Schmidt hanno partecipato donando una loro opera e dando il via ad una guerra di offerte decisamente forsennata, il tutto all’insegna della solidarietà. Il magnifico evento è stato impreziosito dalla presenza della dea del punk Patti Smith che ha suonato dal vivo ed ha donato My Horse in Namibia, una stampa arricchita da una sua poesia.

Dan Colen – Karma

Il 22 marzo la Galleria Massimo De Carlo di Milano inaugura Karma, la prima personale in Italia di Dan Colen. In mostra alcuni lavori inediti: la maggior parte di essi, come una gigantesca rampa da skateboard, o i trenta tabelloni da basket che diventano tessere di un grande domino, sono connessi alla produzione di Colen più conosciuta, legata alla cultura street e underground da cui l’artista proviene e dalla quale trae spesso ispirazione. Altri lavori, come la serie di confetti paintings, oli su tela che riproducono stelle filanti e coriandoli, o stampe fotografiche su tela di pubblicità commerciali, mostrano una nuova fase in cui, coerentemente al suo percorso stilistico, l’artista si focalizza su nuove tecniche e nuovi soggetti.

Nato nel 1979 a Leonia, nel New Jersey (USA), Dan Colen è considerato una stella nascente nel mondo dell’arte contemporanea. Dalla sua prima mostra, nel 2003, ha catalizzato su di sé l’attenzione del mondo dell’arte e dei mass media, quest’ultimi attirati anche dalla vita scandalosa ed eccessiva che l’artista conduce a New York, assieme ad altri esponenti della cosiddetta Bowery School. Nel 2006 compare, assieme a Ryan McGinley e Dash Snow (deceduto lo scorso giugno per un’overdose di eroina), sulla copertina del New York Magazine, che definisce il trio “figli di Warhol”.

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