Un documentario manda Banksy su tutte le furie

Ed alla fine anche il fuorilegge Banksy ha deciso di ricorrere alla legge. Certo da un artista che cela la propria identità, andando in giro a compiere le sue azioni prevalentemente su proprietà pubbliche o private, non ci si aspetterebbe un comportamento per così dire “istituzionale” ma stavolta c’è di mezzo l’orgoglio personale e la salute di un malcapitato collega.

La pietra dello scandalo è Graffiti Wars, un documentario sulla ormai celebre guerra tra Banksy e King Robbo, andato in onda su Channel 4 la settimana scorsa. Il documentario ha posto l’accento sulla rivalità fra i due artisti, facendo in qualche modo credere che la colpa dell’infortunio alla testa che ha messo K.O. Robbo sia attribuibile a Banksy: “E’ iniziata come una banale scaramuccia ma è si è trasformata in una battaglia al vetriolo” così la voce narrante ha definito l’affaire Banksy-Robbo.

Sarah Morris: come ti copio l’origami

composizione Hyperallergic

Dopo le vicende di Richard Prince e le sue opere create utilizzando fotografie di Patrick Cariou, torniamo ancora una volta a  parlare di arte e diritto d’autore. Questa volta la mosca al naso è saltata a Robert J Lang che si è visto scopiazzare alcune sue opere in maniera abbastanza plateale da Sarah Morris. Il bello è che Lang è un artista che lavora prevalentemente con la tecnica orientale dell’Origami e Sarah Morris è una pittrice. Ed allora, come si è potuto compiere l’orrendo misfatto?

Partiamo dall’inizio, Lang ha iniziato la sua carriera negli anni ’60 ed a quei tempi l’occidente non aveva molta dimestichezza con l’origami. L’arte del piegare la carta infatti ha cominciato a diffondersi nel resto del mondo a partire dagli anni ’70 ed ’80 quando sono state introdotte nuove tecniche e soprattutto nuove figure al fianco di quelle tradizionali,  l’origine dell’origami (in Giappone) è infatti strettamente legata alla religione scintoista e molti la datano attorno all’epoca Muromachi, vale a dire 1392-1573.

Gagosian vende ad un collezionista un’opera del MET e Mr Brainwash si appropria dei Run DMC

Il variegato mondo dell’arte contemporanea non è solamente il tempio della creatività o il giardino dell’Eden dove tutto è rose e fiori. Trattandosi di un ambiente dove gira molta vil pecunia, accade spesso di trovarsi in situazioni poco chiare che finiscono poi nelle aule di un tribunale. In questi ultimi giorni infatti Robert Wylde, collezionista inglese, ha sporto denuncia contro la Gagosian Gallery presso la corte di Manhattan. Il pomo della discordia è un dipinto intitolato The Innocent Eye Test del 1981 ad opera di Mark Tansey.

Wylde acquistò il dipinto da Gagosian nel 2009 ma il celebre gallerista omise al collezionista che il Metropolitan Museum of Art di New York era proprietario al 31 percento dell’opera in questione. Wylde inoltre dichiara di aver ricevuto una risposta positiva da Gagosian per l’acquisto di un dipinto di Richard Prince del valore di 2.2 milioni di dollari sempre nel 2009 ma in seguito la galleria scelse di vendere l’opera ad un altro collezionista per una cifra maggiore.

Tino Sehgal e le sue strane vendite mettono in cattiva luce il Centre Pompidou

Il video artista francese Fred Forest è alla ricerca della verità. A dirla tutta la sua lotta per far luce sulle spese del Centre Pompidou di Parigi va avanti da oltre dieci anni e sembra ben lungi dal terminare. Il fatto è che Fred Forest accusa il Centre Pompidou di essere poco chiaro nei suoi acquisti delle opere in collezione permanente e c’è da dire che in passato la legge gli ha dato ragione. L’ultima vicenda in ordine di tempo riguarda l’acquisto da parte della celebre istituzione della performance Welcome to This Situation del chiacchieratissimo artista Tino Sehgal.

L’opera in questione è costituita da sei attori che mettono in scena una conversazione contenente citazioni da filosofi sconosciuti, ogni qualvolta un visitatore si trova ad entrare nell’ambiente gli attori lo accolgono con un bel Welcome to This Situation. Questa performance è quindi l’acquisto del Centre Pompidou che da oggi può rimetterla in scena a proprio piacimento Come già accennato in un nostro precedente articolo Tino Sehgal è solito vendere le sue opere in forma verbale in presenza di un notaio, senza alcun contratto scritto e soprattutto senza una ricevuta.

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