Parasimpatico – Postsimpatico = Pippilotti Rist all’ex cinema Manzoni

Ho letto che Pippilotti Rist vuole ritirarsi a cucinare nel Somerset, in Inghilterra, e mi sono sentita un po’ sollevata perché va detto fuori dai denti: questa volta caro Massimiliano Gioni, secondo me e per quel che vale, hai toppato alla grande. Il meccanismo adottato dalla Fondazione Trussardi ormai è noto: ogni anno viene scelto un luogo milanese chiuso al pubblico e lo si riapre installando una mostra di qualche artista di quelli che conosce pure la massaia che segue l’inserto culturale del Tg2. E fin qui tutto bene, anzi benissimo: luoghi suggestivi, riappropriamento della città, arte per tutti e gratuita, nomi prestigiosi…

Ho sempre apprezzato il lavoro svolto  e ne ho sempre scritto con entusiasmo, ma credo che ora sia arrivato il momento di essere coraggiosi e questa mostra è tutto il contrario. Nulla da dire sulla scelta del luogo, tuttalpiù vorrei sapere come mai una sala cinematografica così maestosa e affascinante sia chiusa al pubblico. Marmi, dipinti e decorazioni in ogni dove che non avrebbero bisogno di nessun evento per essere degni di nota, invece sono stati declassati a sfondo per proiezioni. Riflettendo sui motivi che possono aver portato un’artista a mutilare sia le proprie opere che un luogo del genere con un allestimento così irritante è che si aveva il timore di risultare troppo banali a proiettare video arte in un cinema.

Cose belle e sogni grandi – Diamo alla Fondazione Trussardi ciò che è della Fondazione Trussardi

“Due sono i modi di stare al mondo: da pellegrini o da viandanti. I primi hanno un traguardo sicuro e vanno, seppur con qualche comprensibile esitazione, dritti per il loro percorso. I viandanti invece perdono quasi subito la strada maestra, non hanno ben chiaro l’obiettivo del loro movimento, per curiosità o timore, imboccano altre vie, passano per itinerari e paesi lontani, spesso tornano sui propri passi. Forse, come disse Samuel Beckett a Charles Juliet, tutti dobbiamo trovare la strada sbagliata che ci conviene”. (Vado a vedere se di là è meglio, di Francesco M. Cattaluccio)

Vorrei credere che sia davvero così, che i lavoratori del mondo  dell’arte (critici, curatori, galleristi e artisti) siano tutti viandanti, capaci di osare, di cambiare direzione e di non stancarsi mai di cercare nuove strade. La realtà ovviamente è che qualcuno lo è, qualcuno meno e ad ogni assegnazione di premio o riconoscimento le accuse e le critiche si sprecano, e i giochini ci sono e il denaro piace a tutti.

Quello che conta per me è non smettere di indicare con forza la strada giusta e nel frattempo godere delle occasioni in cui il lavoro è ben fatto a servizio dello spettatore. Una di queste, senza sorprendere, è l’esposizione organizzata dalla Fondazione Trussardi per celebrare i cento anni della griffe.

Dalla poetica leggera di Tacita Dean al malcelato cinismo di Paul McCarthy

È dal lontano 2003 che la Fondazione Trussardi si è fatta baluardo dell’arte contemporanea sul territorio meneghino, ma soprattutto, si è fatta carico di riportare alla luce i tesori propri della città: i suoi palazzi. Da Palazzo Litta a quello della Ragione, il Circolo Filologico Milanese e l’Istituto dei Ciechi, luoghi di storia a cui la Fondazione diede nuovo lustro.

E con l’uscita di un libro che raccoglie la storia di queste gesta, la direzione artistica di Massimiliano Gioni riesce ad affondare un nuovo colpo, anzi molteplici colpi, considerando i fattori che decretano, già alla sua inaugurazione, il successo della mostra. Prendi uno degli artisti più quotati al mondo, sovvenziona la prima mostra istituzionale del suddetto artista su suolo italiano, mettilo in un palazzo storico chiuso al pubblico dagli anni ’80 e permettigli di portare un progetto monumentale inedito su cui lavora da sette anni e non ancora terminato. Diciamolo: è troppo facile così!

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