21×21: 21 artisti x il 21° secolo

Il 25 marzo la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino inaugura 21×21: 21 artisti x il 21° secolo, una mostra curata da Francesco Bonami dedicata alla giovane arte italiana, promossa da Confindustria e Unione Industriale di Torino. L’evento si colloca nel programma di celebrazioni per il Centenario di Confindustria, fondata a Torino nel 1910.

La mostra intende sostenere la produzione artistica e il percorso dei giovani talenti più promettenti e valorizzare la creatività italiana. L’esposizione presenterà un’ampia selezione di lavori nuovi o appositamente prodotti, realizzati da 21 giovani artisti italiani. La mostra sarà strutturata in forma di percorso tematico, riunendo opere che riflettono su un argomento di interesse sia per il campo artistico che per la cultura industriale: il rapporto tra innovazione e tradizione, tra l’ideale del progresso e quello della tutela di un patrimonio esistente, la tensione creativa che anima ogni cambiamento.

Francesco Bonami punta il dito contro Vittorio Sgarbi

La doppia nomina di Vittorio Sgarbi come curatore del padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2011 e come supervisore delle acquisizioni del MaXXi di Roma ha sicuramente diviso il mondo dell’arte italiano ed ancora oggi le polemiche non accennano a diminuire. In tutto questo tourbillon di notizie, dichiarazioni e smentite è però interessante sommerfarsi a riflettere su ciò che pensano all’estero dell’intera faccenda. Andiamo quindi a leggere cosa hanno scritto sull’importante testata

La prossima edizione della Biennale di Venezia sarà un appuntamento molto sentito dagli italiani poiché la nazione celebra il 150 anniversario dalla sua unificazione proprio nel 2011. Il ministro della cultura Sandro Bondi ha difeso la sua scelta insistendo sul fatto che: ”Sgarbi ha una profonda conoscenza del patrimonio culturale italiano”.

Ma la nomina di Sgarbi ha ricevuto alcune critiche da parte del suo collega e compatriota Francesco Bonami, curatore della Whitney Biennial 2010. “Sfortunatamente l’italia ha ciò che si merita, l’arte contemporanea sta a Sgarbi come l’America a Bin Laden e non c’è dubbio che Sgarbi come Bin Laden è ferocemente in lotta contro il suo nemico. Questa nomina è quasi come un attacco suicida alla dignità italiana” ha dichiarato Bonami ai microfoni di Art Newspaper.

Focus on Whitney Biennial parte II: i veterani dell’arte contemporanea

Eccoci al nostro secondo appuntamento con i protagonisti della Whitney Biennial 2010 targata Francesco Bonami. Anche se ognuno tende ad associare la manifestazione alla giovane arte ( che abbiamo descritto nel precedente articolo), quest’anno la biennale offre un vasto panorama di artisti veterani del contemporaneo. Andiamo a conoscere i 17 artisti che superano i 40 anni di età:

Ari Marcopoulos, classe 1957, autore di foto in bianco e nero che documentano gli albori della scena hip hop. Marcopoulos ha collaborato con Andy Warhol negli anni ’80 ed è apparso sui più importanti fashion magazine. Michael Asher, classe 1943, artista concettuale e critico istituzionale, ha esibito le sue opere in musei come il MoMa ed il Pompidou Center. Charles Ray, classe 1953, solitamente creatore di forme concettuali e minimaliste. Recentemente l’artista ha creato una scultura gigante che raffigura un contadino sul suo trattore. ha già partecipato alle edizioni 1989, 1993, 1995 e 1997 della Whitney, un vero veterano. Robert Williams, classe 1943, conosciuto per i suoi dipinti figurativi caratterizzati da un’aura sinistra e bizzarra. Pioniere della lowbrow art ha esposto in musei come il Moca ed è rappresentato dal mitico gallerista Tony Shafrazi.

Uno sguardo ai giovani protagonisti della Whitney Biennial 2010

Motori accesi per la 2010 Whitney Biennial in programma al Whitney Museum dal 25 febbraio al 30 maggio. La manifestazione, curata da Francesco Bonami e Gary Carrion-Murayar si preannuncia quest’anno decisamente interessante (vedi nostro precedente articolo) vista la presenza di veterani fino adesso un poco sottovalutati dai grandi giri dell’arte contemporanea e di un agguerrito drappello di giovani artisti. Nel corso degli anni la Whitney Biennial non ha mancato di dividere le opinioni di pubblico e critica, basti pensare al commento del critico del New York Times, Michael Kimmelman che nel 1993 scrisse semplicemente:”Odio la mostra“.

Ovviamente noi puntiamo sul nostro Francesco Bonami, professionista che nel corso della sua carriera ha sbagliato poco o niente. Dicevamo dei giovani artisti e quest’anno in Biennale vi sono ben 15 artisti sotto i 40 anni e vorremmo descriverli succintamente nelle prossime righe. Si parte da Richard Aldrich classe 1975, conosciuto per i suoi dipinti che mescolano strategie minimaliste all’arte di Rauschenberg.

Correva l’anno 2009, il peggio dell’arte contemporanea secondo Globartmag

Giunti alla fine di questo lungo ed interessante 2009 è ormai tempo di bilanci e come si sa ogni testata che si rispetti stila la sua personale classifica del meglio visto nei mesi precedenti. Noi di Globartmag solitamente vi offriamo solo il meglio ed è per questo che stavolta abbiamo deciso di stilare una ricca top ten con il peggio del minestrone artistico nazionale, cose che non avremmo mai voluto vedere ma che è possibile vedere solo (per fortuna) in Italia, quindi allacciate le cinture e preparatevi a tutto:

1 Il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2009
L’horror vacui colpisce il duo curatoriale formato da Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli noti ormai come B&B. Ci si aggrappa ai fasti del Futurismo(?) e si riempie un padiglione-feijoada di opere ammassate, manco fosse una fiera d’arte. Tra presenze pittoriche imbarazzanti ed installazioni non meglio identificate il dramma si compie mentre la critica cala la scure. Quei pochi artisti che riescono a salvarsi galleggiano come isole perse in un dramma da feuilletton del  secolo scorso. Intanto al vernissage piove e tutti entrano in sala per ripararsi con sommo piacere degli organizzatori che sbandierano un boom di presenze mai visto. Contenti loro, depressi noi.

2 Quer pasticciaccio brutto del Premio Cairo 2009
Vince Marzia Migliora ma durante la premiazione il gallerista di Changing Role, Guido Cabib fa giustamente notare che l’opera premiata non è inedita, cosa che il regolamento impone. Segue la protesta su internet (viene persino istituito un gruppo su Facebook intitolato Il premio Cairo 2009 va annullato) e su varie testate che chiedono il ritiro dell’artista. Alla fine dopo un lungo periodo di imbarazzo la giuria del premio decide di squalificare Marzia Migliora ed assegnare il primo posto a Pietro Ruffo. La vicenda si chiude con una dichiarazione di Marzia Migliora che si ritiene vittima di tutta la faccenda. Cui Prodest?

3 Le nomine innominate del Castello Di Rivoli
Il balletto per la nomina del direttore della prestigiosa istituzione è il vero giallo di fine 2009, un delitto irrisolto con una trama alquanto intricata: il presidente Giovanni Minoli annuncia la prima sorpresa, i direttori sono due Andrea Bellini e Jens Hoffmann, poi quest’ultimo si defila inaspettatamente e senza un vero perché, il cda che prima l’aveva scelto presentandolo come uomo di fiducia lo accusa di non esser degno di fiducia. Al suo posto compare  Beatrice Merz, presidente della fondazione dedicata al celebre padre. Come diceva quella canzone di De Gregori? E non c’è niente da capire.

4 Alva Noto/Carsten Nicolai a Napoli
Proprio in zona Cesarini arrivano il pacco, il doppio pacco ed il contropaccotto. Nicolai viene ingaggiato per creare un’installazione a Piazza Del Plebiscito, dopo neanche tre giorni di “mostra” e 500mila euro spesi per l’intera operazione (tra l’altro molto bella) il curatore Eduardo Cicelyn rimuove il tutto per motivi di sicurezza.

La Pittura è morta? diecimila dollari a chi riesce a provarlo

 Gli anni passano e noi siamo sempre qui a parlare delle stesse cose, ovviamente il problema non riguarda solamente il nostro piccolo Stivale ma si estende ben oltre i confini nazionali, valicando catene montuose e superando gli oceani. Insomma in ogni parte del globo ci si pone sempre la solita domanda: La pittura è veramente morta? noi di Globartmag abbiamo più volte affrontato questo argomento ed abbiamo vagliato numerose ipotesi. Questa volta però la cocente ed oramai noiosa domanda potrebbe farvi guadagnare qualche soldino. Già perche il celebre critico americano Jerry Saltz ha riaperto il vaso di pandora ed ha girato la questione a tutto il popolo di Facebook.

Il critico ha invitato il pubblico ad aggiungerlo tra gli amici all’interno del celebre social network. Successivamente chiunque potrà dare una risposta alla domanda “La pittura è morta?se qualcuno riuscirà ad argomentare e portare prove concrete della morte della pittura Jerry Saltz lo ricompenserà con 10.000 dollari sonanti e sembra che il celebre critico sia seriamente intenzionato a portare a termine la scommessa. Se nessuno riuscirà a portare prove oggettive della morte della pittura allora secondo Saltz:”La frase la pittura è morta non dovrà essere scritta per almeno due anni e chiunque tra critici e curatori abbia intenzione di discutere su di un quadro dovrà approfondire al meglio i suoi scritti” questo è quanto si legge dalla pagina di Facebook di Jerry Saltz.

La riscossa delle donne alla Whitney Biennial

Proprio nell’anno delle celebrazioni per i 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, un’altra barriera sociale sembra essere crollata nel mondo dell’arte contemporanea. Scrutando attentamente la lista dei 55 artisti partecipanti alla 2010 Whitney Biennial è facile notare che il 52% è rappresentato da esponenti del sesso femminile.

Insomma sembra che qualcosa si stia muovendo a favore del gentil sesso e per quanto ci riguarda la cosa non può che farci piacere visto la potenza creativa di cui sono dotate le temibili ragazze dell’arte. La presenza di artisti donne è aumentata esponenzialmente nel corso delle ultime edizioni della grande manifestazione, nel 2000 la Whitney Biennial era infatti composta dal 36% di artisti donne mentre nel 2008 le quotazioni erano salite al 40%. Jerry Saltz ha ultimamente intervistato Francesco Bonami,  il curatore della manifestazione, chiedendo il perché di questa super presenza delle donne alla manifestazione: “Io ed il co-curatore Gary Carrion-Murayari non siamo andati alla ricerca di artisti donne perché la loro bravura era davanti ai nostri occhi, è stata una selezione naturale e non un’intenzione. Pensare alla Biennial in questi termini è altamente fuorviante”.

Francesco Bonami e la Whitney Biennial 2010 ai tempi della crisi

L’edizione della newyorchese Whitney Biennial 2010 non sarà solo un’importante occasione per osservare i nuovi trend dell’arte contemporanea internazionale. La manifestazione infatti rifletterà in pieno l’andamento sociale ed economico dell’intero globo. In questi tempi di recessione l’evento ha quindi deciso di rimpicciolire la sua offerta passando dai 100 artisti del 2006 e gli 81 del 2008 sino ai 55 della presente edizione. Anche la superficie espositiva sarà ulteriormente ridimensionata e verrà unicamente contenuta nel Whitney Museum of American Art invece di allargarsi su una seconda location come nella Biennial del 2008 quando fu occupato gran parte della Park Avenue Armory.

La grande manifestazione si terrà dal 25 febbraio 2010 sino al 30 marzo e sarà curata dal nostro Francesco Bonami assieme a Gary Carrion-Murayari giovane assistente curatoriale che ha già fornito il suo valido aiuto nelle edizioni 2004 e 2006. Quest’anno la Whitney Biennial presenterà un interessante mix di artisti e di generazioni visto che l’offerta spazia da Tam Tran, giovane fotografa di 23 anni, sino ad arrivare all’artista concettuale Lorrain O’Grady di 75 anni. Tra i nomi di spicco della scena internazionale saranno presenti George Condo, Piotr Uklanski e Charles Ray autore dell’attesissima e misteriosa opera Boy With a Frog commissionata da Francois Pinault per Punta Della Dogana nel corso della passata edizione della Biennale di Venezia.

Italics sbarca in America

Importante tappa americana per la mostra Italics: Italian Art between Tradition and Revolution, 1968-2008 che sarà ospitata dal Museum of Contemporary Art (MCA) di Chicago dal prossimo 14 novembre fino al 14 febbraio 2010.

L’evento rappresenta una grande opportunità per l’arte contemporanea nostrana che finalmente riesce a sbarcare negli U.S.A. con un progetto interessante il quale potrebbe rappresentare una buona vetrina e fare da traino al nostro affannato sistema. Italics non è solamente una collezione di arte made in Italy ma una vera e propria dimostrazione di quanto il nostro passato artistico influenzi sia esteticamente che filosoficamente le giovani generazioni di artisti emergenti forgiando la loro identità.

Tutti vogliono François Pinault

François Pinault sembra essere divenuto il divo del momento. Il famoso imprenditore francese che possiede e gestisce la catena di vendita e produzione di beni di lusso PPR è stato il fautore dell’evento più chiacchierato della 53esima Biennale di Venezia.

Mapping the Studio: Artists from the François Pinault Collection, la mostra con opere provenienti dalla collezione del famoso miliardario e curata da Francesco Bonami e Alison M. Gingeras è stata inaugurata con annesso bagno di folla il 6 giugno scorso simultaneamente a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana, il nuovo centro d’arte contemporanea della François Pinault Foundation reduce da un intervento di restauro affidato all’architetto giapponese Tadao Ando.

Glenn Brown e i ritratti alieni

 La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta dal 28 maggio la retrospettiva dell’artista britannico Glenn Brown, organizzata in collaborazione con la TATE Liverpool e a cura di Francesco Bonami e Laurence Sillars.

Glenn Brown è uno degli artisti più apprezzati della sua generazione e questa mostra è la più ampia rassegna finora dedicata al suo lavoro. Nel corso della sua carriera Brown ha preso ispirazione da fonti molto diverse tra loro, mettendo sullo stesso piano Fragonard e Dalì, il ritratto storico e le immagini fantastiche prodotte dalla fantascienza. Brown lavora sull’immagine di partenza fino a modificarla profondamente, creando così un’opera completamente nuova ma che evoca nello spettatore qualcosa di familiare, di conosciuto.

Torna a Torino, ovvero l’epopea di Adel Abdessemed

Adel Abdessemed nel suo studio di Parigi

Da pochi giorni è stata finalmente riaperta al pubblico alla fondazione Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino la mostra Le ali di Dio dell’artista franco-algerino Adel Abdessemed, classe 1971. La mostra che doveva aprirsi a febbraio è stata per molti giorni al centro di numerose polemiche che erano culminate con la sospensione a data da definirsi dell’intero evento. Pietra dello scandalo il video Trust me che l’artista ha girato nel 2007, all’interno del video immagini certamente forti che ritraggono mucche, maiali, cavalli, cerbiatti e capre soppressi da uno scioccante e secco colpo di martello. L’artista non è nuovo a tali scottanti tematiche visto che nei suoi precedenti lavori ha compiuto ricerche sulla violenza e sul terrorismo.

Francesco Bonami, curatore della mostra già famoso critico ed esperto d’arte, difende il progetto presentato asserendo che ciò che Abdessemed descrive è  «La nuda brutalità del morire, senza alcun sottinteso romantico», ed ancora aggiunge:

“Abdessemed si muove autonomamente dentro le convenzioni del sistema sociale. Portare un leone in giro per strada non credo sia illegale. Confondiamo la parola illegalità con la parola paura. Abdessemed lavora con la paura collettiva o forse contro di essa”.

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