L’arte contemporanea sul banco degli imputati

Il mercato dell’arte contemporanea internazionale non è sempre tutto rose e fiori ed oltre alle strette di mano per compravendite riuscite o le gioiose felicitazioni per opere meravigliose e mostre riuscite, ogni tanto qualche litigio con annesso strascico legale salta fuori a movimentare l’intero scenario.

Si parte con la pluriblasonata Gagosian Gallery che ha citato in giudizio la compagnia aerea Lufthansa. La divisione cargo avrebbe infatti danneggiato irreparabilmente durante il trasporto un dipinto dell’artista americano Brice Marden. Il dipinto dal titolo Au Centre (1969), opera in due pannelli, durante il volo si è liberato dalle imbracature che lo assicuravano alle paratie della stiva e successivamente è stato sballottato con conseguente distacco di alcune grandi parti dipinte. Secondo Gagosian il danno ammonterebbe a 3 milioni di dollari.

Quando il supermarket dell’arte fallisce

 

Ieri vi abbiamo parlato della defezione di Damien Hirst dalla Gagosian Gallery, che nel giro di pochissimo tempo ha perso altrui due mega-pupilli come Jeff Koons e Yayoi Kusama. Bene, la stampa di settore si è dimenticata di aggiungere che la piccola fuga da Gagosian è in realtà una vera e propria emorragia, visto che altre “pedine” della scacchiera hanno da tempo abbandonato Mr. Gaga.

Albert Oehlen: dai dipinti Pop all’essenzialità dei ‘Drawings’

Fino al 27 luglio la Gagosian Gallery di Roma ospita la mostra ‘Drawings’ di Albert Oehlen, proseguimento dell’esposizione di dipinti dell’artista presentata a marzo presso la Gagosian Gallery New York di Madison Avenue. A due passi da Piazza di Spagna e da Via Veneto sorge l’imponente edificio ristrutturato nel 2008 per accogliere la nuova sede di una delle principali gallerie di arte contemporanee mondiali.

Le colonne in stile corinzio dell’entrata ricordano la facciata di un tempio greco, anticipando le ampie dimensioni dei suoi interni, dove i recenti disegni di grande formato (300x200cm) del tedesco sono dislocati nei tre ambienti in cui è suddiviso lo spazio. Nella sala ovale, un vasto openspace caratterizzato da un soffitto altissimo e da una serie di finestroni, che invitano l’occhio del fruitore ad osservare il palazzo adiacente, sono distribuiti su una parete bianchissima sei dei nove carboncini su carta presentati per l’occasione.

Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania – vive e lavora tra la Germania, la Svizzera e la Spagna), attualmente insegnante di pittura all’Accademia di Düsseldorf, ha studiato ad Amburgo con Sigmar Polke e ha lavorato a stretto contatto con Martin Kippenberger. Ha conseguito mostre personali presso il Stedelijk Museum di Amsterdam (1997), il Musée d’Art Moderne et Contemporain di Strasburgo (2002), il MOCA di Miami (2005), la Whitechapel Gallery di Londra (2006), il Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi (2009), il Räume für Kunst, Freiburg, Germania (2010) ed il Carré d’Art di Nîmes (2011). Nel 2004–05 il Musée Cantonal des Beaux-Arts di Losanna lo ha celebrato attraverso una retrospettiva.

Albert Oehlen alla Gagosian Gallery di Roma

Gagosian Gallery Roma è lieta di annunciare una mostra di recenti disegni di grande formato di Albert Oehlen. La mostra segue un’esposizione di dipinti dell’artista presentata quest’anno presso la Gagosian Gallery a New York.  Per Oehlen l’atto del disegnare, come il dipingere, è di per sè oggetto della sua opera. Tenendo conto delle naturali regole espressionistiche del disegno, l’artista riflette sul segno e il suo opposto, contrapponendo l’intuito gestuale dell’atto in sè ad una artificialità concepita secondo suoi criteri personali.

Impiegando unicamente il carboncino, l’artista traccia linee decise, a volte ricalcandole, sbavandole o cancellandole in parte, fissando così la composizione sull’ampia superficie di carta. Questi lavori di grande formato esprimono una eleganza grezza, fatta di gesti apparentemente casuali–linee intense e vigorose, sbavature e strisciate–e di sporadici momenti di consapevole tregua. Nella sue opere nulla sembra partecipare alla creazione di una chiara dimensione narrativa o leggibilità pittorica, fatta eccezione per i visibili punti d’inizio e fine che ne rafforzano il contenuto.

Bourgeois, Gilbert & George e Boetti, Londra ha tanto da offrire

Mentre a New York impazza l’Armory Show art week, noi vorremmo spostare l’attenzione dall’altra parte del continente, per osservare attentamente cosa succede dalle parti dell’altro grande polo dell’arte contemporanea, vale a dire il Regno Unito. Se Damien Hirst è riuscito a riempire tutte le Gagosian Gallery del mondo con la sua serie di spot paintings, anche il duo più celebre dell’arte contemporanea non è da meno.

 Gilbert & George sono infatti i protagonisti di una grande mostra personale allestita in tutte le White Cube gallery di Londra. London Pictures è il titolo della mostra, che rimarrà aperta sino al prossimo 12 maggio 2012 nelle sedi di Bermondsey, Hoxton e Mason’s Yard, i prezzi delle opere oscillano dalle 50.000 alle 250.000 sterline.

Qualcuno ci prova a difendere Damien Hirst

Se Damien Hirst non ci fosse, allora bisognerebbe inventarlo. Così scrive Ben Davis sulle pagine di Artinfo, in riferimento all’ondata di polemiche sollevate dal nostro amato/odiato folletto della Young British Artists Generation. Effettivamente già diverse settimane prima del lancio di The Complete Spot Paintings, organizzato in tutte le Gagosian Gallery del globo, Damien Hirst ha subito attacchi da più parti sino a raggiungere il climax con l’invettiva del “collega” David Hockney che ha accusato il nostro di non produrre personalmente le sue opere.

“Ai discorsi fra critici e curatori, manifestare una sorta di ammirazione per Damien Hirst equivale ad affermare di amare il Kitsch. Non ho mai letto così tanto odio negli articoli di critica nei magazine d’arte come in quelli dedicati a Hirst” così afferma Davis nel suo articolo. Effettivamente The Complete Spot Paintings è divenuta il capro espiatorio per eccellenza, la prova effettiva di un’arte contemporanea pericolosamente dirottata verso lo spettacolo che ha definitivamente perso il contatto con la realtà e con il mercato. Hirst non è la causa, casomai l’effetto di un generale impoverimento di idee e contenuti che ha fatto perdere la bussola a tutti.

Muore Mike Kelley, l’ultimo artista/rocker underground

Il grande artista Mike Kelley (58 anni)  è venuto a mancare ieri 1 febbraio mentre si trovava nella sua residenza privata di Los Angeles. La tragica notizia è stata confermata ad Artinfo da Helene Winer della galleria Metro Pictures di New York, dealer che da diverso tempo lavorava con l’artista, e dalla Gagosian Gallery (altra galleria di rappresentanza dell’artista). Cosa ancor più sconvolgente è che Kelley ha deciso di togliersi la vita, commettendo un tragico suicidio.

“Era depresso da diverso tempo ed i suoi amici erano molto preoccupati. E’ una vera tragedia, Kelley era un grande artista, giovane e brillante e di grande influenza per la scena internazionale. Sono scioccata, non posso pensare che Kelley abbia deciso di fare una cosa del genere. Sono sconvolta.” ha dichiarato Helene Winer alla stampa internazionale. Nel corso della sua carriera Kelley ha esplorato il lato oscuro della società americana, prendendo spunto dall’iconografia cristiana, dal Surrealismo, dalla psicoanalisi, dalla cultura Trash, dal folclore e dalla caricatura.

Perché è impossibile amare Damien Hirst ed i suoi Spot Paintings

Così Damien Hirst ha monopolizzato questo lungo inverno dell’arte contemporanea. Il suo faraonico progetto Damien Hirst The Complete Spot Paintings 1986-2011 è finalmente partito e tutte le Gagosian Gallery sparse per il globo sono state prese d’assalto da exhibition-goers, vips, esperti del settore, collezionisti, artisti e semplici appassionati. Tuttavia, dietro le luccicanti paillettes di un sistema sempre pronto al sensazionalismo ed al colpo d’effetto, l’impresa di Hirst può aiutarci a riflettere su alcuni meccanismi che regolano la produzione ed il mercato dell’arte contemporanea.

Hirst ha dichiarato di lasciare ai suoi assistenti la realizzazione degli spot paintings: “mettere mano a questo tipo di dipinti mi annoia parecchio” avrebbe dichiarato l’artista alla stampa internazionale. Ciò ha fatto infuriare i puristi e la critica, persino David Hockney si è scagliato duramente contro Hirst, che tra l’altro avrebbe eseguito solo 5 dei 1.400 dipinti attualmente in mostra. Parlare di “artigianato” e manualità può far sorridere nel 2012, specie se si prendono ad esempio la Factory di Andy Warhol, l’arte concettuale o i murales di Sol LeWitt inviati tramite Fax ed eseguiti dagli assistenti a migliaia di chilometri di distanza.

Hirst copia Willy Wonka e lancia la Spot Challenge

Come ormai tutti sanno il genietto della YBA, MR. Damien Hirst ha già acceso i motori per il suo faraonico progetto dal titolo Damien Hirst: The Complete Spot Paintings, 1986-2011. Si tratta di una mostra iperplanetaria che si aprirà il 12 gennaio in tutte le sedi della Gagosian Gallery sparse per il mondo, un evento in contemporanea senza precedenti che fin dalle prime anticipazioni non ha mancato di generare grandi polemiche ma anche grande curiosità.

Due sedi a Londra, tre a New York, e una rispettivamente a Parigi, Roma, Hong Kong, Atene, Ginevra e Beverly Hills, il supermarket dell’arte contemporanea si riempirà dei mitici Spot Paintings, i quadrucci con i puntini colorati che Hirst delega ai suoi assistenti perché troppo noiosi da realizzare, quelli che hanno mandato su tutte le furie anche un vecchio e navigato volpone come David Hockey, accanito sostenitore dell’intervento manuale dell’artista all’interno della pratica creativa. Ci chiediamo se il buon Hockey sia già venuto a conoscenza dei piani di Hirst per ravvivare la già scoppiettante pluripersonale e nel caso ancora non fosse istruito sulle prossime mosse del folletto, eccoci pronti ad informarlo.

Mostre in giro per il mondo edizione 2012

Eccoci giunti al consueto appuntamento con le mostre in giro per il mondo previste per i prossimi giorni di questo scoppiettante 2012. Se avete deciso di passare le vostre vacanze all’estero, non perdetevi questi appuntamenti: Dal 6 gennaio all’11 febbraio la galleria David Zwirner di New York city propone al suo pubblico i Date Paintings di On Kawara. Alla mostra saranno presenti 150 opere con le classiche date.

Dal 12 gennaio al 18 febbraio tutte le Gagosian Gallery sparse per il globo ospiteranno invece Mr. Damien Hirst ed i suoi Spot paintings, un evento senza precedenti. Dal 29 gennaio al 9 aprile il MoMa PS1 presenta una panoramica sull’artista californiano Henry Taylor. Dipinti naif realizzati su qualunque supporto da una valigia gettata nella spazzatura ad una scatola di cereali, tutto fa brodo per il magico Taylor. Londra dedica invece, dal 9 febbraio al 27 maggio, una grande retrospettiva al pittore Lucian Freud scomparso nel 2011. Alla National Portrait Gallery saranno presenti i suoi ritratti, prodotti nell’arco di 70 anni di prolifica carriera.

Damien Hirst e gli Spot Paintings, nuovi stimoli e giuste energie?

Era da molto tempo che non si sentiva parlare di lui ma evidentemente il folletto dell’arte contemporanea, al secolo mr. Damien Hirst era impegnato a preparare l’ennesimo colpo da maestro. Questa volta il piccolo genio della YBA è tornato sui suoi passi dando forse l’ennesima prova di una mancanza di idee alquanto condivisa all’interno del sistema internazionale, giunto oramai in una fase di stanca.

Per analizzare meglio questa notizia dobbiamo però partire dal passato. Come ben ricorderete, nel 2008 il signor Hirst organizzò un’asta storica, giusto prima del disastro economico dove tra le altre cose scoppiò anche la bolla speculativa dell’arte contemporanea. In quel frangente più di 21.000 persone visitarono la preview exhibition di Sotheby’s con le opere all’asta e nella conseguente vendita di due giorni il celebre artista totalizzò un bottino di circa 200 milioni di dollari. Ebbene, proprio all’alba di quella storica asta, Damien Hirst dichiarò al mondo intero che non avrebbe più creato spot paintings, vale a dire quei simpatici dipinti astratti con i pallini colorati.

Gagosian omaggia Piero Manzoni

Dopo lo straordinario successo della mostra “Manzoni: A Retrospective” presentata a New York nel 2009, Gagosian Gallery il 17 novembre inaugura la mostra Manzoni: Azimut presso lo spazio espositivo di Davies Street, Londra. Con la partecipazione della Fondazione Piero Manzoni, la mostra celebra il lavoro svolto da Manzoni e da alcuni artisti che con lui hanno condiviso l’esperienza della galleria Azimut a Milano, tra il 1959 e il 1960.

Inaugurata il 4 dicembre 1959 nel seminterrato di un negozio di mobili a pochi passi dal teatro La Scala di Milano, Azimut ha aperto con una mostra di Linee di Manzoni, ritenute i lavori più radicali dell’artista fino ad allora: opere composte da una singola linea tracciata su una lunga striscia di carta, arrotolata, firmata, e poi posta all’interno di un cilindro di cartone etichettato dall’artista. Spazio espositivo sperimentale e di nuova generazione, in soli otto mesi di vita Azimut ha presentato ben tredici mostre, trasformandosi presto in un importante punto di riferimento per molti giovani e innovativi artisti internazionali.

Tom Sachs trasforma il Parke Avenue Armory in una missione su Marte

Nel corso degli anni il Park Avenue Armory di New York ha ospitato numerosi eventi artistici che hanno trasformato radicalmente i suoi spazi espositivi. La lista degli interventi ambientali fuori dal comune è infatti molto lunga, basti citare l’installazione No Man’s Land di Christian Boltanski che nel 2010 scaricò nella hall dell’Armory le sue ormai celebri 30 tonnellate di vestiti usati con tanto di braccio meccanico.

Questa volta però la prestigiosa istituzione no-profit ha deciso di fare un ulteriore balzo in avanti, ospitando una missione spaziale. Il progetto prende il titolo di Space Program 2.0: Mars ed avrà luogo nel maggio del 2012 ad opera del funambolico artista Tom Sachs. Per coloro i quali non lo conoscessero, possiamo solo aggiungere che Sachs ha da tempo basato la sua ricerca sui grandi brand e sul rapporto che essi allacciano con la cultura di massa. L’artista, in passato, è stato artefice di sculture alquanto bizzarre come un Hello Kitty gigante, una ghigliottina griffata Chanel, un campo di concentramento di Prada ed una pistola Tiffany.

La new generation è U.S.A. e getta

1979, 1979, 1981. Sono gli anni di nascita dei tre giovani artisti più chiacchierati delle ultime ore, dichiarati enfants prodige della nostra Era, ormai sempre più dominata dall’appeal che gli artisti hanno nel loro paese d’origine, in questo caso gli Stati Uniti, un continente dove la storia inizia solo nel 1776. Stiamo parlando di Nate Lowman, Dan Colen e Dash Snow. Quest’ultimo scomparso nel 2009 alla splendida età di 27 anni per una dose eccessiva di droga. Una di quelle patetiche figure che andavano di moda ai tempi di Rimbaud e Verlaine. Quella tipologia di artista maledetto che negli anni ’80 rivide la luce grazie alla Factory di Warhol che ebbe la forza e la scelleratezza di creare personaggi entusiasmanti come Basquiat e Haring. Persone che nel tempo si sono conquistate la fama e il titolo di “artista”. Oggi questo insieme di lettere è sulla bocca di tutti, ma veramente pochi ne conoscono il vero significato.
In ogni caso possiamo tranquillizzarci tutti, non ci troviamo di fronte ai nuovi genii delle arti visive in grado di girare le poche carte coperte del noiosissimo tavolo dell’arte contemporanea, e questo per un solo motivo: la differenza con gli artisti veri si vede a occhio nudo. Si nota nella qualità del lavoro, nella proposta, nella ricerca infantile, datata e figlia di una generazione di graffitari post-punk che non vale più la pena neanche di testare. Di fronte alle opere di Dan Colen si può addirittura rabbrividire pensando a quello che fecero Rauschenberg e Arman negli spendidi anni ’70. E pensare che Rauschenberg è scomparso solo un anno prima di Snow a ben ottantatre anni, insomma una dignitosa carriera da artista, lunga una vita, a differenza di una vita abbandonata sul marmo di una suite d’hotel, in cambio di una dose in più.
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