ArtVerona – Pensieri sparsi sull’essere fiera

Recensire una fiera è problematico per svariati motivi: il primo, banalmente, è che sono fatte dentro a brutti edifici fieristici, il secondo è che effettivamente io non ne so nulla di come si organizza una fiera e mica è facile confrontarsi con amministrazioni pubbliche e private per cercare di far quadrare il cerchio. ArtVerona poi, non me ne voglia, non è una grande fiera e non è meramente una questione di spazi. Gli addetti ai lavori ben sanno quanto sia difficile riempire gli stand delle fiere che non si chiamano Art First o Artissima (per citare quelle italiane che hanno un po’ d’appeal sul gallerista), e va da se che se non si ha la fama per fare i preziosi, a volte ci si tappa il naso. Che poi bisogna pur sempre dire che la selezione è sempre una questione soggettiva.

Il fatto è che riguardando i miei appunti ritrovo solo i nomi di gallerie ed artisti che già apprezzavo e conoscevo, come Laurina Paperina portata da Studio d’arte Raffaelli di Trento, Silvia Vendramel da De Faveri Arte (Sovramonte – BG), Paolo Cavinato dalla Galleria Mazzoli di Berlino. Interessante lo stand della Otto gallery con Andrea Facco e Gianni Moretti. Rivelazione della fiera è stata la Jarach Gallery di Venezia: artisti originali, con una ricerca decisamente contemporanea sia per scelte stilistiche che tematiche, e una coerenza espositiva generale nello spazio della fiera. 

INVENTARIO PERENNE – Elena Modorati, Gianni Moretti, Paola Pezzi

Nel prestigioso spazio dalle ampie vetrine racchiuse dal colonnato della Pescheria Centro Arti Visive di Pesaro si articolano i lavori installativi di Elena Modorati, Paola Pezzi e Gianni Moretti. Inventario perenne è una tri-personale a cura di Martina Cavallarin che inaugura il 29 aprile e interpretata da artisti la cui ricerca artistica si svolge attorno al processo, a un’enumerazione ossessiva e moltiplicativa manifestata attraverso un’indagine coerente, una rincorsa tra naturale ed artificiale espressa mediante l’uso di linguaggi e materiali differenti. L’arte contemporanea, nella sua trasversalità, sensibilizzazione e apparizione, si apre alla sostenibilità per eludere il destino entropico mediante il massaggio del muscolo atrofizzato della società civile.

Elena Modorati (Milano, 1969) scava nella memoria e nel tempo. Il suo è un lavoro installativo poetico, appeso, galleggiante o adagiato a terra. Ciò che si respira di fronte all’opera è un senso di armonia che acclude dimensione diacronica e sincronica, un riscatto visto dal punto di vista della restituzione dell’oggetto ad un presente consapevole e silenzioso, una disposizione di frammenti che l’arte fa risorgere attraverso altre immagini e altri più profondi e consapevoli significati. Per questa esposizione l’artista milanese presenta delle figure e degli sfondi, installazione di ferro e cartoncino che ci parla di tracce necessarie, un lunario riutilizzato che è simbolo di svuotamenti di funzioni composto da un vecchio schedario contenente dei cartellini timbrati.

Gianni Moretti – Great expectations


Great expectations segna la prima esposizione personale a Bologna di Gianni Moretti (Perugia, 1978) artista che in questa città ha compiuto i suoi studi accademici per trasferirsi poi a Milano, principale luogo in cui vive e lavora, pur spostando continuamente il suo asse in grandi capitali mondiali.

Ed e’ da questo nomadismo intellettuale che prende il titolo la mostra: great expectations infatti e’ un lavoro che si srotola attraverso le differenti aspettative che ciascuno di noi nutre alla vigilia di una partenza, di un evento, di un viaggio. great expectations e’ l’ipotesi di una vittoria o di una sconfitta, di accadimenti che l’uomo puo’ controllare solo in parte essendo innestato in un destino entropico che sempre sfugge al controllo totale. Il titolo della mostra contiene inoltre un altro rimando significativo della memoria collettiva di ciascuno inaugurando l’11 settembre, data che ha segnato indelebilmente il passaggio tra Novecento e Duemila, vera cesoia che fa da spartiacque a politica, economia, impostazione umanistica globalizzata e tribale di tutti i popoli del mondo.

Pilota, l’arte contemporanea in viaggio dentro un camion

Un piccolo camion preso a noleggio e parcheggiato a lato di una strada; della categoria di veicoli normalmente utilizzata per traslochi o spostamento di materiale da un quartiere all’altro o da una città ad un’altra limitrofa. L’interno del container (16m3 4x2x2 mt.) viene utilizzato come spazio nel quale allestire una piccola mostra. Come parte di una carovana il veicolo inizia una traversata polare o desertica in scala urbana, all’interno del container ognuna delle opere delinea il proprio spazio in modo non egoistico, ma mirato alla riuscita della spedizione.

L’unico collegamento tra il baratro sociale che separa il centro di una città dalla sua periferia è la rete stradale; spazio di transito necessario per muoversi tra due punti. È questo un buon luogo per il lavoro? Cosa significa essere “aperti al pubblico”? Si è disposti a prestare attenzione ad incontri casuali o è meglio proseguire dritti verso la propria meta? Il progetto vuole proporre un motivo di sosta culturale, come un incidente di percorso finalizzato alla riuscita di un tragitto dell’immaginario.

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