Donne e arte, una creatività in continuo movimento

 Nella metà degli anni ’80 il celebre gruppo delle Guerrilla Girls imperversava sulla scena dell’arte contemporanea newyorchese producendo posters, cartelloni pubblicitari e libri caratterizzati da un femminismo radicale intriso di cocente ironia. Le Guerrilla Girls orientarono il loro attivismo sull’industria cinematografica hollywoodiana e sulla cultura popolare, irridendo gli stereotipi sessuali e la corruzione del mondo dell’arte. Ovviamente le loro incursioni artistiche erano frutto delle mille battaglie vinte dalle donne a partire dal 1963, anno in cui Betty Friedan, scrisse il libro Mistica della femminilità, nel quale l’autrice denunciava il ruolo coatto di sposa e di madre della donna americana, e rivendicava l’uguaglianza della donna all’uomo nel campo professionale, culturale e politico.

Tanti anni sono passati dalle provocazioni di Betty Friedan, delle Guerrilla Girls e di tante altre eroine al femminile e c’è da dire che tanti cambiamenti sono avvenuti per quanto riguarda il ruolo delle donne nella società moderna. Tornando a parlare di arte, le battaglie politiche e femministe sono oggi ormai accantonate, sono lontani i tempi della riappropriazione del corpo femminile operata dalle performance di Carolee Schneemann, Interior Scroll su tutte, dove l’artista estraeva una sorta di rotolo scritturale di rivendicazione femminile dalla sua vagina. Oggi le donne dell’arte sembrano più attente ai materiali, alle forme ed ai colori e si guardano bene dall’esser additate come femministe.

Biennali e premi con polemiche ad arte

Biennali e grandi manifestazioni artistiche sono sempre nell’occhio del ciclone per quanto riguarda critiche e roventi polemiche. Quest’anno però la Whitney Biennial sembra aver raccolto più polemiche del solito. Giusto ieri la Biennale del Whitney è stata minata da un falso comunicato stampa dove si prendevano in giro gli sponsors della prestigiosa manifestazione.

Andando indietro nel tempo è possibile trovare altri gustosi aneddoti: nel 1987 le Guerrilla Girls attuarono una delle più celebri proteste artistiche della storia, scagliandosi contro la cronica assenza delle donne nelle Biennali dal 1973 al 1987, il tutto all’interno di una mostra intitolata Girls Review The Whitney.

Pubblicità e arte contemporanea

Avete mai pensato che anche la pubblicità potrebbe trasformarsi in arte contemporanea? Beh siamo certi che molti puristi a sentir queste parole storceranno la bocca. Eppure nel corso della storia, l’arte contemporanea ha più volte incrociato (o per meglio dire sfruttato ed evidenziato le ossessioni de) le meccaniche pubblicitarie per giungere al fruitore con inalterata potenza creativa. L’Independent Group capitanato da Eduardo Paolozzi e Richard Hamilton ad esempio, ha di fatto anticipato le ricerche Pop, utilizzando soggetti presi in prestito dalla cultura dei mass media.

Inutile poi citare gli universalmente celebri décollage di Mimmo Rotella che con la pubblicità ed i suoi manifesti strinse un rapporto indissolubile. Ma il mondo della pubblicità e dei grandi brands è stato anche il motore centrale della Pictures Generation, basti citare i cowboy della Marlboro di Richard Prince ed il leone ruggente del video Metro-Goldwyn-Mayer di Jack Goldstein, opera in loop che mostra il brand della nota casa di produzione cinematografica come metafora assoluta del potere dei media.

Il futuro dell’arte è donna

Poetiche ma battagliere, rivoluzionarie e visionarie ma mai banali. Stiamo parlando delle donne dell’arte contemporanea, vere e proprie eroine che hanno cambiato il corso della storia creativa e continuano a farlo anche in questi ultimi tempi. La forza della donna all’interno del sistema arte è stata resa oggettiva dalla predominanza di quote rosa alla scorsa Whitney Biennial ma non è questa l’unica prova della potenza dell’arte al femminile.

L’insostituibile presenza creativa della donna all’interno dell’arte è infatti innegabile. Mi vengono in mente le estenuanti e pericolose prove condotte da Marina Abramovic e Gina Pane, le provocazioni di Valie Export e le trasformazioni di Cindy Sherman, l’attivismo femminista di Carolee Schneemann e l’impegno sociale di Nan Goldin, l’attacco al sistema arte attuato dalle Guerrilla Girls e la profonda sensibilità di Sophie Calle, la belligeranza di Tania Bruguera ed il fiabesco universo di Pipilotti Rist, ma di esempi da fare ve ne sarebbero ancora moltissimi, infiniti per così dire.

Lieto fine per David Wojnarowicz. Ora il suo video è al MoMa

Sul surreale e drammatico atto di censura operato dalla Smithsonian Portrait Gallery di Washington DC nel corso della mostra Hide/Seek ai danni di David Wojnarowicz abbiamo scritto numerosi articoli. Abbiamo inoltre intervistato Michael Iacovone e Mike Blasenstein (cogliamo l’occasione per rimandarvi all’interessante articolo), artisti/manifestanti che si sono introdotti negli spazi museali ritrasmettendo tramite un iPad il video A Fire In My Belly.

Oggi vorremmo aggiungere un lieto capitolo a questa triste vicenda. Come dicevamo al gesto di Iacovone e Blasenstein ha fatto seguito una dura ritorsione da parte dei vertici del museo ma come logico questa ritorsione ha scatenato numerose manifestazioni di solidarietà. Alcuni degli artisti partecipanti alla mostra hanno addirittura chiesto allo Smithsonian di poter ritirare il proprio lavoro dall’evento

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