A chi interessa la critica italiana?

Riusciremo mai a comprendere gli Stati Uniti? Voglio dire che le meccaniche comportamentali del sistema dell’arte contemporanea a stelle e strisce sono totalmente diverse dalle nostre e tentare di confrontarle è un’impressa assai ardua. Questo non significa certo che gli U.S.A. fanno tutto meglio, anzi di castronerie i nostri ne combinano parecchie ma è evidente che uno sguardo più attento all’american way of life non potrebbe far altro che giovarci, ma andiamo nello specifico.

Prendiamo ad esempio la critica d’arte americana, parliamo di figure come Jerry Saltz o piattaforme come Hyperallergic o The Brooklyn Rail. La prassi è quella di recensire le mostre cercando di giudicare ciò che si è visto in maniera schietta e sincera. Le stroncature quindi sono all’ordine del giorno ma si tratta di giudizi che aiutano a crescere, a non ripetere i propri errori. Le gallerie, i musei o gli artisti che subiscono tali critiche non si scompongono più di tanto ed il prestigio della critica è dato soprattutto dalla sua veracità e sincerità.

Le Olimpiadi di Londra fanno alzare i prezzi degli studio del 60%

Come già accennato in alcuni precedenti articoli, le Olimpiadi di Londra 2012 hanno gettato la city in un totale subbuglio. Dalle parti dell’arte contemporanea però le cose sembrano andare a gonfie vele, visto che l’attesissimo evento olimpico ha dato vita ad una lunga serie di interessanti iniziative dal Quarto Plinto di Trafalgar Square passando per i posters creati da Tracey Emin e compagnia cantante.

Insomma la comunità creativa ha il morale alle stelle, direte voi. Ed invece non tutto è come sembra, ma spieghiamoci meglio. Come succede anche dalle nostre parti, alcune zone di Londra si sono trasformate negli ultimi anni in veri e propri art districts. Questo poiché le zone più disagiate dispongono di locali a basso costo che possono essere affittati dagli artisti emergenti. Una di queste zone è Hackney nell’East London, polo creativo preso in considerazione per un’attenta analisi effettuata dal magazine Hyperallergic. Il Blog ci illustra infatti la storia di Dragica Carlin, giovane artista giunta dalla Croazia circa 20 anni fa.

La classifica dei peggio vestiti del mondo dell’arte

Hyperallergic continua puntualmente a deliziare i suoi lettori con le classifiche più strampalate del mondo dell’arte contemporanea internazionale. Dopo aver inventato la classifica dei personaggi meno influenti, in chiara pantomima alle più blasonate hit parade dei personaggi più in vista dell’artworld, ecco che il blog newyorchese ha deciso di stilare la classifica dei look più estremi del giro artistico internazionale.

Vediamo quindi quali sono le posizioni più divertenti di questa pazza classifica. Al primo posto c’è Kalup Linzy. L’artista che ha recentemente collaborato con James Franco è un tornado kitsch. Vestiti da donna e colori incredibili. Linzy non è una drag queen nel senso più stretto del termine ma è uno a cui piace indossare la parrucca sopra una bella e folta barba. Al secondo invece troviamo mr Klaus Biesenbach. Già celebre per la sua austerità e per le sue impercettibili variazioni nei colori, il capo curatore del MoMA è accusato di abbinamento doloso. I sui match di colori sono infatti quanto di più incredibile si sia mai visto nel mondo dell’arte.

La classifica delle personalità meno influenti del mondo dell’arte

Qualche settimana fa vi avevamo parlato della Top 100 di Art Review, classifica dedicata alle personalità più influenti del mondo dell’arte contemporanea. Oggi Hyperallergic ha creato una personale ed ironica classifica con le personalità meno influenti del circuito dell’arte internazionale, realtà e categorie ai bordi del dorato art system che per una ragione o per un’altra non riescono ad entrare nel gotha del sistema. Ai primi posti si è classificato il ragazzo travestito da coniglio che abitualmente passeggia davanti la sede di Gagosian di New York in segno di protesta. Nelle posizioni di testa anche la categoria dei curatori indipendenti, sempre in lotta per racimolare fondi e spazi per i loro progetti artistici.

Al quarto posto seguono gli artisti che non parlano, inglese, francese, tedesco o spagnolo, mentre nel resto del mondo esistono approssimativamente 6.800 idiomi, il sistema dell’arte parla unicamente queste lingue strettamente connesse all’economia. Al quinto posto si piazzano i presenzialisti del vernissage, gente che salta da un opening ad un altro in cerca di un buon bicchiere di vino e patatine, magari in mezzo a loro c’è anche qualche senzatetto ed allora tale funzione sociale ricoperta delle gallerie non sarebbe neanche male.

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