
C’è chi, come Dadiv Hockney usa l’iPhone per dipingere…
C’è chi, come Dadiv Hockney usa l’iPhone per dipingere…
Quando il mondo dell’arte contemporanea incontra quello della tecnologia c’è sempre da divertirsi, specialmente se si tratta di concedere all’utente la possibilità di apprendere qualcosa di nuovo, di fruire al meglio un’opera o magari di crearne una. In questi giorni il LACMA di Los Angeles ospita la mostra In Wonderland, una retrospettiva di arte surrealista tutta al femminile.
La media artist Jody Zellen ha quindi deciso di estrapolare 16 immagini di opere presenti in mostra ed inserirle all’interno di un app per iPhone. Il programmino in questione prende il nome di Art Swipe e concede all’utente la possibilità di creare un vero e proprio Cadavre Exquis.
In questi giorni diverse testate online come Artinfo e Hyperallergic hanno dedicato ampio spazio ad un’affascinante questione legata al mercato dell’arte contemporanea. Il succo del discorso è: Si può vendere la new media art? La risposta non è certo così semplice. Il principale problema delle opere new media è la loro vasta accessibilità e la loro tiratura virtualmente infinita, se pensate ad esempio ad un’opera sviluppata tramite il web vi accorgerete che può essere fruita liberamente da chiunque e che essa è riproducibile per un numero infinito di volte.
Le nuove strategie per la vendita della new media art tendono quindi a ricalcare quelle della “vecchia” arte, sarebbe a dire creare un’opera a tiratura limitata e soprattutto produrre un oggetto fisico. Durante l’ultima Armory Fair Lauren Cornell, il direttore della testata online Rhizome, ha messo in piedi uno stand con un iMac che proiettava opere digitali. Tra le tante opere in vendita c’era City Inverse, opera GIF di Sara Ludy.
Nel corso del passato weekend, la notizia delle dimissioni da CEO di Apple di Steve Jobs che di fatto è stato rimpiazzato da Tim Cook. Jobs, da tempo malato, ha dichiarato che i dettagli delle sue dimissioni saranno resi noti all’interno della sua biografia di prossima uscita negli States. A parte ciò, le dimissioni del Guru della Tecnologia hanno gettato nel più profondo sconforto milioni di seguaci in tutto il mondo.
Steve Jobs ha innegabilmente rivoluzionato il mondo dei computers e della telefonia, ma di riflesso le sue innovazioni tecnologiche e di design sono riuscite a cambiare anche il mondo dell’arte contemporanea e se questa vi sembra un’affermazione spropositata, ecco alcuni esempi che saranno in grado di farvi cambiare idea. Pensate ad esempio ad iMovie, programma di montaggio video che innumerevoli video artisti usano oggigiorno, anche Ryan Trecartin per la sua presente mostra al MoMa di New York ne ha fatto largo uso.
C’era una volta la fotografia analogica. Sembra un inizio nostalgico ma purtroppo è così, il mercato del digitale ha in breve tempo soppiantato una storia ultracentenaria fatta di acidi, pellicole e liquidi di fissaggio. La Polaroid ha lasciato in vita solo un piccolo ricordo delle sue storiche pellicole istantanee, qualcosina è ancora disponibile in casa Fuji. La Kodak da par suo ha eliminato molte celebri emulsioni e si prepara a cancellarne la restante parte. Agfa e Ilford fanno ormai parte di una gloriosa storia.
Per quanto riguarda le macchine fotografiche, anche le più note aziende come Canon, Nikon, Leica e persino Hasselblad hanno abbracciato il digitale in quella che sembra essere una strada senza ritorno. Nessuno ha più voglia di aspettare lo sviluppo delle foto al minilab, in pochi (ma buoni) hanno ancora la voglia di chiudersi in camera oscura per sviluppare e stampare manualmente. Eppure gli appassionati dell’analogico sono sempre di più e hanno preso la buona abitudine di acquistare vecchie (ma sempre buone) macchine su Ebay o procacciarsi le migliori Toy Cameras del momento via internet.
Tutti i fotografi professionisti e gli artisti che lavorano con questa meravigliosa tecnica sono anche dei profondi conoscitori del mezzo. Tra obiettivi, filtri, luci e diverse tipologie di pellicola (ancora per poco visto il ritiro dal mercato della mitica emulsione Kodachrome), ci si trova sempre più indaffarati, alla ricerca di una meta ambita, vale a dire un meraviglioso scatto capace di raggiungere la perfezione. Ed eccolo lì, il sudato esempio di Fine Art Photography, soggetto attentamente studiato, luce perfetta, ottimo contrasto ed una giusta profondità di campo.
Dopo lo scatto bisogna poi andarci giù duro con Photoshop, regolare i toni e quanto altro per far risaltare al meglio il lavoro svolto. Va da sé che tutte queste attrezzature costano tanti bei soldini ed i trucchi imparati durante anni ed anni di pratica difficilmente vengono svelati ad altri fotografi. E se un giorno tutta questa sapienza (che poi era doppia ai tempi della camera oscura e degli anni d’oro della pellicola) venisse riassunta da un piccolo aggeggio in grado di riassumere tutto in poco tempo e con poca fatica? andreste su tutte le furie, ne siamo certi. Stessa cosa è accaduta ai colleghi di Damon Winter, vincitore del terzo posto al prestigioso Picture Of The Year International con la sua serie fotografica A Grunt’s Life.
Prima c’erano la Holga, la Diana e tante altre piccole Toy Cameras che facevano un mucchio di immagini dal gusto vintage e che tanto ricordavano le immagini rubate nelle gite in famiglia o ai compleanni dei nostri cari negli anni ’70. Oggi la rivoluzione del digitale sembra aver seppellito le varie Polaroid e compagnia cantante ed il tracollo della pellicola con i suoi costi improponibili non è stato certo un aiuto all’intera situazione. La malinconia di quelle immagini è però un dolce ricordo e quei colori irreali sono ancor oggi amati da centinaia di migliaia di persone, molti li preferiscono ai normali colori prodotti dalle macchine digitali forse perché il digitale spesso mostra la realtà cosi com’era al tempo dello scatto e non come ci piacerebbe ricordarla.
Ebbene per qualche assurdo ma piacevole scherzo del destino le Toy Camera sono tornate in auge negli ultimi mesi grazie ad un App per iPhone, ed altre devices prodotte dalla Apple, che prende il nome di Hipstamatic. Questa fedele replica di una Toy Camera permette all’utente di cambiare obiettivi, flash e pellicole, tutto in maniera virtuale e di produrre in seguito delle fantastiche foto-vecchio-stile sempre diverse che possono essere stampate con ottimi risultati.
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Abbiamo visto che molti artisti sono attualmente impegnati a creare nuove e mirabolanti opere mediante l’iPad e l’iPhone. Ebbene si, i gioiellini di Steve Jobs sono ricchi di applicazioni che permettono anche ad un bimbo di eseguire interessanti disegni con pochi tocchi sul display. Ovviamente non tutti riescono a tirar fuori qualcosa di interessante, basti pensare a David Hockney che ultimamente con l’iPad sta tirando fuori una crosta dietro l’altra mentre la stampa e la critica lo esaltano come il nuovo messia della Digital Art.
Quindi la domanda che vorremmo porvi è questa: è possibile tirar fuori una vera e propria opera d’arte con un iPhone o con un iPad? Risposta: si è possibile, basta distruggerlo completamente. O almeno questo è quello che ha fatto il camaleontico artista statunitense Michael Tompert. Negli ultimi mesi Tompert non ha fatto altro che acquistare numerosi (e costosi) dispositivi di casa Apple per poi farli a pezzi.
Ognuno di noi ha una passione sfrenata per la fotografia e non siamo noi di Globartmag a dirlo ma i dati provenienti dalle statistiche delle vendite delle fotocamere e dei telefonini dotati di obiettivo fotografico. Ebbene molti di quelli che hanno il pallino della fotografia sono certamente affascinati dagli albori di questa tecnica e tra i primi grandi maestri della fotografia non possiamo non citare Eadweard Muybridge (Kingston upon Thames, 9 aprile 1830 – Kingston upon Thames, 8 maggio 1904), vero e proprio pioniere della fotografia in movimento.
Alcune opere di Muybridge come Il cavallo in movimento del 1878 fanno praticamente parte dell’immaginario collettivo e sono ammirate da milioni di persone in tutto il mondo. Per questo la Tate Britain ha deciso di lanciare una nuova App per iPhone che permetterà a tutti possessori del gioiellino di casa Apple di trasformare le proprie foto in cronofotografie, praticamente identiche a quelle del celebre maestro.
Molti artisti sparsi in tutto il globo sono da tempo assidui utilizzatori dell’iPhone, gioiellino di casa Apple che permette di creare opere d’arte usando le dita direttamente sul display grazie all’apposita app. Se ci avete seguito nei mesi scorsi, vi avevamo già parlato del colpo di fulmine tra il celebre artista David Hockney ed il simpatico telefonino. Hockney ha infatti prodotto numerose opere pittoriche utilizzando l’iPhone ma oggi anche il celebre artista concettuale John Baldessari ha intenzione di buttarsi a capofitto nella nuova era della pittura telefonica.
L’artista è infatti impegnato nella curatela di una nuova applicazione che permetterà agli utenti di dipingere come un maestro fiammingo del 17esimo secolo senza il bisogno di saper dipingere. Il divertente programmino avrà il nome di In Still Life 2001-2010 e sarà disponibile come free app.
David Hockney all’età di 72 anni non ha ancora perso la voglia ed il gusto di sperimentare nuove tecniche e soprattutto nuove tecnologie. La volta scorsa vi avevamo già accennato della sua passione nei confronti dell’ iPhone, l’ambito gioiellino di casa Apple. Ebbene il celebre pittrore, dopo aver a lungo utilizzato Brushes, l’app che permette di usare il telefonino come una sorta di tavoletta grafica, ha ora focalizzato la sua attenzione sul nuovo nato dell’azienda di Steve Jobs e sarebbe a dire l’iPad.
Hockney ha dichiarato al celebre quotidiano inglese The Evening Standard, di aver cominciato da qualche settimana a dipingere utilizzando l’iPad. Hockney nel corso della sua carriera ha già sperimentato numerosi mezzi tecnologici come il fax, fotocopiatrici e fotografie istantanee Polaroid.
Gli oggetti di design sono a volte in grado di rivoluzionare il nostro universo quotidiano, basti pensare al boom della fiat 500, della macchina per scrivere Olivetti Lettera 22 tanto per parlare di creatività nazionale o alla più recente diffusione capillare di prodotti Apple come l’iPhone ed iPod, oggetti che hanno cambiato il nostro modo di ascoltare musica e comunicare. Alle volte però capita che persino oggetti meno “nobili” siano in grado di raccogliere consensi ed alte onorificenze.
Così è stato anche per il vincitore del Brit Insurance Design of The Year, manifestazione che premia i migliori oggetti di design dell’anno. Alla cerimonia di chiusura tenutasi al Design Museum è stato infatti premiato il lavoro di Min-Kyu Choi, sconosciuto neolaureato del Royal College of Arts. Probabilmente il designer non è stata l’unica persona ad accorgersi dell’estremo sbilancio estetico e pratico fra il sottilissimo Mackbook Air (talmente sottile che potrebbe essere infilato dentro una busta A4) e la sua ingombrante spina (talmente voluminosa da richiedere una borsetta a parte). Choi è però stato l’unico a mettersi a tavolino e ridisegnare la spina in questione, creando un meccanismo capace di piegare in due la spina e renderla così completamente piatta e più maneggevole.
L’arte e la musica di Daniel Johnston, artista naive e cantautore lo-fi sgangherato e squinternato che non possiede nemmeno un telefono è diventata un coloratissimo videogame. Già perchè le sue buffe ma bellissime canzoni come Funeral Girl e le sue opere d’arte come Jeremiah the Innocent figureranno in Hi, How Are You? un nuovissimo gioco per iPhone realizzato da Peter Franco e Steve Broumley.
I fortunati giocatori di tale divertente videogame impersoneranno Jeremiah una simpatica ranocchia dai grandi occhi, guidandola attraverso uno psichedelico scenario fatto di demonietti rossi, facce allucinate ed altre funamboliche creazioni dell’amatissimo artista americano. “Abbiamo costruito il videogioco attorno alla storia storia di un uomo che vive la sua vita cercando di trovare il vero amore ma si imbatte ripetutamente in figure maligne e demoniache. In sostanza questa è la storia di Daniel, in perenne lotta con i demoni che vivono all’interno della sua mente” Ha dichiarato Franco ai microfoni del New York Times.