Dopo la censura a Blu, Jeffrey Deitch lancia una mostra sulla Street Art

Jeffrey Deitch come ben ricorderete è stato protagonista dell’assurda censura al murale dello street artist italiano Blu che aveva creato delle bare coperte da giganteschi dollari al posto della bandiera Americana in chiara denuncia contro le follie guerrafondaie dei signori della guerra. Ebbene dopo quella cancellazione da vero e proprio dittatore dell’arte, Jeffrey Deitch prova a rimediare alla brutta figura con una bella mostra tutta dedicata alla street art nel suo MOCA di Los Angeles, ovviamente questo non basta per ottenere il nostro perdono ma vediamo cosa ha in mente il malefico volpone.

La mostra del MOCA prende il titolo di Art in the Streets e verrà inaugurata il prossimo 17 aprile (in visione fino all’8 agosto 2011), in mostra 50 artisti tra i più noti del mondo come Fab 5 Freddy, Shepard Fairey , Os Gemeos, JR,  Futura, Swoon,  Mister Cartoon, RETNA, SABER, RISK e tanti altri che saranno chiamati a realizzare circa 100 opere.

Street art a supporto di Blu mentre Bilal si toglie la macchina fotografica dalla testa

L’incidente diplomatico tra Jeffrey Deitch, il MOCA e la street art all’italiana rappresentata dal talento nostrano Blu sembra aver lasciato alcuni interessanti strascichi all’interno della scena street losangelina. Come ben ricorderete Deitch aveva censurato il murale di Blu, recante delle bare fasciate da dollari al posto delle classiche bandiere, per non incappare in possibili guai. Ovviamente dopo aver subito la cancellazione del murale, la street art di Los Angeles è passata al contrattacco organizzando alcune rappresaglie artistiche.

L’ultima in ordine di tempo riguarda alcuni esempi di poster art che ci fa notare il sempre pronto magazine Hyperallergic. I due poster ritratti in foto sono stati prodotti da Mark Of The Beast e LA RAW e sono stati affissi in parecchie zone della città. All’interno dei posters Il “povero” Deitch compare in situazioni ironiche.

Quando il regime crea il nuovo gruppo artistico

Per quanto riguarda la pubblicità il volpone dell’arte Jeffrey Deitch ha un talento molto particolare. In effetti da quando la gestione del MOCA di Los Angeles è passata a lui non si può certo dire che l’istituzione manchi di visibilità. Comunque sia la nota dolente è che questa visibilità proviene non da mostre di talenti acclamati ma da spiacevoli atti di censura.

Certo è che Deitch ha intenzione di esporre gente come Julian Schnabel e le fashion sisters Rodarte ma per ora il suo successo più grande sembra essere la polemica scaturita dalla sua censura al murale di Blu. Ovviamente è interessante notare che le costrizioni, i regimi, le censure o qualsiasi altra imposizione proveniente “dall’alto” non fanno altro che stimolare una reazione creativa.

Veterani e street artists manifestano contro il MOCA in favore di Blu

Sembrava che tutto si fosse spento assieme alle festività natalizie ed invece le polemiche scatenate dall’atto di censura operato da Jeffrey Deitch ai danni dello street artist italiano Blu si sono improvvisamente riaccese una manciata di giorni or sono. Come ben saprete il MOCA di Los Angeles aveva invitato Blu a creare un enorme murale sul muro nord della Geffen Contemporary. Ebbene l’opera era stata realizzata proprio davanti un sito dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale e ad un ospedale dedicato ai veterani. Blu aveva realizzato delle bare con sopra dei biglietti da un dollaro al posto delle classiche bandiere che solitamente cingono il feretro dei caduti in battaglia.

Per evitare chissà quali polemiche e per non offendere la memoria dei veterani di guerra, Deitch (direttore del MOCA) aveva quindi deciso di cancellare il murale di Blu, contro il volere di quest’ultimo. Ma come avevamo detto all’inizio di questo articolo, le scuse di Deitch non sono servite a placare le ire di chi lotta per la creatività e per la libertà. Lo scorso 3 gennaio infatti una crew di street artists e di veterani di guerra si è raccolta davanti al parcheggio antistante al Geffen sfidando il freddo e Deitch in persona.

Risponde Blu: “Il MOCA mi ha censurato”

Continua l’affaire MOCA versus Blu. Come già avevamo scritto in un nostro precedente articolo, lo street artist italiano aveva recentemente realizzato un enorme murale sul muro nord della Geffen Contemporary. L’opera era stata realizzata proprio davanti un sito dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale e ad un ospedale dedicato ai veterani. Blu aveva realizzato delle bare con sopra dei biglietti da un dollaro al posto delle classiche bandiere che solitamente cingono il feretro dei caduti in battaglia.

Jeffrey Deitch, novello direttore del MOCA, aveva quindi deciso di far rimuovere l’opera per non offendere la memoria dei caduti: “Non si fuma in faccia a qualcuno che ha il cancro ai polmoni”, così Deitch aveva motivato la sua scelta. Il direttore aveva inoltre annunciato che la rimozione era stata decisa di comune accordo assieme all’artista. Eppure a noi qualcosa non quadrava e proprio quando si cominciava a pensare che la storia fosse finita lì è partita la pesante risposta di Blu sulle pagine del Los Angeles Times.

Il MOCA cancella un murale di Blu

Continuano le stranezze made in U.S.A. per quanto concerne la rimozione di opere d’arte precedentemente volute in mostra o comunque commissionate. Questa volta è toccato al nostro Blu, caleidoscopico street artist artefice di un murale che è rimasto in visione per sole 24 ore ed in seguito è stato completamente cancellato. Stavolta però non si parla di censura ma di un atto di rispetto, almeno questo è quanto ci pare di capire dalle dichiarazioni del MOCA.

Tutto è cominciato quando il MOCA, Museum of  Contemporary Art di Los Angeles ha chiesto all’artista di realizzare un opera sul muro nord della Geffen Contemporary. Il Geffen Building sorge su un sito d’importanza storica, infatti proprio davanti il muro nord trova posto il monumento denominato Go For Broke, che commemora gli americani di origine giapponese caduti durante la seconda guerra mondiale.

Raccolti 3 milioni di dollari al Gran Gala del Moca. La privatizzazione dei musei a volte non è così male come si pensa

Mentre ci lamentiamo del nostro sistema dell’arte c’è da dire che negli states le cose non vanno meglio o forse vanno meglio davvero, visto che i musei  sono ormai diventati degli enormi carrozzoni dello spettacolo dell’arte, buoni solo per attirare vips e quindi sponsors danarosi.

Niente di strano quindi che al gala del MOCA, Museum of Contemporary Art di Los Angeles, istituzione guidata dal quel vecchio volpone di Jeffrey Deitch, si sia presentata una folla arrembante di personaggi celebri presi dalla bramosia di far vedere al mondo intero che anche loro sono degli acculturati che sostengono la cultura. Forse anche i musei italiani dovrebbero privatizzarsi totalmente ed organizzare dei gala per racimolar quattrini, magari si potrebbe così risolvere il problema della mancanza di finanziamenti da parte di istituzioni e governi sempre più assenti e stitici.  

A New York una fiera economica mentre Los Angeles si prepara a conquistare il mercato

Solitamente nelle fiere d’arte contemporanea sono presenti opere per tutte le tasche, anche se i prezzi rimangono comunque un poco alti. Difficile quindi invogliare i giovani collezionisti o comunque chi ha intenzione di comprare una qualsiasi opera per la prima volta in assoluto. Le quotazioni solitamente spaventano molte persone le quali in genere per timidezza non osano nemmeno chiederle al gallerista che gira nervosamente per lo stand. I prezzi alti rappresentano un limite anche per i nuovi talenti dell’arte poiché non tutti sono pronti a scommettere su ciò che non conoscono, pagando profumatamente.

Va detto però che le quotazioni basse possono in alcuni casi sminuire l’operato di un artista. Ed allora che fare? A New York una situazione accettabile è stata trovata e si chiama Affordable Art Fair. Si tratta di un evento biennale di quattro giorni (in corso fino a questo weekend) pensato per attirare i giovani collezionisti e quelli di fascia media con il dichiarato intento di contenere i prezzi. E’ infatti possibile acquistare un’opera per 100 dollari per arrivare ad un massimo di 10.000 dollari ed è possibile trovare lavori per tutti i gusti, dall’estremo, all’eccentrico passando per lo sperimentale ed il moderato. Ovviamente il limite dei 100 dollari è ampliamente superato da alcune gallerie che hanno portato in fiera stampe e multipli in vendita alla sbalorditiva quanto succosa cifra di circa 20 dollari l’una.

Jeffrey Deitch: “Organizzerò la più grande mostra di street art della storia”

Era da qualche tempo che non parlavamo di Jeffrey Deitch, novello direttore del MoCa di Los Angeles, nonché ex proprietario della celebre galleria Deitch Projects. Ebbene molti di voi si staranno sicuramente chiedendo quali saranno le prossime mosse del direttore all’interno della sua nuova istituzione museale, il mistero è presto svelato: Deitch punterà tutto sulla street art.

Alcuni artisti di Los Angeles, assieme a galleristi del luogo avevano già da qualche tempo messo in giro voci su una possibile mostra di street art all’interno delle mura del MoCa ma in settimana Deitch ha rotto ogni indugio ed ha presentato il programma per una mostra che si terrà nel 2011: ” Nel corso delle prossime settimane daremo il via ai comunicati stampa, per adesso stiamo ancora definendo alcuni particolari con i nostri sponsors. Comunque sia la mostra in questione sarà la più grande retrospettiva sulla storia del graffiti e della street art mai presentata in tutti gli Stati Uniti” e queste affermazioni non possono che ravvivare il nostro interesse su quello che si preannuncia come la consacrazione definitiva della street art in ambito istituzionale, se ancora se ne sentiva l’urgenza.

Il MOCA dovrebbe abbassare i prezzi e allungare gli orari

Il nuovo e chiacchieratissimo direttore del MOCA-Museum of Contemporary Art di Los Angeles, Mr. Jeffrey Deitch ha già dato modo alla stampa internazionale di far parlare di sé. Durante la sua gestione, Deitch avrà infatti il duro compito di rivitalizzare il museo ed avvicinarlo al grande pubblico.

Per anni il MOCA ha strenuamente combattuto contro un crescente calo di attenzione da parte dei visitatori. Pur offrendo un programma decisamente interessante (forse uno dei migliori degli Stati Uniti), nel 2008 i visitatori hanno toccato la quota di 200.000 presenze, fermo restando che la popolazione di Los Angeles ammonta a 10 milioni di persone. Nel 2009 le cose sono andate anche peggio visto che il numero di visitatori è sceso a 148.000 presenze che in termini matematici fanno poco meno di 600 persone al giorno. Alcuni opinionisti del Los Angeles Times hanno già studiato un rimedio contro questa emorragia di presenze ed hanno quindi pubblicato un articolo dettagliato recante preziosi consigli per il novello direttore. Secondo l’importante testata giornalistica, Deitch dovrebbe garantire l’entrata gratuita al museo (per ora il costo del biglietto di ingresso si attesta sui 10 dollari).

Scandalo negli U.S.A. collezionismo a numero chiuso per speculare sulle opere

Il New York Times ha pubblicato lo scorso 16 aprile un dossier a dir poco allarmante sul mercato dell’arte americano, svelando alcuni retroscena a dir poco sconcertanti che pensavamo potessero esistere solamente all’interno di alcune pellicole cinematografiche hollywoodiane. Provate a pensare ad un mercato dell’arte contemporanea dove gli artisti ed i galleristi si impegnano affinché le opere messe in vendita siano comprate solamente da una ristretta cerchia di collezionisti, anche se altri compratori sarebbero disposti ad offrire una cifra più alta per aggiudicarsi tale opera, difficile da credere certo, ma non finisce qui.

I collezionisti facenti parte di questa sorta di club del contemporaneo sono in seguito tenuti a non rivendere le opere in questione  per alcuni anni, anche se il valore delle opere nel frattempo ha raggiunto quotazioni piuttosto alte, chi non rispetta le regole è fuori dal club e non può più comprare opere di determinati artisti rappresentati da determinate gallerie. L’obbiettivo è quello di far raggiungere a tali opere un valore vertiginoso e c’è un semplice modo per farlo.

Il Moca risana i Fondi e Deitch parte con l’attore Dennis Hopper

Come avrete sicuramente sentito da più fonti d’informazione il Moca, Museum of Contemporary art di Los Angeles ha ricevuto in questi ultimi giorni un grande stanziamento di fondi da parte dell’onnipresente finanziatore Eli Broad. I soldi hanno tappato un enorme buco finanziario che la precedente amministrazione aveva creato nell’ultima decade. Il novello direttore Jeffrey Deitch, già proprietario della nota galleria Deitch Projects (che tra non molto verrà chiusa per non creare un conflitto di interessi) ha quindi già trovato la strada spianata anche se il celebre dealer, che si è laureato alla Harvard Business School ha dichiarato di voler dare priorità assoluta al risanamento del bilancio del museo.

Senza la provvidenziale manina santa di Broad però le cose potevano mettersi davvero male per Deitch visto che il bilancio di 38 milioni di dollari presenti nelle casse del museo nel 2000 era sceso a soli 5 milioni di dollari nel 2008, un ammanco di 33 milioni di dollari in otto anni che aveva suscitato roventi polemiche sia in campo istituzionale che politico. Ma come tutti sanno Eli Broad è un grande fundraiser ed ha prontamente riportato il bilancio del Moca alla ben più incoraggiante somma di 14.2 milioni di dollari.

Negli anni ’70 l’arte era più vicina alla gente

Alcuni giorni fa il noto gallerista americano Jeffrey Deitch ha rilasciato un’intervista in cui si parlava dei cambiamenti occorsi all’interno del mondo dell’arte negli ultimi quaranta anni. Le dichiarazioni di Deitch potrebbero farci comprendere quanto questi cambiamenti hanno in qualche modo de-umanizzato ed allontanato I protagonisti della scena dal loro pubblico, ma vediamo cosa ha detto Deitch:

Il mondo dell’arte è senz’altro meno aperto di quanto lo era nel 1970. In quegli anni ad esempio Dan Flavin poteva recarsi in un pub dopo aver installato la sua mostra e magari imbattersi in Blinky Palermo e magari i due potevano decidere di andare a cena insieme farsi cucinare qualcosa Da Julian Schnabel che a quei tempi era lo stimato chef di un ristorante di Manhattan, insomma tutto era più a misura d’uomo. Oggi ci sono le cene della Gagosian Gallery, eventi superblindati  dove possono accedere solo i collezionisti miliardari o le star dell’arte contemporanea o meglio ancora ragazze giovani estremamente attraenti”.

Jeffrey Deitch trova in Kathy Grayson la sua “testa di legno”

 Quando in gennaio Jeffrey Deitch è stato nominato direttore del Moca, Museum Of Contemporary Art di Los Angeles ed ha dichiarato di voler chiudere la sua galleria Deitch Projects in giugno, il mondo dell’arte è rimasto con più domande che risposte. Prima fra tutte è la spigolosa questione sul futuro dei 30 talentuosi artisti che fanno (facevano) parte della scuderia Deitch. Il celebre dealer ha deciso di chiudere baracca e burattini per evitare un possibile conflitto di interessi tra la posizione di gallerista privato e di direttore di museo pubblico.

Deitch ha in seguito dichiarato che parte dei suoi artisti potrebbero passare ad uno dei suoi più stimati collaboratori e cioè a Kathy Grayson, direttore della galleria e responsabile di tutti i rapporti con gli artisti più giovani. Kathy Grayson ha inoltre curato alcune mostre assieme a Jeffrey Deitch come Panic Room che è stata presentata alla Deste Foundation di Atene nel 2006, collettiva a cui hanno preso parte artisti come Assume vivid astro focus, Tauba Auerbach, Devendra Banhart, Paul Chan, Brian Chippendale, Roberto Cuoghi,  Brian Degraw, Naomi Fisher, Barry McGee e Paper Rad.

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