Parliamoci chiaro: il 2013 non è creativo quanto il 1913

Incredibili rivoluzioni artistiche e nuove forme di architettura… il problema è che stiamo parlando del secolo scorso. Ciò che è stato creato nella prima decade di questo secolo non può essere nemmeno lontanamente paragonata agli stessi anni del secolo scorso.

Gaudì crea edifici che rassomigliano a sculture sognate da un profeta allucinato. A Vienna un giovane Egon Schiele aggiunge nuovo genio all’arte di Gustav Klimt. In Italia nasce il Futurismo, una delle più grandi avanguardie artistiche mai pensate.  Ed a Parigi Picasso e Matisse impazzano come non mai.  Con questi incredibili cambiamenti e tumulti chissà cosa succederà tra cento anni, il 21 secolo sarà incredibilmente ricco di invenzioni artistiche? Ecco, un critico che nel 1913 si fosse posto questa domanda e avesse poi viaggiato nella macchina del tempo di H.G. Wells fino ai nostri giorni sarebbe certo molto sorpreso e scontento.

Per essere bella l’arte non deve avere un messaggio

 Voi da che parte state, siete amanti del figurativo o del concettuale? siete convinti che l’opera d’arte deve sempre nascondere un significato o per voi l’arte deve essere libera da ogni senso logico e filosofico? Insomma esistono diversi modi di avvicinarsi all’arte contemporanea ed interpretarla. Secondo il grande video artista americano Stan Brakhage un’opera d’arte deve essere creata secondo una personale mitopoiesi, ancorarsi cioè ad una forma di mitologia e filosia estetica e formale tratta dal proprio immaginario e non da  testi, films, musica e spunti creativi di sorta partoriti dalla mente di qualcun’altro.

Leggendo il blog del critico inglese Jonathan Jones possiamo invece apprendere alcune divertenti ed intelligenti disquisizioni sull’esegesi e sulla genesi di un’opera d’arte. Secondo Jones l’arte per essere interessante non deve parlare di nulla. In effetti il critico asserisce che più si spiega di cosa parla un’opera e più la si rende meno interessante. C’è da dire che girando abitualmente per mostre e fiere è possibile assistere alla spiegazione di una data opera da parte del gallerista o del suo creatore e tale pratica si trasforma solitamente in un’improbabile arrampicata sugli specchi infarcita di collegamenti a questa o quella ricerca stilistica ed estetica del tutto raffazzonati alla meno peggio.

La noia dell’arte contemporanea è un fenomeno globale

 Forse stavate pensando anche voi la stessa cosa ma non avevate il coraggio di dirla oppure eravate troppo annoiati per pensarla: il palinsesto delle mostre di arte contemporanea offerto da gallerie e musei d’Italia è decisamente ad un punto morto. Già, è decisamente arduo trovar qualcosa di pur minimamente interessante tra le nuove proposte dell’arte, molti artisti sono ancora inceppati sull’informale altri caricano i loro moschetti con le polveri bagnate dell’arte povera, del concettuale e dell’iperrealismo. I più si perdono in un vagheggio pomposo ed inconcludente quanto svuotato di ogni significato che scimmiotta il mito americano del pop o si pone in bilico tra un Marcel Duchamp senza gabinetto ed un Joseph Beuys senza feltro e grasso.

Jonathan Jones e l’importanza della critica

Girovagando per la rete abbiamo trovato un’altra piccola perla del nostro critico preferito, Jonathan Jones che come abbiamo più volte detto cura un interessante blog sul The Guardian. Parlando del sistema dell’arte odierno, Jones si interroga sul contributo della critica come sviluppo della cultura stessa. Le sue parole si riallacciano alla nostra già nota crociata contro “il tutto è bello tutto ci piace” della non critica contemporanea che sta letteralmente creando un livellamento culturale ed estetico che rischia di minare l’essenza dello sviluppo artistico. Citiamo letteralmente le parole di Jonathan Jones:

“Penso che questo sia il momento giusto per tornare a parlare di critica, perché se ne sente il bisogno effettivo. Lo sfrenato volume di arte in una cultura ossessionata dalle gallerie è un mare talmente vasto e confuso che solamente una giusta critica può fare la differenza. Non possiamo continuare ad affermare che tutto ha lo stesso valore, è il momento di rialzarsi e scindere ciò che è buono da ciò che non lo è.

Damien Hirst? dipinge come Gheddafi!

Damien Hirst non è un pittore. Ma come, direte voi, e gli Spot Paintings? E gli Spin Paintings? Beh, ci vuole coraggio a definire dipinti sia gli Spot che gli Spin, i primi sono semplici puntini colorati, delle patterns che nel tessile si usano dagli anni del cucco. I secondi invece sono simili a quei dipinti che fino a qualche tempo fa si potevano comprare al lunapark per pochi spicci, quelli eseguiti con il piatto rotante per intenderci. Ovviamente noi di Globartmag non siamo gli unici a criticare negativamente le esperienze pittoriche del folletto della YBA generation.

Anche gli altri magazine del settore hanno più volte criticato le gesta materiche del nostro buon Hirst. Come ben ricorderete, nel 2009 Hirst presentò una nuova serie di 25 dipinti realizzati per la mostra No Love Lost: Blue Paintings alla Wallace Collection di Londra. In quel frangente la critica ha stroncò le opere del celebre artista definendole la peggiore brutta copia di Francis Bacon. In seguito a questa triste vicenda anche il prestigioso magazine Artreview, nella sua top 100, si trovò costretta a far scendere Hirst al 48° posto e l’editore Mark Rappolt commentò così l’accaduto: “negli ultimi tempi Damien Hirst ha cambiato la sua produzione e le sue direzioni artistiche in maniera del tutto drastica. L’artista ha ridotto il suo studio e sembra essere in una sorta di fase sperimentale.”

Mostre a Londra, ma le donne non ci sono

Un’interessante provocazione mascherata da articolo è comparsa in questi ultimi giorni sulle pagine del Guardian. A stilare lo scritto è stato il sempreverde critico Jonathan Jones, una figura certamente non nuova alle provocazioni. Terreno della contesa è la sequela di mostre blockbuster che il Regno Unito ha servito come contorno per accompagnare i Giochi Olimpici di Londra 2012.

 La capitale britannica ha infatti da diverso tempo lanciato un ricco piano culturale da affiancare alle giornate sportive. Tra le mostre blockbuster citate poc’anzi figurano quella dedicata al folletto della YBA mr. Damien Hirst, quella del suo antagonista David Hockney e quella dedicata al genio pittorico del compianto Lucian Freud.

Blixa Bargeld e Alva Noto infiammano Roma

31 marzo 2012, Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco Della Musica di Roma, ore 21 circa. Un uomo in abito scuro sale sul palco con in mano un oggetto di metallo sfavillante. A molti sembra una pistola, in realtà è un’armonica ma il muro sonoro che di li a poco investirà il pubblico sarà ben più potente di un colpo di rivoltella. Artefici di questa incredibile serata sono anbb, ovvero Alva Noto e Blixa Bargeld, dove Alva sta per giovane ma affermato perno del minimalismo elettronico e Blixa sta per genio-inventore della musica industrial assieme agli Einstürzende Neubauten, tallonati all’epoca da gente come Throbbing Gristle e Z’ev.

Bargeld non ci mette poi tanto a divorare la scena, è pragmatico, isterico,sensuale, intimo e grottesco, la sua voce emerge dai loop sonori di Noto e ad essa ritorna, si trasforma in strumento elettronico in un’eterna cantilena che mesmerizza il pubblico come il canto delle sirene.

Yoko Ono ricorda John Lennon con una mostra benefica


 John Lennon è stato uno dei più grandi cantautori dello scorso secolo oltre che una figura che ha tentato in tutti i modi di promuovere la pace universale. Inutile inoltre presentare Yoko Ono, sua compagna storica e nostra vecchia conoscenza che spesso e volentieri compare sulle pagine del nostro blog. Ebbene, forse sarebbe interessante sapere che proprio la nostra eroina promuove da oltre dieci anni le opere d’arte visiva del suo amato Lennon ed in concomitanza del suo compleanno organizza sempre una mostra in suo onore.

Il prossimo 7 ottobre John Lennon avrebbe compiuto 71 anni e per rendergli un degno tributo Yoko Ono, Bag One Arts e Legacy Fine Arts & Production hanno deciso di organizzargli una grande mostra a New York al numero 76 di Wooster Street. L’evento prende il titolo di Gimme Some Truth: The Artowrk of John Lennon ed è partito il 10 ottobre scorso. Il titolo è ovviamente preso in prestito da un’omonima song che figura all’interno dell’ormai storico album Imagine, scritto circa 40 anni or sono.

Ammirare il mondo con gli occhi di un cubista

Vorremmo citare qui sotto alcune riflessioni del nostro beniamino inglese Jonathan Jones, stimato ed irriverente critico che sovente citiamo nel nostro blog. Stavolte Jones compie alcune interessanti riflessioni sul cubismo:

Ammirare un’opera cubista è uno dei rari piaceri della vita. Raro perché è qualcosa che non capita molto spesso. La pittura cubista di Pablo Picasso e Georges Braque è vista da molti esperti d’arte come l’equivalente della musica sperimentale: incredibilmente difficile e di natura quasi ascetica rispetto al nostro vivere quotidiano. Ma secondo il mio parere la musica sperimentale è più vicina ai dipinti di Kandinsky, che tramite l’astratto inseguiva l’assoluto e l’immateriale.

Jonathan Jones: arte alla portata di tutti ma non per tutti

 Girovagando per la rete abbiamo trovato un interessante articolo del nostro amato critico inglese Jonathan Jones che andiamo di seguito a pubblicare nella speranza di generare riflessioni e discussioni:

L’ascesa dell’arte interattiva sembra ancor più marcata in questa nostra era digitale e questa interattività non abbraccia solo i social networks ma si estende anche al mondo reale, catturando sempre più pubblico. Spencer Tunick ed Antony Gormley guidano questa rivoluzione interattiva, uno con i nudi collettivi e l’altro con la sua opera One and Other che ha visto centinaia di persone mettersi in mostra sul quarto plinto di Trafalgar Square.

Alcune forme di interattività fanno bene all’arte ed agli artisti che tramite piattaforme come Facebook o Twitter possono promuovere la loro creatività senza passare attraverso i canonici rituali del mondo dell’arte. Ogni giovane artista può farsi pubblicità mediante canali alternativi e potrebbe anche verificarsi la probabilità di scovare un nuovo genio artistico al di fuori di quelle istituzioni che forzano arte ed artisti a conformarsi alla moda ed al buon gusto generale.

Il Turner Prize 2009 truccato, bruciante realtà o denigratoria menzogna?

Sono stati in molti a lamentarsi di inciuci e contro-inciuci nei premi artistici nazionali. Le lamentele sono sempre le solite, giuria che favorisce i soliti nomi e curatori furbetti che ricambiano favori ad artisti e gallerie. Ebbene se pensate che tutto ciò succede solo da noi ed è quindi il momento di emigrare all’estero perchè li fanno le cose in modo pulito e gli artisti sono rispettati, allora forse vi state sbagliando.

Lo scorso anno infatti erano stati in molti a lodare il comitato del prestigioso Turner Prize britannico per aver condotto un’edizione senza scandali ma adesso sembra che i complimenti siano arrivati troppo presto. Charles Thomson, artista co-fondatore insieme a Billy Childish del movimento Stuckism (che più volte ha criticato il Turner Prize), ha violentemente attaccato il vincitore dell’edizione 2009 Richard Wright, facendo notare che l’artista è amico di vecchia data di Charles Esche, direttore del Van Abbemuseum di Eindhoven nonché membro della giuria del premio.

Più sesso per favore, siete artisti!

Il nostro beniamino Jonathan Jones ne sa una più del diavolo . Il famoso critico britannico dalle sue pagine sul The Guardian ha da poco lanciato una curiosa invettiva contro il mondo dell’arte contemporanea accusando gli artisti aver lasciatole tematiche sessuali troppo al di fuori delle loro opere. Vediamo cosa scrive il buon vecchio Indiana Jones dell’arte.

“Negli anni ’10 e ’20 il sesso era un modo per scappare dai confini di una società troppo imbolsita e bacchettona. Pensate che quando fu presentato per la prima volta il dipinto Les Demoiselles d’Avignon di Picasso fu tacciato di immoralità. Al giorno d’oggi il sesso è un veicolo commerciale, roba da cartelloni pubblicitari e veline, insomma è sotto gli occhi di tutti ed alla portata di tutti. Il sesso non è più sovversivo e non rappresenta più un avanguardia ma una noiosa banalità. “

Turner prize 2009, tra i finalisti l’italiano Enrico David

Londra, Finalmente la tanto attesa shortlist degli artisti partecipanti al Turner Prize è stata annunciata. Proprio ieri gli organizzatori hanno diramato un comunicato con i nomi dei fortunati quattro che come ogni anno concorreranno all’ambito premio di fama internazionale nato nel 1984 per celebrare i nuovi sviluppi dell’arte contemporanea.

Ricordiamo che il premio è un’istituzione rivolta a soli artisti britannici sotto i cinquanta anni di età che si sono distinti nei dodici mesi precedenti la manifestazione con mostre di particolare sperimentazione artistica. Ecco quindi i nomi dei partecipanti:

Enrico David ha ricevuto la nomination al Turner Prize grazie alla sua mostra personale How Do You Love Dzzzzt By Mammy? al Museum für Gegenwartskunst di Basilea ed alla mostra Bulbous Marauder al Seattle Art Museum. L’artista è un surrealista contemporaneo che crea dipinti profondi ed originali.

Che noia il Turner Prize

Il Turner Prize è una delle più importanti e longeve manifestazioni internazionali. Il premio è stato istituito nel 1984 per celebrare le nuove sperimentazioni dell’arte contemporanea ed è assegnato ogni anno ad un’artista britannico sotto i cinquanta anni. Il Turner Prize 2009 metterà in mostra le opere selezionate dalla giuria al Tate Britain dal 6 ottobre 2009 al 16 gennaio 2010.

La lista delle opere selezionate non è ancora resa nota e l’intera scena dell’arte contemporanea internazionale si interroga su quali saranno i nomi dei finalisti . Raccogliamo quindi la testimonianza di Jonathan Jones curatore d’arte e membro della giuria di quest’anno che nel suo blog ha recentemente pubblicato un inaspettato sfogo sul rinomato premio britannico:

” La serietà ha strangolato il Turner Prize, ecco quello che penso sia il guaio delle  ultimi dieci edizioni del premio.

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