Marina Abramović

 

Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre 1946) è una artista serba, attiva nel campo della performance art. Tra le sue opere più note ricordiamo Bed from Mineral Room del 1994 e Cleaning that Mirror del 1995…

Nuovo disco per Antony and the Johnsons e nuova collaborazione con Marina Abramovic


 

Antony Hegarty, l’usignolo, sta per tornare. Dopo un breve periodo d’assenza dalle scene, il singer meglio noto come Antony and the Johnsons ha deciso di dare alla stampa un nuovo album live intitolato Cut The World che uscirà nei prossimi giorni di questa torrida estate. Registrata in due notti nel settembre 2011 alla DK Concert Hall di Copenhagen, la performance contiene alcuni “tagli”, alcuni profondi, operati sugli album precedentemente registrati in studio.

La delicata voce di Antony riorganizza così alcuni cavalli di battaglia come Epilepsy is Dancing, presa dall’album The Crying Light del 2009 e Twilight, pescata dall’album Antony and The Johnsons del 2000.  Nel video della title track Cut the world partecipa anche Marina Abramovic, oltre che altre stars come Willem Dafoe e Carice Van Houten. La collaborazione Antony – Abramovic – Dafoe non è certo una novità.

Gli artisti? mandiamoli tutti in analisi!

 

E se le ricerche creative dei più grandi maestri del contemporaneo fossero solo fissazioni? Parliamo di vere e proprie monomanie capaci di trasformare gli artisti in casi clinici degni di comparire su un bel libro di Oliver Sacks. Già, anche noi come il celebre neurologo e scrittore inglese proviamo una grande meraviglia per la molteplicità dell’universo ma questi disturbi ossessivi compulsivi che di quando in quando colpiscono gli artisti andrebbero accuratamente monitorati.

Prendiamo ad esempio Chris Burden inizi carriera: tra spari, crocifissioni e scariche elettriche ce ne sarebbe abbastanza per scrivere un lungo trattato sull’autolesionismo. Stesso discorso si potrebbe fare per gente come Gina Pane o Marina Abramovic, quest’ultima con The Artist is Present ha mostrato chiari segni di catatonia.

Le avventure del mitico “Franchino”

Ci risiamo, James Franco non riesce proprio a tenersi alla larga dal mondo dell’arte contemporanea. La poetica dell’attore-artista Hollywoodiano, come forse molti di voi ben sapranno, è incentrata appunto sui miti del cinema a stelle e strisce e sui vizi e le virtù dei divi che lo popolano.” E al popolo?”, direte voi.  Ebbene, al popolo non importa un bel fico secco.  Comunque sia il nostro Franco aveva pensato bene di partecipare alla scorsa Biennale di Venezia con una bella opera di video arte incentrata sul mito di James Dean. All’ultimo momento però l’artista ha cancellato ll’intero evento ma anche qui,  nessuno si è scomposto più di tanto.

Poi il nostro ha deciso di girare un documentario artistico incentrato sulla sua performance General Hospital, intitolato Francophrenia.  In seguito ha intervistato la sua amica Marina Abramovic sulle pagine di Playboy ed ha scelto di partecipare ad un film artistico sulla cultura homosex girato da Travis Mathews, sul film vige il riserbo più assoluto ma potete star tranquilli che nessuno starà troppo in pena senza ulteriori notizie. Oggi Franchino ha deciso di girare un bel video per pubblicizzare la nota marca di Jeans 7 For All Mankind.

Che senso ha rimettere in scena le performance?

La domanda potrebbe sembrarvi ardua, ma noi abbiamo voglia di farvela lo stesso: Può la performance art essere rimessa in scena e mantenere inalterato il suo potere? Molti di voi a questo punto saranno già rimasti basiti, ma come la performance art si può anche rivedere? Certo, anzi in realtà si può anche vendere. Già, almeno Tino Sehgal ci è riuscito, visto che la sua performance Kiss (2003) è stata acquistata qualche tempo fa dal MoMa di New York per una cifra a cinque zeri.

 Ovviamente Sehgal non ha venduto la documentazione ma l’intera performance, che in futuro il MoMa potrà rimettere in atto seguendo le informazioni (incredibilmente dettagliate) fornite dall’artista che le ha sottoscritte di fronte ad un notaio. Molte piece storiche, e pensiamo a quelle di Yoko Ono, Gina Pane, Vito Acconci, Marina Abramovic e compagnia cantante, sono incentrate sulla figura del performer e sull’irripetibilità del momento creativo.

A scuola con Marina Abramovic

Marina Abramovic si è più volte autodefinita la nonna della performance art ma a quanto pare è sua ferma intenzione allontanare lo spauracchio della pensione il più a lungo possibile. Dopo aver affrontato le titaniche fatiche di The Artist is Present, dopo aver prodotto un documentario dove appare come una sorta di semidea e dopo aver affaticato il suo pubblico con The Abramovic Method, l’artista si prepara a lanciare la sua accademia.

Proprio così, la scuola Abramovic si chiamerà Marina Abramovic Institute e sorgerà nientemeno che a Hudson, New York. Come nel metodo Abramovic, per accedere all’interno della scuola il pubblico dovrà spogliarsi francescanamente di ogni orpello tecnologico come telefono cellulare o iPod. In seguito la ormai consona vestizione con il camice bianco e la firma sulla liberatoria che consegna il malcapitato per circa due ore e mezza nelle mani della tremenda Marina.

Il metodo Abramovic è troppo duro e l’assessore Boeri collassa

  

La Week Milanese di Marina Abramovic ha senz’altro creato un gran polverone mediatico. La nostra eroina della performance è persino riuscita a fare una comparsata a Quelli che il calcio, assieme ad un’improbabile Valeria Marini che aveva l’aria di voler gridare al mondo: “You made my day!”.  Incontri Marina vs Marini a parte, c’è stato modo di ammirare più volte la nostra eroina in carne ed ossa.

Dal 21 al 24 marzo infatti l’artista si è trattenuta in quel di Milano per illustrare al pubblico il suo Abramovic Method. Il 21 ad esempio la nostra si è recata al Teatro del Verme per illustrare al pubblico presente The Past, future and present of performance art, una vera e propri carrellata sul duro mestiere della performance dove sono stati proiettati alcune opere del passato e svelati gustosi retroscena. In seguito il 22 marzo, Marina ha presentato in pompa magna Marina Abramovic. The Artist is Present, il documentario sull’ormai leggendaria performance al MoMa di New York.

Tieni Marina, ecco due ore del mio tempo – The Abramovic method parte seconda

Per lei, Marina, tutto iniziò chiacchierando con un pastore sardo il quale, ogni volta che prendeva parola, chiudeva gli occhi, perchè a suo dire mentre parlava non aveva bisogno di guardare. Per me invece è iniziato tutto con un messaggio su WhatsUpp: “La mia amica non viene, vieni tu?”. Così mi sono ritrovata al Pac, di nuovo, ma questa volta per regalare due ore del mio tempo alla nonna della performance art Marina Abramovic. Forse dopo il mio ultimo articolo qualcuno lassù ha pensato che bisognava darmi una seconda chance.

E così ho firmato il contratto, la liberatoria per le riprese, ho promesso di non avere attacchi di panico e sfilato di fronte al pubblico fino ad arrivare nell’ultima sala, lì dove il metodo ha inizio. Dove Marina ti chiede di indossare il camice bianco, accomodarti sulla sdraio bianca e chiudere gli occhi come faceva il pastore sardo. È facile darle fiducia, perchè ha il tono di chi sa quello che fa e te lo racconta come una nonna spiegherebbe la torta di mele alla nipote, nulla di più semplice. Ora io vorrei con le parole farvi incarnare in me stessa, così da provare a capire le stesse cose che mi sono passate nelle mente per quelle due ore di pausa dalla realtà, ma non è possibile. E poi, molto probabilmente, vi interesserebbero poco perché è davvero un’esperienza personale: io, spettatore, mi incarno nel corpo dell’artista, entro nella sua arte e la rendo possibile.

Marina che mi hai fatto di male? – The Abramovic Method – PAC

Ci devo lavorare su questo. Sono uscita dal PAC di Milano con un senso di nausea, Marina Abramovic ha promesso il tempo dell’esperienza e io mi ritrovo con irritazione e irriquietezza. Cosa è andato storto?

Se cercate su Twitter #abramovicmethod trovate i commenti di chi ha vissuto in prima persona il metodo di Marina: entusiasti e privi di un contenuto che vada oltre l’entusiasmo di essersi sentiti parte di un qualcosa che ha valore sociale. Io filosofia l’ho studiata solo alle superiori, ma so che ci siamo già passati, il pensiero umano è capace di superare l’io, questa performance invece riporta ogni pensiero ad una forma di egocentrismo che mi inquieta. Cavie di laboratorio e anche un po’ esibizionisti. Il mio è un problema di fiducia, sia chiaro, e faccio anche un po’ fatica a scriverne pubblicamente, ma Marina ha detto che la cosa migliore è scrivere di quello che si sperimenta in prima persona. Ha anche detto, nel suo italiano spigoloso, che se gli diamo il nostro tempo lei ci da l’esperienza, se non gli diamo il nostro tempo non c’è nulla in cambio. Mi sembra corretto.

MARINA ABRAMOVIĆ – WITH EYES CLOSED I SEE HAPPINESS

La Galleria Lia Rumma è lieta di presentare la mostra di Marina Abramović With Eyes Closed I See Happiness che si inaugurerà il 20 marzo 2012 nella sede di Milano. La mostra è il secondo dei grandi eventi che l’artista, indiscussa protagonista della Body Art, realizzerà in città. Il giorno precedente al museo PAC avrà infatti inizio The Abramović Method.

Si tratta, in entrambi i casi, di progetti inediti – “un artista non dovrebbe mai ripetere se stesso” si legge d’altronde nel suo “Artist’s life Manifesto” – i primi ad essere presentati dopo la titanica performance The Artist is present tenutasi al MoMA di New York nel 2010, dove per tre mesi, ogni giorno, sette ore al giorno, l’artista si è donata al pubblico rimanendo seduta, immobile e rigorosamente in silenzio, di fronte ad una sedia che non è mai rimasta vuota. Su quella sedia si sono avvicendate migliaia di persone e soltanto attraverso lo sguardo si è dato vita ad uno straordinario flusso di energia.

Marina Abramović torna a Milano con un nuovo lavoro ideato per il PAC

Il PAC di Milano, dal 21 marzo al 10 giugno 2012, è lo spazio espositivo prescelto da Marina Abramović per il suo nuovo attesissimo lavoro, il primo dopo la grande retrospettiva del 2010 al MoMA di New York. L’evento, promosso dall’Assessorato alla Cultura, Moda e Design del Comune di Milano e prodotto dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, è curato da Diego Sileo ed Eugenio Viola con il sostegno di Rotthapharm Madaus.

Icona di tutte le forme di espressività legate al corpo, Marina Abramović è oggi uno dei protagonisti più affascinanti e magnetici del nostro tempo, dalla cui vicenda artistico-esistenziale è imprescindibile la storia stessa delle arti performative. Pioniera della performance dagli anni ’70, premiata con il Leone d’Oro alla Biennale del 1997, l’artista ha spesso superato i propri limiti fisici e psicologici, ha messo in pericolo la sua incolumità, infranto schemi e convenzioni, scavato nelle proprie paure e in quelle di chi la osservava, portando l’arte a contatto con l’esperienza fisica ed emotiva, collegandola alla vita stessa.

Al Teatro Valle il Festival Promessa

Su invito del Teatro Valle Occupato, Rémy Yadan/cie Tamm Coat propone dal 5 all’11 marzo il festival PROMESSA, dedicato a video e spettacoli dal vivo. Sostenendo l’impegno politico del Teatro Valle Occupato, Rémy Yadan, artista e regista, attualmente borsista presso Villa Medici, mette in evidenza, attraverso   questa settimana artistica, la sua volontà di fare coesistere uno scambio tra l’istituzione francese e questo luogo della resistenza culturale romana. Ricco di incontri tra le discipline dell’immagine e le pratiche corporali o spettacolari, questa programmazione sarà l’occasione per fare emergere dei legami artistici franco italiani. Durante questa settimana, Rémy Yadan /cie Tamm Coat presenterà inoltre la sua nuova creazione, “Nihil Obstat”, lettura performativa.

Una quindicina di artisti e di personalità del mondo dell’arte, francesi e italiani, saranno presenti: plastici, performers, coreografi, musicisti, produttori, programmatori, teorici e registi, hanno accettato questa programmazione. Alloggeranno a Villa Medici. Su proposta di Rémy Yadan, questa accoglierà in compenso gli artisti del Teatro Valle Occupato per una serata straordinaria, intitolata Villa Medici Occupata, che si svolgerà il 19 marzo.

Omaggio alla carriera per Luigi Ontani, succede a Bologna in occasione di Arte Fiera

Venerdì 27 Gennaio alle ore 21.00 il Dipartimento delle Arti Visive dell’Università di Bologna e UniboCultura, con la collaborazione del Comune di Bologna e Arte Fiera Art First 2012, presentano la terza edizione dell’omaggio dedicato ad artisti di fama internazionale invitati a Bologna in occasione di Artefiera. Dopo Bill Viola nel 2010 e “Lady Performance” Marina Abramovic nel 2011, l’omaggio di quest’anno è rivolto a Luigi Ontani, protagonista indiscusso nel panorama artistico internazionale. Renato Barilli, curatore e moderatore dell’evento, sarà affiancato da Aldo Busi in un dialogo a tre. Illy, abituale sostenitore di eventi di prim’ordine nel panorama artistico contemporaneo, ha confermato anche quest’anno il suo supporto all’evento.

L’omaggio alla carriera di Luigi Ontani avverrà attraverso immagini e video delle sue storiche performances realizzate negli anni Settanta, fino alle sue più recenti produzioni. S’intende percorrere l’intero curriculum dell’artista, ricco senza fine di esiti brillanti nella creazione di dipinti, oggetti, tessuti, ceramiche, e in una serie incessante di tableaux vivants, ricostruendolo mediante la proiezione su maxi-schermo di una fitta documentazione, fino all’ultima creazione che vede un gruppo di maschere impersonare i colori della tavolozza recando mazzi di fiori.

Marina Abramovic e il gala del MOCA, un video riaccende le polemiche

Marina Abramovic è una delle nostre artiste predilette e molto spesso il suo nome compare su queste pagine, che ne narrano le impavide gesta. A volte pero’ anche i grandi commettono dei piccoli errori ed anche la nostra Marina ha fatto un capitombolo proprio verso la fine del 2011. Parliamo dell’affaire MOCA e della performance che l’artista ha organizzato per il grande gala ospitato dalla prestigiosa istituzione guidata dal volpone Jeffrey Deitch. Sono stati in molti a schierarsi contro la performance che ha di fatto aperto il vaso di pandora dei lavoratori dell’arte.

Performers costretti ad azioni estenuanti e pericolose senza la benché minima copertura assicurativa e paghe al di fuori dell’umana decenza, questa formula esplosiva ha infiammato gli animi dei professionisti del settore e persino Yvonne Rainer si è scagliata contro la “povera” Marina. In seguito è arrivato il rifiuto di Sarah Wookey, una performer balzata agli onori della cronaca per merito di una lettera dove venivano elencate le “barbarie” perpetrate dall’organizzazione dell’evento.

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