Critica e pratica curatoriale non sono di certo attività facili all’interno di quel grande calderone che è il nostro Belpaese. Sovente ci si sofferma a pensare a coloro i quali preferiscono cercar fortuna all’estero, approdando in lidi ben più prestigiosi dei nostri. Altri invece tentano di barcamenarsi grazie all’aiuto dei vari compagnucci di merende che di volta in volta riescono a procurargli la direzione di un museo, la guida di una fiera d’arte o quanto altro. Si direbbe quindi che il curatore di turno, per emergere, debba per forza di cose espatriare o cercare di tessere trame con i vari clan politico-amicali.
Eppure esiste una terza strada ben più impervia di quelle sopraelencate, un sentiero che bisogna lastricare con coscienza e visione. Si può essere bravi curatori in Italia contando solo sulle proprie forze e sulla propria esperienza, lavorando a progetti seminali e ben organizzati, promuovendo le giovani leve senza ascoltare voci dall’esterno. Il tutto senza smetter mai di ascoltare, vedere, sperimentare, soffrire ed anche cadere per poi rialzarsi più forti che mai, riaffermando la natura del ruolo dell’independent curator.