PhotoReload V (Digital Natives) alla Romberg Arte Contemporanea di Latina

Sabato 9 giugno nello spazio ROOMBERG, al piano terra del grattacielo Baccari, si inaugura Digital Natives, quinta ed ultima tappa della rassegna PhotoReload. La mostra presenta i lavori fotografici di Robert Gligorov, Miltos Manetas, Dean West e alcuni video di Isobel Blank. Col termine “Digital Natives”, “Nativi Digitali”, si indica la generazione nata e cresciuta con le tecnologie digitali, quindi completamente assorbita, nelle proprie attività quotidiane e creative, da esse.

Pur riferendosi alla generazione dei nati dalla metà degli anni ’90 in poi, è possibile espandere ed associare questa stessa definizione ad alcuni artisti contemporanei che fanno della elaborazione digitale la loro tecnica principale, elemento imprescindibile e determinante per il risultato finale delle loro opere. Il pensiero creativo, e la sua conseguente messa in opera da parte del “digitale nativo”, è quindi governato da una chiara consapevolezza sulle infinite possibilità offerte da queste nuove tecnologie, tanto da portare agli estremi limiti il concetto stesso di fotografia, non presentando più dinamiche operative di tipo tradizionale ma percorrendo un percorso esecutivo inedito.

Steve Jobs, Apple e arte contemporanea


Nel corso del passato weekend, la notizia delle dimissioni da CEO di Apple di Steve Jobs che di fatto è stato rimpiazzato da Tim Cook. Jobs, da tempo malato, ha dichiarato che i dettagli delle sue dimissioni saranno resi noti all’interno della sua biografia di prossima uscita negli States. A parte ciò, le dimissioni del Guru della Tecnologia hanno gettato nel più profondo sconforto milioni di seguaci in tutto il mondo.

Steve Jobs ha innegabilmente rivoluzionato il mondo dei computers e della telefonia, ma di riflesso le sue innovazioni tecnologiche e di design sono riuscite a cambiare anche il mondo dell’arte contemporanea e se questa vi sembra un’affermazione spropositata, ecco alcuni esempi che saranno in grado di farvi cambiare idea. Pensate ad esempio ad iMovie, programma di montaggio video che innumerevoli video artisti usano oggigiorno, anche Ryan Trecartin per la sua presente mostra al MoMa di New York ne ha fatto largo uso.

Un museo da tenere sul comodino

Sarà la svolta del XXI secolo o verrà presto dimenticato? Certo è che la trovata di Domenico Quaranta, ormai noto curatore nell’ambito della new media art, ha del sorprendente. L’operazione consiste sostanzialmente nell’istituire un museo portatile, MINI Museum of XXI Century Arts, che altro non è che una cornice digitale fotografica acquistata su eBay e dotata di pen drive per l’inserimento dei dati.

Il contenitore, concepito come spazio espositivo istituzionale, è accessibile a chiunque voglia farne domanda e si prefigge attraverso un costante aggiornamento da parte dell’artista, di documentare le varie esperienze espositive. L’artista può caricare opere entro i limiti stabiliti dal formato o anche di più grandi dimensioni, in tal caso consapevole del fatto che l’opera, divenuta di proprietà del museo, potrà essere visualizzata solo in caso di prestito ad altre istituzioni.

Linguaggi Complessi, Messaggi Complessi – I Neoconoduli

E’ inaugurata ieri a Siracusa la mostra Linguaggi Complessi, Messaggi Complessi – I Neoiconoduli che vede la partecipazione di oltre 40 artisti che testimoniano l’odierno orientamento della rappresentazione nell’arte. È tempo di messaggi che magari non si capiscono immediatamente o facilmente ma che devono comunque arrivare al destinatario o fruitore attraverso il gioco dell’arte complesso, così come complessi sono i suoi linguaggi.

Iconoduli è un termine che si riferisce all’epoca Bizantina. A quel tempo, alcuni ritenevano che le immagini sacre potessero essere rappresentate (iconoduli); mentre altri si opponevano a tale tendenza (iconoclasti). Il termine Neoiconoduli è stato introdotto da Carmelo Strano (che cura la msotra) negli anni ’80, subito dopo il periodo delle neo-avanguardie. Il critico si riferiva a quegli artisti che andavano ben oltre la semplice rappresentazione ed i canoni prestabiliti. Essi erano invece interessati a comunicare qualcosa ma in modo non esplicito e con qualsiasi linguaggio espressivo.

Zhang Huan, Malcom McLaren e Miltos Manetas alla galleria Pack di Milano


La Galleria Pack di Milano inaugura il 10 dicembre la grande mostra che riunisce per la prima volta assieme tre grandi personalità del contemporaneo. Seppure attraverso linguaggi e metodologie differenti, Zhang Huan, Malcom McLaren e Miltos Manetas sono portatori di una grande forza comunicativa ed innovativa che caratterizza e rende unica la loro ricerca.

Zhang Huan individua nel corpo lo strumento ed il metodo di conoscenza della realtà che lo circonda, rendendolo protagonista indiscusso delle proprie performance. L’opera presentata per questa occasione è il Museum size di Family Tree, opera che ha contribuito a rendere il lavoro dell’artista conosciuto internazionalmente e che è entrata nelle collezioni di importantissime istituzioni tra cui il Centre Pompidou di Parigi. Il lavoro incarna perfettamente la poetica del linguaggio di Zhang Huan. Il volto dell’artista, seguendo l’arco di un’intera giornata, si trasforma in una sorta di tela sulla quale sono dipinti ideogrammi che raccontano un’antica leggenda famigliare cinese. Il corpo diventa linguaggio, prova dell’identità culturale dell’individuo, istante privilegiato in cui lo spirituale si rende tangibile.

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