Arte europea 1949-1979 alla Collezione Guggenheim di Venezia

In occasione della completa riapertura del museo e del Giardino delle Sculture Nasher dopo i lavori di ristrutturazione, il 29 febbraio la Collezione Peggy Guggenheim presenta la mostra Arte europea 1949-1979 e invita il pubblico ad un’apertura straordinaria gratuita delle sale espositive dalle 17 alle 20. L’esposizione curata da Philip Rylands, direttore del museo, porta in scena una preziosa selezione di opere del secondo dopoguerra, collezionate da Peggy e raramente esposte, ripercorrendo così gli anni “veneziani” della mecenate americana, che visse a Palazzo Venier dei Leoni dal 1949 al 1979, e che, nonostante l’abbandono di New York, fulcro della nuova avanguardia artistica, nel 1947, continuò la sua attività di collezionista lungimirante e all’avanguardia nella città lagunare.

La mostra rappresenta un’occasione unica per vedere inoltre esposte le opere donate al museo veneziano dal 1979, anno della scomparsa di Peggy, ad oggi, a cominciare da alcune delle sculture che animano il rinnovato Giardino della Sculture Nasher, tra cui le opere di Germaine Richier, Tony Caro, Bryan Hunt, Jenny Holzer, Mirko e Barry Flanagan. Verranno svelate al visitatore opere come Lettera a Palladio n. 6 (1977) di Giuseppe Santomaso, I cantieri (1947-48) di Armando Pizzinato e il più recente Forme in moto (1980), i decoupages di Mimmo Rotella, due lavori di Lucio Fontana, tra cui un Concetto Spaziale del 1955, uno dei primi esempi dei suoi celeberrimi “buchi” opera recentemente acquisita dal museo (2011), Vulcano azteco di Pierre Alechinsky, un rilievo in alluminio e legno di Heinz Mack, una serie di incisioni di Eduardo Chillida, Omaggio al quadrato RIII a-ı di Josef Albers, la tela estroflessa di Agostino Bonalumi, le sculture di Mirko insieme ad una sua preziosa tempera, Bozzetto cancello delle Fosse Ardeatine del 1949, un tardo monotipo di Emilio Vedova, opere di Bice Lazzari, Gastone Novelli e Toti Scialoja, e due dipinti di Carla Accardi, tra cui l’eccellente Blu concentrico del 1960.

Da Bacon ai Beatles, la prima mostra con la colonna sonora

Organizzata dalla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, la mostra Da Bacon ai Beatles. Nuove Immagini in Europa negli anni del rock presenta oggi, per la prima volta, la storia di una ricerca figurativa che, a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta del Novecento, prese le mosse dalla lezione di Giacometti, di Bacon e di altri grandi maestri dell’epoca. Celebrata a suo tempo dalla grande mostra New Images of man allestita nel 1959 al MoMA di New York, tale ricerca si distinse per esiti molto diversi rispetto ai modi di un certo realismo d’ispirazione sociale, mescolando suggestioni di natura espressionista con linguaggi spesso in bilico fra informale e pop.

Riflesso di una nuova situazione esistenziale dell’uomo e insieme di un clima fervido di cambiamenti, come quello dei favolosi anni sessanta, il percorso mira a rievocare l’atmosfera di allora attraverso un nucleo di 70 opere, fra sculture e dipinti, spesso di grandi dimensioni, prestate da collezioni pubbliche e private italiane e straniere, da ammirare – per l’occasione – armati di cuffie e con un sottofondo musicale in tema con la rivoluzione sonora che si attuò contemporaneamente a quella estetica.

Bolsena, gli anni di Plinio De Martiis. Rentica, testimonianza di una generazione

La Galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, fondata a Roma nel 1954, fu un luogo determinante per il rinnovamento artistico del dopoguerra in Italia, rinnovamento che ebbe, tra metà anni Cinquanta e fine anni Sessanta, la sua punta più avanzata proprio a Roma. Fu a Roma che una comunità d’artisti, già attivi nei decenni precedenti, in singolari posizioni di dissidenza rispetto alle diverse correnti di pittura, si confrontò con straordinaria originalità con le generazioni più giovani e con il loro procedere in direzioni diverse e spesso divergenti. Questo confronto, anche conflittualmente dialettico, avvenne in buona parte proprio negli spazi della Galleria La Tartaruga.

Come ricorderà Stefano Malatesta “Non erano venuti a Roma a scrivere Tennessee Williams detto The Bird, Truman Capote e Gore Vidal? Non si era ritirato presso le monache di clausura del Colle Oppio il famoso filosofo George Santayana? Non si faceva dalle parti di Cinecittà il miglior cinema del mondo con registi i cui nomi incuriosivano all’estero perché finivano sempre in Rosellini, Fellini? E nelle gallerie non erano esposte opere per dire di De Kooning, Twombly tutti surrealisti vivi e morti, tutte le ultime novità da New York, Londra, Parigi”. Anni roventi, momenti imprescindibili che hanno poi conformato la nostra contemporaneità.

Pillole di Biennale 03 – Mondanità e fallimenti

(Dove eravamo rimasti…) Che fatica, non so voi, ma a me i viaggi in treno stancano parecchio, e se alle tre ore di sedile ergonomico (?) del Frecciabianca aggiungi sei ore di giri folli in una città fatta di ponti, comincerai a temere per la salute dei tuoi glutei e desidererai ardentemente un cocktail ristoratore.

Così, ripreso il battello, approdammo nuovamente a piazza San Marco. Pochi minuti per ammirare la Basilica dall’esterno con le sue pesanti decorazioni, mosaici e statue a ornarne la facciata; un’occhiata alla torre del campanile semi coperta da un cantiere e così buffa lontana dalla chiesa e dallo stile inconciliabile. Una risata sommessa scoprendo che la Torre dell’Orologio che decora un lato della piazza indica nient’altro che la via principale: un pertugio tra due palazzi e con questo non voglio certo rimarcare discorsi già fatti sulle stranezze della rete viaria cittadina.

E infine eccoci accomodarci al Caffè Florian, o meglio nello splendido dehors allestito attorno al piccolo palco che ospitava un’orchestrina. Situato sotto i portici delle Procuratie Nuove il Caffè Florian è il più antico d’Italia, nacque nel 1720 e fu ben presto crocevia di personalità e luogo d’incontro della mondanità veneziana. Oggi forse è più che altro meta turistica, non per nulla in rete si trovano infinite discussioni su quanto costi un aperitivo al Florian avviate da qualche viaggiatore che vorrebbe saggiarne l’emozione.

Ultimo atto d’amore al Palazzo Reale di Milano

Dal 18 dicembre 2010 al 15 febbraio 2011 a Palazzo Reale a Milano si terrà l’evento espositivo Milano. Ultimo atto d’amore, un percorso multimediale, un film, un racconto che abbraccia le figure della poetessa Alda Merini e del maestro Mimmo Rotella. Sullo sfondo, la città di Milano, scenografia e teatro dell’evento. La mostra è promossa dagli Assessorati alla Cultura di Regione Lombardia e Comune di Milano. Il progetto è stato ideato da Regione Lombardia – Cultura insieme a Spirale d’Idee. La curatela è di Renato Barilli e Giuseppe Zaccaria.

Tutto ha origine nel 2005 da un progetto curato dai due artisti: poesia che dipinge il bello, pittura che scrive il bello, usando l’icona della bellezza per eccellenza ovvero l’immagine di Marilyn Monroe come terreno di confronto artistico.Da questo, come soleva dire Rotella, “ultimo atto d’amore” inizia un percorso della memoria. Il regista dell’allestimento, a tale scopo, ha fuso filmati storici, registrazioni di voci, fotografie inedite, recite poetiche in una composizione multimediale. Un percorso che conduce lo spettatore alla percezione dell’animo più profondo e inedito dei due artisti. Un cammino catartico, un saluto rivolto al passato che entrambi e Milano ci regalano.

Festival Euromediterraneo di Altomonte

Inaugura l’8 agosto la nuova edizione della rassegna di arti visive del Festival Euromediterraneo di Altomonte, curata dall’artista Gianfranco Grosso, dal titolo Contemporaneamente Arte, tra realtà e visioni.

Dopo il successo di pubblico e critica dello scorso anno, che ha visto le sale dell’ex convento domenicano fregiarsi delle opere dell’artista americano Paul Russotto a cura di Alan Jones, delle visioni concettuali di Gianni Piacentini -Due video, un progetto ed un palloncino-, con le opere di Daniela De Paulis, Luzia Hürzeler, Alessandro Piangiamore e Jonathan Monk, oltre che un percorso dalle origini alla contemporaneità degli artisti Mimmo Rotella e Serafino Maiorano, tramite -Galleria in vetrina- del Centro d’Arte La Bussola di Cosenza, quest’anno il -menu’- include 6 eventi, tra cui uno sulla facciata della Torre Normanna.

La Pittura italiana alla Fondazione Brodbeck

Domenica 30 maggio alle ore 17.00 la Fondazione Brodbeck di Catania presenterà la mostra collettiva dal titolo Collezione Paolo Brodbeck – Pittura italiana 1949/2010. Si tratta della prima mostra del progetto espositivo intitolato -Collezione-, ideato da Gianluca Collica, direttore artistico della Fondazione e curatore della Collezione Paolo Brodbeck. Il progetto pluriennale prevede la realizzazione di un ciclo di mostre collettive (con opere della collezione) e una selezione di mostre personali, dedicate ad alcuni artisti della collezione stessa (il primo di questi appuntamenti sarà la mostra di Urs Lüthi, a novembre 2010).

Collezione Paolo Brodbeck. Pittura italiana 1949/2010 propone una prima selezione di opere che testimoniano l’interesse di Paolo Brodbeck per l’arte Italiana – e in modo particolare per la pittura – ma soprattutto il suo atteggiamento aperto alla qualità della ricerca, piuttosto che alle tendenze effimere.

Kinder Art, arte contemporanea e sorprese


Che c’entra l’ovetto Kinder con la Triennale? La storia è lunga. E’ cominciata più di un anno fa, quando in Kinder arrivò una segnalazione: era stata vista in mostra un’opera di arte contemporanea, interamente composta di sorpresine (quei piccoli giocattoli che si trovano dentro Kinder Sorpresa).

Lo stupore lasciò presto il campo alla curiosità: e se ce ne fossero state altre di opere d’arte ispirate all’ovetto e alle sue sorprese? Venne avviata una ricerca sulle testate d’arte contemporanea che portò, in meno di due mesi, a 280 segnalazioni. Incredibile, no? Però, a pensarci bene, plausibile. L’ovetto Kinder è stato un mito per tre generazioni di bambini.

Robert Indiana, da Love ad Amor


Conosciuto in tutto il mondo per la sua opera tridimensionale che recita la scritta Love, nata a metà degli anni Sessanta come cartolina natalizia del Moma, e divenuta icona universale, presente sotto forma di logo monumentale in molti dei luoghi simbolo della modernità, da Park Avenue a New York al grattacielo Taipei 001 a Taiwan, Robert Indiana e’ un artista piu’ complesso di quanto non possa apparire a prima vista.

Nato nel 1928 nello stato dell’Indiana, che diventerà anche il suo nome d’arte (il vero cognome e’ infatti Clark), comincia la sua carriera come scenografo e costumista, ma sale alla ribalta internazionale grazie alle sue sculture monumentali, dove la caratteristica “O” inclinata riprende i caratteri tipografici tipici della comunicazione di massa ingrandendoli a dismisura, caricandoli cosi’ di significati simbolici che porteranno lo stesso artista a definire le sue opere “poesie scultoree”.

preload imagepreload image