Altro stop per Frank Gehry, il Guggenheim slitta al 2015

La faraonica impresa dell’archistar Frank Gehry e del suo avveniristico Guggenheim di Abu Dhabi, il cui costo si aggira attorno agli 800 milioni di dollari è ormai divenuta una vera e propria fatica proverbiale, un poco come la celebre fabbrica di S.Pietro. Va detto che nei passati mesi la costruzione della prestigiosa istituzione museale è stata giustamente ostacolata da un comitato formato da più di 130 artisti internazionali tra cui svettano i nomi della nostra Monica Bonvicini, di Harun Farocki, Mona Hatoum, Emily Jacir, Shirin Neshat e Tania Bruguera, tanto per citarne alcuni. La protesta riguarda le pietose condizioni di lavoro degli operai locali che attualmente si trovano impegnati nell’edificazione dell’imponente struttura.

Felix Gonzalez-Torres ispira la Istanbul Biennial 2011

Carlos Herrera

Le Biennali come molti di voi sapranno ruotano attorno ad un tema principale, un appiglio che ogni buon curatore utilizza come nastro di partenza da cui partono sia le manifestazioni creative degli artisti sia l’allestimento dell’evento. Solitamente questo appiglio si sviluppa partendo da temi filosofici o sociali, basti pensare ad ILLUMInazioni – ILLUMInations di Bice Curiger o a Fare mondi- Making Worlds di Daniel Birnbaum, tanto per restare dalle parti della Biennale di Venezia.

A volte però capita che lo spunto scelto dal curatore di turno sia un artista, un personaggio talmente ispirato e seminale da influenzare intere schiere di artisti ed eventi. I curatori Jens Hoffmann e Adriano Pedrosa hanno appunto pensato ad un artista quando hanno deciso di sviluppare il tema principale della loro Istanbul Biennial 2011, apertasi lo scorso 17 settembre (in visione fino al prossimo 13 novembre 2011). L’artista in questione è il grande Felix Gonzalez-Torres, raffinato e poetico artefice di creazioni artistiche spesso destinate ad esaurirsi per mano dello spettatore alla stregua del ciclo vitale dell’uomo. 

Il Guggenheim di Abu Dhabi risponde alla protesta: “I lavoratori sono in regola”

Proprio questa settimana vi avevamo annunciato la protesta dei 130 artisti contro il Guggenheim di Abu Dhabi, faraonico progetto creato da Frank Gehry che sorgerà nel 2015 nella ricca metropoli degli Emirati Arabi. Il drappello, tra cui figurano i nomi di Monica Bonvicini, Jimmie Durham, Mona Hatoum e Rirkrit Tiravanija si è scagliato contro i vertici dell’istituzione a causa del pessimo stato in cui versano i poveri operai che attualmente si trovano impegnati nel progetto. I 130 artisti hanno dichiarato di voler boicottare il museo e di rifiutare ogni tipo di donazione di opere o altra attività collegata alla prestigiosa istituzione.

Ebbene il tornado della protesta è andato ad abbattersi proprio nei giorni in cui gli Emirati Arabi  con le loro manifestazioni Art Dubai e Sharjah Biennale cercano di imporsi all’attenzione della scena dell’arte contemporanea internazionale. A questo punto la reazione dei vertici del Guggenheim non si è fatta attendere più di tanto.

130 artisti contro il Guggenheim di Abu Dhabi

Ad Abu Dhabi non è sempre tutto rose e fiori come non sempre i soldi riescono a comprare tutto. Come ben saprete, da diverso tempo la capitale degli Emirati Arabi è concentrata sulla realizzazione del nuovo Guggenheim progettato dal celebre archistar Frank Gehry. L’opulente struttura da 800 milioni di dollari (alla faccia della crisi globale), mira e divenire un vero e proprio punto di riferimento culturale del medio oriente ma come accennato poche righe fa, questo sfarzo e questa cultura hanno già acceso alcune proteste da parte della comunità artistica internazionale.

Sono 130 infatti gli artisti che boicotteranno il museo, mettendo in discussione sin da oggi la futura collezione permanente di un istituzione ancora in costruzione. Tra i partecipanti al boicottaggio svettano nomi assai prominenti quali Harun Farocki, Mona Hatoum, Emily Jacir, Shirin Neshat, Monica Bonvicini, Tania Bruguera, Matt Mullican, Thomas Hirschhorn, Alfredo Jaar, Rikrit Tiravanija, Hans Haacke e tantissimi altri ancora.

Mona Hatoum vince il Joan Mirò Prize 2011 mentre una sua opera è in mostra a Londra

L’artista di nazionalità britannico-palestinese Mona Hatoum è stata dichiarata vincitrice del  Joan Miró Prize edizione 2011. Questo prestigioso premio che ammonta a 70.000 euro viene concesso ogni due anni, durante una grande cerimonia che si svolge presso l‘auditorium Fundació Joan Miró a Barcellona. Mona Hatoum riceverà l’ambito riconoscimento, e sopratutto i soldini il prossimo 7 aprile ed a seguire l’artista sarà ospitata dalla fondazione nel corso di una mostra che rimarrà in visione fino al giugno 2012.

La giuria ha preso la sua decisione all’unanimità, affermando che Mona Hatoum “ha aperto la strada alle pratiche artistiche di natura non occidentale pur evidenziando i collegamenti tra cultura occidentale e transnazionale, tra eventi politici e culturali. Grazie a Mona Hatoum, il mondo dell’arte è diventato più aperto e meno egocentrico, un processo che è ancora in espansione ed in consolidamento. L’impegno dell’artista nei confronti del rispetto dei valori umani e di tutte le culture e le società, incontra l’impegno di Miró”.

Ho deciso di crescere fragile – Terre vulnerabili all’Hangar Bicocca

Sono passati un po’ di giorni dall’inaugurazione di Terre vulnerabili all’Hangar Bicocca di Milano. Ne scrivo solo ora perché avevo bisogno di lasciar sedimentare ciò  che avevo visto. Come un seme che viene messo nel terreno e poi annaffiato (e la metafora non è casuale, capirete poi), anche l’arte ha bisogno di essere curata. Nulla di strano, d’altronde chi lavora con l’arte nel suo momento di esposizione al pubblico si chiama curatore: una figura che dovrebbe, appunto, annaffiare l’artista affinché la sua arte cresca forte e bella. È che poi invece, nella società di oggi, siamo abituati al qui e subito. Ai giudizi affrettati e sommari, al sentito dire piuttosto che alla critica ragionata e alle cose digerite con calma. Per fortuna ci sono spazi come l’Hangar, dove ti impediscono di fare di corsa. Dove per vedere una mostra devi prenderti mezza giornata libera e ti porti pure i compiti a casa.

Già solo il concetto alla base dell’esposizione ci fa capire di essere di fronte a qualcosa di fuori dagli schemi: una curatrice che si mette in mezzo agli artisti e ci lavora assieme per far nascere un progetto in continua evoluzione. Chiara Bertola, con Andrea Lissoni, si è messa di traverso e ha costretto gli artisti a mettersi in gioco per creare, in sinergia tra di loro, le opere che poi saranno esposte. Le opere visibili adesso, non spariranno nella prossima fase, ma verranno integrate, riutilizzate, trasformate dai nuovi nomi coinvolti; inserendosi così in un processo ciclico ispirato alle fasi lunari. Nulla si crea, ma tutto si trasforma e nessuno può sapere ciò che succederà da qui ai prossimi otto mesi, l’unico sarà seguire dal vivo le evoluzioni di Terre vulnerabili.

Mona Hatoum alla galleria Continua di San Gimignano

Il 13 settembre la Galleria Continua di San Gimignano inaugura Undercurrent (red), mostra personale di Mona Hatoum. L’identità culturale, il nomadismo geografico, la minaccia della guerra, il senso di precarietà esistenziale e di spaesamento, sono alla base dei lavori dell’artista anglo-palestinese.

In questa mostra Mona Hatoum rivisita alcuni temi diventati emblematici nella sua pratica artistica dell’ultimo decennio e presenta una serie di opere che, partendo da oggetti di uso quotidiano, si trasformano in sculture inconsuete e inquietanti.
Paravent (2008) una grattugia ingrandita fino a dimensioni surreali e architettoniche tanto da diventare un paravento e Dormiente (2008), una grattugia questa volta portata alle dimensioni di un letto che promette disagio e sofferenza, sono collocate sul palcoscenico della galleria.

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