Confrontations – MAMBO e MART VS New Museum

Eccoci giunti al terzo appuntamento della nostra serie estiva intitolata Confrontations. Si tratta di un confronto all’americana tra le offerte culturali di due prestigiose istituzioni, una straniera e l’altra italiana. Dalle nostre parti vengono stanziati milioni e milioni di euro per tenere in vita gli spazi pubblici e garantire loro un programma espositivo allettante per il pubblico. Alla fine della nostra breve avventura  sarà più facile comprendere il peso della nostra cultura contemporanea e l’utilizzo finale dei fondi stanziati dai contribuenti a favore della stessa.

Nella prima puntata avevamo organizzato un match MAXXI di Roma VS Tate Modern di Londra mentre nella seconda avevamo rincarato la dose con un confronto letale MADRE di Napoli e Castello di Rivoli VS ICA di Londra. Oggi il confronto si fa ancora più duro visto che abbiamo due sfidanti d’eccezione vale a dire MAMBO di Bologna e MART di Trento e Rovereto VS New Museum di New York. Riusciranno due musei italiani a garantire una programmazione migliore di un museo newyorkese?

Che fine ha fatto la Net Art?

In questi giorni si è tenuta l’Internet Week, kermesse newyorkese tutta dedicata alla scoperta e alla valorizzazione delle arti digitali. Tra i panels presenti alla manifestazione, uno in particolare ci è sembrato alquanto interessante, vale a dire quello intitolato Has The Internet Made Everyone an Artist? (internet ha trasformato tutti quanti in artisti?). La discussione si è tenuta mercoledì ed è stata moderata da CJ Follini, co-fondatore di welcometoCOMPANY.com, Paola Antonelli, curatore del MOMA, gli artisti Ivan Toth Depena e Sarah Small e Susi Kenna direttore di Contemporary Art for Excursionist.

Anche se il talk era orientato su questioni insolitamente diverse dal suo titolo, come la conservazione dei lavori di net art, questo spunto potrebbe esserci d’aiuto per lo sviluppo di una discussione più vicina alla materia in questione. Come già detto più volte su questo blog, l’avvento di internet ha facilitato la fruizione e la produzione dell’arte contemporanea.

Bruce High Quality Foundation e BRUCEFORMA 2012

 

Tremate, tremate i Bruce High Quality Foundation sono tornati. Il pimpante gruppo artistico più sgangherato di tutti gli Stati Uniti ha colpito ancora, con una delle loro scoppiettanti azioni artistiche. Come ben ricorderete, nel 2010 i cinque Bruce lanciarono la prima edizione della Brucennial, una versione della Whitney Biennial con meno spocchia e più creatività. L’intento del gruppo era infatti quello di  sottolineare l’importanza di una scena artistica giovanile non educata dal sistema e per questo libera di esprimersi in tutte le sue manifestazioni creative.

In effetti la  Biennale dei Bruce High Quality fu caratterizzata da un approccio più vicino al fai da te con l’organizzazione di una mostra totalmente in mano agli artisti. Ma la lista delle scoppiettanti azioni del gruppo è ben più lunga, basti citare le loro proteste contro il New Museum ed i loro placcaggi di monumenti newyorchesi in perfetta tenuta da foottball americano.

I Kraftwerk al MoMa con una mostra-concerto

Il loro nome in italiano suonerebbe più o meno come “centrale elettrica”, il loro suond non si discosta molto da questo incipit. Parliamo ovviamente dei Kraftwerk, storica band di musica elettronica formatasi a Dusseldorf nel 1970 per volere di  Ralf Hütter e Florian Schneider.

Merito dei Kraftwerk è senz’altro quello di aver esteso le sonorità electropop al grande pubblico ed anche se le loro indagini sonore sono lontane dagli sperimentalismi avantgarde di gente come Edgar Varèse, è innegabile che Hütter e Schneider hanno lasciato il segno nella storia della musica internazionale.

(In)Comunicato Stampa

Il comunicato stampa è uno strumento indispensabile per la promozione di un determinato evento artistico, esso permette di informare il pubblico su date e luoghi, oltre che fornire una piccola esegesi della mostra che si andrà a visionare. Insomma il comunicato stampa, se ben redatto, è un potente mezzo di informazione capace di raggiungere un grande bacino di utenze.

A volte però accade che questo strumento capiti nelle mani sbagliate, trasformandosi in un’inarrestabile arma di distruzione di massa. Già, quando si parla di arte contemporanea tutto sembra complicarsi ed allora ecco che chi scrive il comunicato, per darsi un contegno, appesantisce il testo con frasi criptiche ed espressioni linguistiche degne del più ispirato Ungaretti. Chissà quanti ne avrete letti anche voi di comunicati stampa semplicemente incomprensibili, altri che contengono di tutto tranne il luogo e la data della mostra in questione ed altri ancora che si dimenticano persino di citare gli artisti invitati.

Circo o Arte? Con Ryan Trecartin scopriamo le nuove tendenze dell’arte

Fotografia di Jacqueline Iannaccone

Infastidire il pubblico o divertirlo ed affascinarlo con le sue pirotecniche trovate, queste sono le caratteristiche salienti della creatività contemporanea. Idee che sterzano bruscamente verso lo spettacolo, sregolatezze che lasciano un cattivo gusto in bocca come quelle del gruppo GELITIN alla Biennale di Venezia 2011. Si può storcere il naso o sorridere ma l’arte contemporanea ha deciso di prendere questa direzione ed anche la critica deve adeguarsi. Marcel Duchamp ha reso possibile la “frode” creativa e le nuove generazioni hanno raccolto questo oneroso testimone, senza mai dimenticarsi di inserire all’interno della loro produzione una buona dose di ironia.

Le scoppiettanti installazioni dei Paper Rad fanno il paio con il caos controllato di Artists Anonymous, mentre Banksy, Bruce High Quality Foundation e chi più ne ha più ne metta non stanno certo a guardare. Proprio in questi giorni il MoMA PS1 ha presentato al pubblico la mostra Any Ever di Ryan Trecartin (dal 19 giugno al 3 settembre 2011), offrendo una ricca panoramica delle nuove frontiere dell’arte.

Hans-Peter Feldmann copia Gianni Colosimo e i suoi dollari

Hans-Peter Feldmann

Lo scorso anno l’artista Hans-Peter Feldmann ha vinto il prestigioso Hugo Boss prize, premio biennale che solitamente viene assegnato ad artisti che nel corso del tempo hanno compiuto gradi ricerche nel campo dell’arte contemporanea. Feldmann ha quindi avuto il privilegio di beccarsi i tanto agognati 100.000 dollari di borsa messa in palio dal rinomato fashion brand internazionale. Prima di lui altri celebri artisti sono riusciti a mettere le mani sulla cospicua somma, Matthew Barney ad esempio ha vinto l’edizione 1996, Douglas Gordon quella del 1998 e Tacita Dean quella del 2006.

Fin qui tutto potrebbe apparire come una normale notizia, anche un poco vecchia. Fatto sta che quei famosi 100.000 dollari Hans-Peter Feldmann li ha utilizzati per produrre la sua mostra al Guggenheim Museum di New York, in visione fino al prossimo 2 novembre 2011. In parole povere l’artista ha utilizzato fisicamente le banconote, ricoprendo lo spazio della prestigiosa istituzione con pezzi da un dollaro, fino a raggiungere quota 100.000 e creando così una bizzarra installazione che ha richiesto ben 13 giorni di assiduo lavoro.

Se il MoMa diventa un locale per singles

Il MoMa di New York è senz’altro uno dei poli culturali più importanti di tutto il mondo ed al suo interno vengono sviluppate mostre ed altri eventi di alto livello. Ma come si sa, agli americani non piace prendersi troppo sul serio, ed allora può capitare che di quando in quando (soprattutto in estate) il prestigioso museo presenti un programma lontano dagli ingessati vernissage d’alto bordo.

Certo non è detto che eventi come quello attualmente in visione al MoMa siano il massimo in fatto di sperimentazione artistica ed anche se possono servire a muover un poco le acque, a tener in vita il museo anche durante la lunga stagione estiva ed a non perdere il contatto con il pubblico giovane, c’è il rischio di trasformare un’istituzione museale in una discoteca o peggio ancora in un centro vacanze dove operano animatori di infimo ordine. Le nostre accuse si riferiscono alla famigerata Singles Night, vale a dire notte dei singles, una performance artistica collettiva tenutasi lo scorso venerdì nell’atrio del museo.

Al MoMa PS1 di New York parte Warm Up 2011

Il MoMA PS1 di New York presenta al pubblico Warm Up 2011, serie di appuntamenti artistici che avranno inizio il 2 luglio e che si svolgeranno ogni sabato di questa lunga estate fino al prossimo 3 settembre 2011. Warm Up festeggia quest’anno il suo 14 ° anno di attività, confermandosi uno dei più attesi appuntamenti culturali all’aperto offerti dalla Grande Mela.

La manifestazione continuerà quindi la sua tradizione di presentare al pubblico la migliore musica dal vivo, le migliori performance e le migliori sperimentazioni sonore. Come ogni anno Warm Up si svolgerà nel cortile del PS1 MoMA. 

Per il secondo anno consecutivo Warm Up sarà gestito da un comitato curatoriale scelto dal museo per rappresentare un ampio spettro di competenze ed esperienze nel campo della musica, del suono, delle arti dello spettacolo, all’insegna dell’interdisciplinarietà.

Pasticcio a Brooklyn mentre Nan Goldin afferma: “mi volevano morta”

Giusto la scorsa settimana vi avevamo parlato dello strano pasticcio Art In the Streets. La grande panoramica sulla street art ospitata dal MOCA di Los Angeles guidato da Jeffrey Deitch doveva far tappa al Brooklyn Museum di New York ma in seguito la prestigiosa istituzione aveva cancellato l’evento in programma, palesando delle non meglio precisate difficoltà economiche.

Alla luce di quelle strane dichiarazioni qualcos’altro è successo e tutto ciò ha portato ad un brusco cambio all’interno del board della fondazione del Brooklyn Museum. Norman Feinberg, da cinque anni direttore del board, è stato infatti rimpiazzato da John Tamagni. Forse per il museo è giunta ora di cambiare anche la direzione visto che Arnold Lehman (attuale direttore) nel corso di questi ultimi anni ha inanellato una bizzaria dietro l’altra, perdendo il contatto con il pubblico a causa di mostre flop come Star Wars: la magia del mito (del 2002) o come Who Shot Rock & Roll: A Photographic History, 1955 to the Present, inaugurata lo scorso inverno con il malcontento generale.

Il Brooklyn Museum non vuole la street art

Cose strane succedono nel mondo della street art o forse sarebbe meglio dire: cose strane succedono alla street art quando c’è di mezzo anche Jeffrey Deitch. Colpevole di aver oscurato il murale di Blu, il direttore-volpone del MOCA di Los Angeles aveva poi lanciato la grande panoramica sulla street art intitolata Art in The Streets. Ebbene, la mostra in questione doveva in seguito migrare al Brooklyn Museum di New York e rimanere in visione dal 30 marzo all’8 luglio 2012.

Qualcosa però è andato storto ed i vertici del Brooklyn Museum hanno deciso di cancellare l’intera manifestazione. Sulle prime il museo ha emanato un comunicato stampa dove si parla di problemi finanziari, tali da non poter assicurare il corretto svolgimento di Art in The Streets. La realtà è però ben diversa ed alcune spiegazioni a questo strano comportamento le aveva già fornite il New York Daily News in un articolo apparso lo scorso aprile.

Dopo Younger Than Jesus il New Museum lancia Generational

Proprio nel bel mezzo della Biennale di Venezia ecco che il New Museum di New York non perde tempo per rilanciare l’appuntamento con la sua celebre triennale, quella Younger Than Jesus che nel 2009 venne accolta da critiche abbastanza freddine da parte di tutta la stampa internazionale. Come di consueto la manifestazione è rivolta a tutti gli artisti nati nella metà degli anni ’70 e si ripropone di mostrare al mondo la frizzante natura della nuova arte statunitense, anche se spesso questa frizzante natura sa un poco di stantio e di raffazzonato.

Comunque sia meglio non dare giudizi a priori visto che all’apertura della grande kermesse mancano ancora molti giorni e il New Museum non ha lasciato trapelare molte notizie. Di certo c’è che la mostra si aprirà il 15 febbraio 2012 e si protrarrà fino al 22 aprile dello stesso anno. Il nome della triennale sarà The Generational e sarà curata da Eungie Joo.

Se Aelita Andre a 4 anni tenta di raggiungere Jackson Pollock

Molti non-esperti e non-aficionados dell’arte contemporanea stentano a comprendere i meccanismi sia produttivi che commerciali di questo grande circus. La maggior parte del pubblico non avvezzo non riesce a capacitarsi di come possano manifestarsi vendite di opere per cifre sbalorditive, altri invece provano sdegno per opere che “potevano essere fatte anche da un bambino di quattro anni”. Molto spesso questo tipo di apprezzamenti sono rivolti alle opere di Jackson Pollock, all’informale ed all’astratto ed in genere alle manifestazioni creative che forse il pubblico vede a portata di mano rispetto ad altri capolavori di arte moderna.

Ebbene noi tutti sappiamo che ad un più attento studio dell’arte contemporanea si arriva a comprendere i significati altri di quelle estetiche e quei segni apparentemente privi di senso. In questi ultimi giorni però abbiamo avuto modo di assistere ad un fatto assai bizzarro: alcuni dipinti in puro stile Pollock in mostra alla Agora Gallery di Manhattan sono in realtà il prodotto creativo di un bimbo di 4 anni.

Alexander McQueen da record e la Biennale sceglie la giuria

Alexander McQueen ha praticamente stregato New York. Il celebre fashion designer inglese scomparso nel febbraio dello scorso anno ha infatti raccolto la bellezza di 5.100 visitatori nel giorno  dell’opening della sua grande retrospettiva organizzata dal Metropolitan Museum. La mostra dal titolo Savage Beauty (in visione fino al prossimo 31 luglio 2011) è di fatto riuscita ad eguagliare le presenze di pubblico di altri grandi eventi legati ai maestri dell’arte.

Il record assoluto di pubblico per una mostra al MET appartiene infatti a Vincent Van Gogh con The Drawings, evento che ha attirato la bellezza di 5.400 persone in un solo giorno, ma parliamo ormai del “lontano” 2005.

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