Nei momenti di grave crisi le forme di rappresentazione più significative e popolari, e tra esse il cinema, hanno elaborato opere sintomatiche. Il crollo della Borsa di New York nel 1929 (evento spesso accostato alla situazione attuale) e la “Grande Depressione” fecero conquistare allo spettacolo cinematografico un enorme spazio e una rilevanza, anche politico-ideologica, prima sconosciuta. I gravi disagi e le peripezie di una popolazione violentemente segnata dalla mancanza di occupazione e da una perdita generalizzata del potere d’acquisto, portarono Hollywood a far sua la politica del New Deal, proponendo al pubblico americano opere basate sui valori dell’ideologia rooseveltiana.
I nuovi ideali, che la nazione elesse come salvifici, trovarono nel cinema una cassa di risonanza in perfetta sintonia con le scelte del potere democratico: da un lato le crude descrizioni di John Ford (che con “Furore” diresse uno dei film più progressisti mai fatti a Hollywood, in linea con le ideologie del New Deal) dall’altro le commedie di Frank Capra nelle quali l’ideologia dell’ottimismo rooseveltiano amplificava le proprie suggestioni. La crisi economica attuale, che investe il mondo globalizzato, vede il cinema in posizione non più egemonica e dominante, ma solo come uno dei molteplici mezzi di comunicazione, non certo quello in grado di influenzare le risposte sociali. In ogni caso, il cinema denuncia da tempo i sintomi di un malessere che si è rivelato in tutto il suo potere destabilizzante.