More Passion e le provocazioni di Tracey Emin non provocano nessuno

Non molto tempo fa avevamo pubblicato un divertente articolo dal titolo Tracey Emin è amica del governo inglese. Nel pezzo si faceva riferimento all’indignazione dei fratelli Jake e Dinos Chapman di fronte all’amore viscerale tra la peperina Tracey ed il governo inglese. All’artista era stata infatti da poco commissionata un’opera neon per la sede di Downing Street, con il beneplacito di David Cameron, oramai suo inossidabile fan.

In quell’occasione i Chapman Brothers denunciavano i tagli alla cultura ed i comportamenti di alcuni esponenti storici della corrente Young British Artists che si erano subito schierati dalla parte delle istituzioni con evidenti benefici personali. A distanza di circa 6 mesi, l’opera di Tracey Emin è stata finalmente presentata e da ieri fa ufficialmente parte della collezione privata del fatidico numero 10 di Downing Street. Per non venir meno alla sua fama di birba dell’arte contemporanea, Tracey Emin ha creato una scritta al neon rosa che suona come un’esortazione: “More Passion”.

Artefiera 2011, alcune considerazioni sparse

C’era più gente, c’era meno gente. Anzi c’erano meno parvenus e più intenditori ma a pensarci bene c’erano meno intenditori e più parvenus.  E dobbiamo dire che abbiamo visto galleristi disperati per le poche vendite, anzi a pensarci bene la maggior parte delle gallerie erano soddisfatte per le buone vendite. Ed abbiamo visto sempre le solite opere ma a pensarci bene quest’anno le opere erano tutte diverse. Questa è Artefiera Bologna, tutti vorrebbero tastarle il polso ma ogni possibile stima si riduce solo ad una chiacchiera da bar, un giudizio molto personale che tale rimane, la fiera è sempre la fiera.

Certo molte gallerie hanno disertato e forse si è trattato di un attimo di pausa per riorganizzare le idee ma i più maligni parlano di perdita di smalto e di collezionisti da parte della celebre manifestazione. Si sono visti in giro molti “bollini rossi” su opere meno costose e multipli ma il disperato momento di crisi economica in cui tutti ci troviamo esercita ed eserciterà ancora per molto tempo una determinante pressione sulle compravendite d’arte, nulla di male quindi se i collezionisti tendono ad essere più guardinghi.

Jenny Holzer, un fiume ininterrotto di parole

Un fiume di parole scorre sul pavimento. “Nuoto attraverso di lei”, recitano dieci corsie di testo giallognolo che corrono veloci nel buio della sala. “Le canterò una canzone che parla di noi…” recita un’altra poetica scritta mentre di seguito passa un’oscura ammonizione “Posso rovinare la tua vita”. Queste ed altre infinite scritte led scorrevoli riempiono gli spazi del Baltic Centre for Contemporary Art di Gateshead nel Regno Unito. L’artista che le ha create è Jenny Holzer, star di questa mostra dal titolo For Chicago che dal 5 marzo al 16 maggio 2010 ospiterà 13 differenti text works creati dall’artista tra il 1977 ed il 2001.

Nel corso dell’evento i vorticosi nastri di frasi fioriscono all’interno della mente dello spettatore, riempiendola di mostruose possibilità. Fermarsi a riflettere su di una frase significa perdersene un’altra che fugge via in un millesimo di secondo e ci si sente affogare nelle parole. L’artista sembra avere un controllo sulle frasi ed è capace di generare riflessioni od interromperle del tutto mediante frammenti, sussurri  e minacce che sembrano aforismi, comandi o confessioni. Il tono delle frasi è sempre piatto, non ci sono aggettivi solo affermazioni, tanto che potrebbe trattarsi di poesia anche se Jenny Holzer ha sempre precisato di non essere una poetessa.

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