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Al via negli States un programma di residenza per artisti LGBT
Buone notizie provenienti dalla scena dell’arte a stelle e strisce. Sembrerebbe infatti che tutto sia pronto per un esaltante programma di residenza per artisti emergenti appartenenti alla comunità LGBT (lesbo, gay, bisex e transgender).
Il FIAR, Fire Island Artist Residency, questo il nome del programma, partirà infatti il prossimo 12 agosto e si protrarrà fino al 26 dello stesso mese nella CHerry Grove area di Fire Island, New York. L’isola è da sempre considerata una vera e propria mecca dalla comunità gay internazionale ed Evan Garza, co-fondatore e co-direttore di FIAR ha intenzione di trasformare il programma di residenze in un punto nodale di interscambio per la produzione artistica dell’intero universo LGBT: “Siamo molto, molto emozionati. Abbiamo ricevuto un grande supporto e numerosi consensi sia dalle comunità queer che dalla scena dell’arte contemporanea, non vediamo l’ora di iniziare questa nuova avventura. Fire Island non è comunemente associata alle pratiche artistiche ma le cose cambieranno” ha dichiarato Garza.
Censura e arte, intervista esclusiva a Michael Iacovone e Mike Blasenstein sul “caso David Wojnarowicz”
Una mostra sulle diversità organizzata dalla Smithsonian Portrait Gallery di Washnigton DC (per saperne di più leggete il nostro articolo e questo secondo approfondimento). Un video dell’artista David Wojnarowicz che viene censurato e rimosso dal museo. Due coraggiosi manifestanti/artisti Michael Iacovone e Mike Blasenstein tentano di riproiettare il video all’interno degli spazi tramite un iPad ma vengono allontanati e banditi dal museo. Si tratta della cronaca di uno dei più gravi casi di censura all’arte ed alla libertà di espressione degli ultimi anni. Globartmag vi offre oggi un’intervista esclusiva a Iacovone e Blasenstein per far luce su questa vergognosa vicenda:
1 Potete dirci cosa è realmente successo alla Smithsonian National Portrait Gallery e spiegarci l’importanza della vostra azione?
Michael Iacovone: Abbiamo deciso che il video doveva essere rimesso in galleria e nessun’altro aveva intenzione di farlo. Abbiamo quindi pensato che non sarebbe stato difficile mostrare il video su di un iPad ed in seguito filmare le interazioni del pubblico, inoltre non c’era ragione per non farlo. Dopo circa 10 minuti dall’inizio della nostra azione la sicurezza del museo ha sentito il bisogno di fermarci. Io sono stato ammanettato e siamo rimasti in consegna sino all’arrivo della polizia. Come artista penso che l’azione sia stata importante poichè se non ti schieri contro le decisioni istituzionali allora non puoi far altro che accettarle. Non sto parlando della maggioranza delle persone o delle persone che aiutano altri ad essere eletti, sto parlando di tutti. E sono ancor più preoccupato perchè non vedo più dissenso in giro. Le persone sembrano arrabbiate ma accettano ogni decisione istituzionale, solo pochi hanno il coraggio di aprire un confronto.
Mike Blasenstein: Abbiamo semplicemente riportato l’arte in un posto dedicato all’arte, parliamo di un’opera che si trovava nel museo fino a pochi giorni prima del misfatto. La sicurezza ci ha fintamente accusati di volantinaggio e di fare riprese non ammesse, ma si tratta di scuse per buttarci fuori.
Continua il caso Wojnarowicz, arrestati due artisti e banditi a vita dalla Smithsonian
Incredibilmente, arriva il nostro quarto articolo dedicato alla vicenda Smithsonian National Portrait Gallery contro David Wojnarowicz. Dopo avervi informato sul tremendo atto di censura perpetrato dall’istituzione, che ha di fatto escluso il video dell’artista A Fire in My Belly dalla mostra Hide/Seek, e sulla successiva manifestazione di oltre 100 persone davanti al museo, eccoci di nuovo a parlarvi di un ulteriore assurdo episodio.
Lo scorso 4 dicembre due attivisti si sono introdotti all’interno del museo durante gli orari di apertura e si sono piazzati tranquillamente davanti l’entrata. Una delle due persone ha in seguito tirato fuori dalla sua borsa un iPad. Il piccolo ma potente schermo è stato assicurato attorno al collodell’uomo tramite una tracolla ed una volta acceso ha cominciato a mostrare le immagini del video di Wojnarowicz.
Manifest Equality, l’arte in difesa dei diritti gay
C’è tempo fino al prossimo 7 marzo per presenziare alla mostra/evento fundraising Manifest Equality che si tiene al 1341 di Vine Street di Los Angeles California. Una bandiera dei confederati rosa creata da Ron English, Un gigante murale esterno raffigurante il ritratto delle Giustizia creato dai graffiti artists Retna, El Mac e Kofie, un divertente disegno che raffigura un unione tra due donne creato da Molly Crabapple. Queste sono solamente alcune delle opere di un evento creato appositamente per abbattere il razzismo, l’omofobia e la disuguaglianza a colpi di creatività.
Street Artists, fotografi, pittori e scultori sono scesi in campo in un unico e grande evento per gridare a gran voce la loro rabbia contro le discriminazioni ed anche per ribadire un concetto: “vietare i matrimoni gay equivale a vietare i diritti civili dell’umanità“. “Questa mostra non è solamente una manifestazione di orgoglio omosessuale ma una vera e propria difesa dei diritti civili” ha dichiarato El Mac “In teoria gli Stati Uniti si basano sui principi di lealtà, uguaglianza e giustizia ma in pratica le cose potrebbero andare molto meglio di come sono ora. Far parte di questo progetto è per me una cosa di grande importanza”.