I santi inesistenti di Doug Jones

In una nuova mostra di opere mixed media ospitata dal MAC di Birmingham dal titolo Alieni Iuris (From Somebody Else’s Authority) in visione dal 26 marzo fino al prossimo 15 maggio 2011), il poliedrico artista Doug Jones attua una irriverente indagine sui  rituali segreti e sul rapporto tra il sociale e lo spirituale. Nell’ installazione Inservi Deo et Laetare (che in italiano suona come servi Dio e sii felice) l’artista ci introduce nella straordinaria vita di un’immaginaria confraternita di santi, presumibilmente fondata nel 1573 da Zadak Nathan Solomon Jones.

I santi sono allo stesso tempo misteriosi e ridicoli, ma esplorano temi drammatici e seri come l‘abuso di droghe ed i diritti gay, il tutto attraverso un umorismo dal gusto dark. Gli abiti indossati dai santi sono ricamati individualmente e recano simboli che illustrano le loro bizzarre storie; angeli nudi, teschi e simboli massonici come la squadra ed il compasso fanno bella mostra di sé.

Lotta all’oscurantismo: un corteo per David Wojnarowicz

Ed alla fine le voci di protesta contro l’oscurantismo si sono fatte sentire, Globartmag ovviamente si unisce simbolicamente alla manifestazione e pubblica questo breve articolo proprio per ribadire che: “l’arte deve essere la libera espressione dell’animo umano“. Stiamo ovviamente parlando del pasticcio combinato la scorsa settimana dai vertici della Smithsonian National Portrait Gallery di Washington D.C.

Come già anticipato in ben due nostri articoli, l’importante istituzione aveva praticamente censurato un’opera di videoarte presente alla mostra Hide/Seek. Il video A Fire in my Belly di David Wojnarowicz, che aveva come tema le sofferenze inflitte dall’AIDS, era stato incredibilmente rimosso dalla mostra perchè accusato di offendere il pubblico. L’immagine che più ha disturbato i tranquilli sonni dei benpensanti è quella di un crocifisso sanguinante con delle formiche che vi camminano sopra.

Alcune riflessioni su Wojnarowicz e l’oscurantismo made in U.S.A.

Devo dire che la scelta della Smithsonian National Portrait Gallery di Washington D.C. di rimuovere l’opera A Fire in My Belly di David Wojnarowicz dalla mostra Hide/Seek mi ha lasciata decisamente stupefatta ed indispettita. Stiamo parlando di un artista (deceduto a soli 37 anni nel 1992) tra i più importanti e sensibili della sua generazione nonché di un uomo che usava l’arte come antidoto nei confronti delle costrizioni sociali e come traccia per testimoniare la sua esperienza umana.

Un ribelle proveniente dalla cultura popolare che aveva una sua poesia visiva fatta di sogni e immagini lisergiche. Per questo mi chiedo, non è compito del mondo dell’arte quello di combattere contro chi etichetta le opere come offensive e degenerate? Evidentemente no, evidentemente tutto ciò è solamente frutto di un discorso di facciata che va bene solo per mostrare alla gente un impegno sociale oggettivamente inesistente.

Reaganography, una mostra tutta su Ronald Reagan a New York

Per certi versi la figura del presidente americano Ronald Reagan ha avuto ed ha ancora a che fare con il nostro vissuto personale. Il presidente-attore scampato ad un assassinio e con una figlia (Patti Davis Reagan) che ha posato nuda su Playboy è stato infatti protagonista nel bene e nel male di vicende storiche che hanno cambiato il mondo. In tempi non sospetti il grande artista Joseph Beuys aveva musicalmente attaccato il presidente con la sua stravagante canzone Sonne statt Reagan una sorta di gioco di parole ed inno contro la corsa agli armamenti di Reagan.

Oggi la figura del presidente americano torna prepotentemente ad influenzare la sfera artistica contemporanea, dal 8 novembre al 6 dicembre infatti il No Globe Exhibition Space di New York ospita una stravagante mostra sulla figura di Ronald Reagan dal titolo Reaganography. La mostra oltre ad aprire un dibattito sulla politica del presidente si concentra sulla sua figura in un gioco estetico irriverente che la innalza a icona artistica.

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