Lady Gaga copia la bella addormentata ucraina

Pop stars e attori vogliono per forza diventare protagonisti anche del dorato mondo dell’arte contemporanea. I continui sforzi del nostro James Franco ne sono una prova concreta ma Lady Gaga non è certo da meno.

Voina

Voina è un collettivo artistico russo che si occupa di street art di azione. E’ un movimento d’arte contemporanea relativamente nuova in Russia, al contrario si è molto diffuso in Occidente ed è guardato dalla critica come uno dei più significativi movimenti di arte contemporanea. Il gurppo è stato creato  nell’ottobre del 2005 con l’obiettivo di sviluppare una street art patriottica e monumentale in Russia. L’idolo del gruppo era, e sarà per sempre, il grande artista russo Dmitri Prigov. Voina conta attualmente più di 200 membri che fanno azioni in suo nome, a volte senza informare il resto del gruppo.

Marina Abramović

 

Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre 1946) è una artista serba, attiva nel campo della performance art. Tra le sue opere più note ricordiamo Bed from Mineral Room del 1994 e Cleaning that Mirror del 1995…

Tehching Hsieh

Tehching (Sam) Hsieh (謝德慶; born 1950, Nanjhou, Pingtung County, Taiwan) is a noted New York City-based performance artist; he has been called a “master” by fellow performance artist Marina Abramović.

Tehching (Sam) Hsieh (谢德庆, nato nel 1950, Nanjhou, Pingtung County, Taiwan) è un seminale performance artist,  è stato definito un “maestro” da Marina Abramovic.

Il Teatro anatomico di Silvia Giambrone

IMG 1701 from Emanuele Napolitano on Vimeo.

Giovedì 12 luglio si è svolta al MACRO Testaccio di Roma la performance Teatro Anatomico di Silvia Giambrone, ospitata all’interno della mostra Re-Generation.  Noi di Globartmag eravamo presenti quindi vi forniamo di seguito un piccolo resoconto di ciò che è accaduto:

Fa caldo, molto caldo. Negli spazi sovrastanti la Pelanda un nutrito gruppo di persone attende con ansia di scoprire cosa succederà, nel mentre l’occhio cade su di un comodino ed una sedia che occupano inerti e sornioni la sala circolare, mobilio vecchio stile, rassicurante come le case d’altri tempi.  L’artista entra, sedendosi placidamente sulla sedia. Giusto il tempo di sistemare un colletto di pizzo sulla carne nuda al di sotto del collo, ed ecco entrare un uomo che la affianca. L’uomo ha una borsa, da cui lentamente tira fuori ago chirurgico e filo.

La performance va di moda alla Tate

La performance art non è più un semplice documento, un video o una fotografia, uno slideshow o il rinforzino di una qualsivoglia mostra museale, da ammirare a “bocce ferme”. La performance art è oggi una delle tecniche creative più corteggiate da istituzioni pubbliche e private ed è sempre più supportata da strutture e manifestazioni che ne facilitano la fruizione “live”.

La Tate Modern di Londra, ad esempio, lancerà ben presto una nuova programmazione denominata The Tanks, una sorta di festival della performance che si protrarrà per ben 15 settimane e a cui parteciperanno artisti quali  Anne Teresa De Keersmaeker, Eddie Peake, Anthony McCall, Ei Arakawa, Tania Bruguera, Undercurrent, Haegue Yang, Jeff Keen, Boris Charmatz, Performance Year Zero, Aldo Tambellini, Filmaktion e Juan Downey.

Che senso ha rimettere in scena le performance?

La domanda potrebbe sembrarvi ardua, ma noi abbiamo voglia di farvela lo stesso: Può la performance art essere rimessa in scena e mantenere inalterato il suo potere? Molti di voi a questo punto saranno già rimasti basiti, ma come la performance art si può anche rivedere? Certo, anzi in realtà si può anche vendere. Già, almeno Tino Sehgal ci è riuscito, visto che la sua performance Kiss (2003) è stata acquistata qualche tempo fa dal MoMa di New York per una cifra a cinque zeri.

 Ovviamente Sehgal non ha venduto la documentazione ma l’intera performance, che in futuro il MoMa potrà rimettere in atto seguendo le informazioni (incredibilmente dettagliate) fornite dall’artista che le ha sottoscritte di fronte ad un notaio. Molte piece storiche, e pensiamo a quelle di Yoko Ono, Gina Pane, Vito Acconci, Marina Abramovic e compagnia cantante, sono incentrate sulla figura del performer e sull’irripetibilità del momento creativo.

A scuola con Marina Abramovic

Marina Abramovic si è più volte autodefinita la nonna della performance art ma a quanto pare è sua ferma intenzione allontanare lo spauracchio della pensione il più a lungo possibile. Dopo aver affrontato le titaniche fatiche di The Artist is Present, dopo aver prodotto un documentario dove appare come una sorta di semidea e dopo aver affaticato il suo pubblico con The Abramovic Method, l’artista si prepara a lanciare la sua accademia.

Proprio così, la scuola Abramovic si chiamerà Marina Abramovic Institute e sorgerà nientemeno che a Hudson, New York. Come nel metodo Abramovic, per accedere all’interno della scuola il pubblico dovrà spogliarsi francescanamente di ogni orpello tecnologico come telefono cellulare o iPod. In seguito la ormai consona vestizione con il camice bianco e la firma sulla liberatoria che consegna il malcapitato per circa due ore e mezza nelle mani della tremenda Marina.

Bruce High Quality Foundation e BRUCEFORMA 2012

 

Tremate, tremate i Bruce High Quality Foundation sono tornati. Il pimpante gruppo artistico più sgangherato di tutti gli Stati Uniti ha colpito ancora, con una delle loro scoppiettanti azioni artistiche. Come ben ricorderete, nel 2010 i cinque Bruce lanciarono la prima edizione della Brucennial, una versione della Whitney Biennial con meno spocchia e più creatività. L’intento del gruppo era infatti quello di  sottolineare l’importanza di una scena artistica giovanile non educata dal sistema e per questo libera di esprimersi in tutte le sue manifestazioni creative.

In effetti la  Biennale dei Bruce High Quality fu caratterizzata da un approccio più vicino al fai da te con l’organizzazione di una mostra totalmente in mano agli artisti. Ma la lista delle scoppiettanti azioni del gruppo è ben più lunga, basti citare le loro proteste contro il New Museum ed i loro placcaggi di monumenti newyorchesi in perfetta tenuta da foottball americano.

IL RUMORE CHE RESTA, Ricci/Forte Macadamia Nut Brittle

“Il rumore che resta, il rumore che resta di te”. Chi mai ha immaginato di poter restare per un attimo soli, in silenzio e cercare quel che resta dentro di sé, di un rumore, del rumore di un altro nel nostro corpo, nella nostra vita. Basterebbe distaccarsi dall’appiattimento che sta alla base della nostra quotidianità e magari potremmo ascoltarlo. Se riuscissimo a compiere quest’operazione, potremmo attraversare una porta, quella che ci permetterà di guardare fisso in fondo noi stessi, senza filtri o edulcoranti.

“Qual è il tuo rumore? Qual è il tuo rumore dell’amore?”. Inizieremo quindi a sentire la vita attraverso il nostro corpo cercando di afferrare a 360 gradi tutti gli impulsi che ci circondano. Ricci/Forte – Macadamia Nut Brittle. “Facciamo finta che ci amiamo”. Slanci, euforie, crisi, pianti, dolore, sesso e poi abbandono, amore, disinteresse, ironia, desiderio di annientarsi. Tutto davanti ai nostri occhi con estrema sincerità, testimoni di una radiografia della realtà, dell’uomo, di noi stessi.

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